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Tag: mare Adriatico

Vertice internazionale per l’Adriatico: ad Ancona si parla di un nuovo modello per la blue economy

Italia, Albania, Croazia, Montenegro e Slovenia – i paesi che si affacciano sul mare Adriatico – si sono riuniti con i loro ministri e rappresentanti per discutere d’un nuovo modello di gestione per la blue economy. La filiera che mira a bilanciare lo sviluppo economico con la conservazione delle risorse marine e costiere deve basarsi non solo su un approccio numerico per quanto riguarda la sostenibilità, ma deve sfruttare le leve più innovative e parlare di più di cooperazione tra le realtà adriatiche.

Questo punto è stato al centro del vertice interministeriale che si è svolto oggi ad Ancona: un evento che aveva l’obiettivo di affrontare le sfide ambientali, economiche e sociali che interessano l’area. Tra i temi sono stati discussi i criteri attuali di gestione della pesca, ritenuti inadeguati rispetto alla reale situazione delle flotte e quindi in vari modi penalizzanti per le economie adriatiche. Altro tema è stato il fare fronte comune contro ulteriori tagli ai giorni di pesca, chiedendo che sia riconosciuta la forte riduzione già avvenuta nella capacità di pesca. 

Su tutti pesa però – ovviamente – la questione degli effetti dei cambiamenti climatici, che per molti esperti è già una crisi in atto da tempo: argomento fonte di numerosi dibattiti ma certamente da inserire nella valutazione degli stock ittici, insieme all’innalzamento del mare. Un approccio che vuole coniugare la tutela ambientale con la sicurezza alimentare e la coesione sociale delle comunità marittime.

Ma cambiamenti climatici significano anche invasione dell’Adriatico da parte di specie aliene, come il granchio blu che danneggia poi la molluschicoltura, e il surriscaldamento delle acque, che favorisce fenomeni come le mucillagini. Su questo fronte, si è evidenziata l’urgenza di interventi gestionali tempestivi e coordinati, per proteggere un comparto strategico per la blue economy dell’area.

L’incontro – che non ha di fatto visto la sigla di alcun patto ma che è stato una vetrina per molti esponenti politici nostrani – ha quindi solo sviluppato l’idea di una diplomazia congiunta e stabile tra i paesi dell’Adriatico – interni ed esterni all’unione europea – in grado di avere peso nei tavoli internazionali. L’idea è di fare dell’Adriatico un modello di governance cooperativa, in cui lo sviluppo economico non sia in contrasto con la sostenibilità, ma guidato da politiche comuni fondate su evidenze scientifiche.

All’evento dorico sulla blue economy hanno partecipato i ministri di Albania, Anila Denaj; Croazia, David Vlajčić; Montenegro, Vladimir Joković; Slovenia, Mateja Čalušić e Italia, Francesco Lollobrigida, affiancato dal sottosegretario del ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) Patrizio La Pietra e dal direttore generale per la pesca e l’acquacoltura Francesco Saverio Abate, dal presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, e dal Rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Gian Luca Gregori.

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Se il mare si scalda ancora

Il granchio crocifisso o charybdis feriata (Credits: Fabio Grati, Cnr-Irbim)
Il granchio crocifisso o charybdis feriata (Credits: Fabio Grati, Cnr-Irbim)

Dopo il granchio blu dell’oceano Atlantico e poi quello dell’oceano Indiano, ecco che il mare Adriatico viene raggiunto da un’altra specie aliena: il granchio crocifisso, Charybdis feriata. Il rinvenimento è avvenuto a largo delle coste di Senigallia grazie a un pescatore artigianale durante le operazioni di routine. A darne l’annuncio sono alcuni ricercatori dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Ancona (Cnr-Irbim), presso il cui laboratorio è stato portato l’esemplare per essere sottoposto ad ulteriori studi. Si tratta di un «ritrovamento significativo, in quanto questa specie è originaria delle acque tropicali e subtropicali dell’oceano Indiano e Pacifico» spiegano gli studiosi.

Diverse settimane fa c’era stato il ritrovamento del granchio blu originario delle coste atlantiche americaneCallinectes sapidus – che ha recentemente invaso le principali aree di produzione dei molluschi bivalvi dell’Adriatico con severi impatti ecologici ed economici nelle regioni del Veneto e dell’Emilia Romagna; un mese fa circa è stata dimostrata la presenza nell’Adriatico di una seconda specie di granchio blu, il Portunus segnis, originario del mar Rosso e dell’oceano Indiano occidentale. Ora questa terza specie di granchio nuotatore alieno, il cui primo rinvenimento nel Mediterraneo avvenne nel 2004 al largo di Barcellona.

Che si stesse espandendo colonizzando alcune aree era noto, ma finora esistevano pochissimi avvistamenti: uno nel golfo di Genova nel 2022 e prima a Livorno nel 2015, sempre vicino a grandi porti. Il che significa che è il trasporto navale il vettore che ha reso possibile l’arrivo sulle coste italiane. Al momento «considerate le caratteristiche ecologiche del granchio crocifisso e la sua tolleranza termica – spiegano dal Cnr-Irbim di Ancona – non riteniamo che ci sia il rischio di un’invasione di questa specie in Adriatico. Sappiamo, tuttavia, che l’attuale aumento delle temperature sta favorendo il successo di specie tropicali invasive». 

Il fenomeno verrà monitorato ma è un chiaro segnale non solo del surriscaldamento dei nostri mari, Adriatico e Mediterraneo in primis per la loro limitatezza. Non si tratta dell’unico ritrovamento di specie aliene – sì il termine fa un po’ sorridere ma di questo si tratta -, anzi la lista di animali che sono stati introdotti nel mare nostrum è decisamente lunga e grazie alla collaborazione con i pescatori è possibile avere il polso della situazione. Di certo è un evento da tenere in alta considerazione per le possibili gravi ripercussioni nell’habitat di destinazione, potendo soppiantare altre specie autoctone, ma anche come campanello d’allarme del surriscaldamento globale.

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Senigallia, acque del mare non inquinate dopo lo sblocco del fiume Misa

I lavori sul tappo di detriti alla foce del fiume Misa a Senigallia
I lavori sul tappo di detriti alla foce del fiume Misa a Senigallia

Dopo l’intervento alla foce del fiume Misa di Senigallia, l’acqua è finalmente tornata a scorrere libera fino a defluire nel mare Adriatico. Una buona notizia per la città che era da inizio agosto alle prese con un blocco totale, una barra in gergo tecnico, causato dai detriti che ostruivano il deflusso. Puntuali come sempre, non sono mancate le polemiche per le ripercussioni igienico-sanitarie, considerato ciò che è finito in mare.

Ricostruendo un po’ la vicenda, torniamo a metà estate 2022 quando l’accumulo di detriti – per lo più ghiaia, fango e rami – portati a valle dal fiume si sono fermati alla foce: la scarsa portata dovuta alle piogge carenti ha fatto sì che non riuscissero a superare alcuni ostacoli e si fermassero in alcuni isolotti che da anni si formano nel tratto finale del canale. Qualche volta vengono rimossi da una piena, ma il più delle volte rimangono fermi per mesi dato che le correnti marine li respingono all’interno del molo di levante. 

I noti isolotti si sono trasformati sempre di più in alti cumuli, tanto che non venivano superati dai detriti che successivamente giungevano a valle. Così si è formato un importante tappo: solo con l’alzarsi delle voci di protesta, l’autorità regionale ha dato il via a un intervento di messa in sicurezza del fiume. Una ruspa ha per tutto il 26 agosto spalmato i detriti – non rimossi – in modo da creare un varco per far defluire l’acqua in mare.

Dicevamo di alcune polemiche che traevano spunto dalle condizioni del fiume. Fino a pochi giorni fa si presentava di color marrone, quasi nero, emanava forti odori di materiali in marcescenza e faceva pensare a un alto rischio inquinamento. L’amministrazione comunale senigalliese, chiamata in causa dai cittadini, si è mossa con l’Arpam (l’agenzia per la protezione ambientale delle Marche) per far effettuare analisi su campioni prelevati nel fiume Misa prima del varco e poi, in seconda battuta, nelle ore successive ai lavori di scavo.

La buona notizia per i senigalliesi e per i pochi turisti che ancora rimangono è che, sia a nord che a sud della foce non sono risultate inquinate le acque del mare Adriatico: i liquidi che provenivano dal Misa, seppure maleodoranti e scuri, non hanno in alcun modo condizionato negativamente la qualità delle acque di balneazione. Una rassicurazione importante per una realtà che fa del turismo balneare la prima economia cittadina.

Goletta Verde monitora il nostro mare: cinque punti problematici, dodici i prelievi

Dodici i punti campionati dai volontari e dalle volontarie della Goletta Verde lungo le coste marchigiane tra il 18 e il 19 lugli scorsi, metà dei punti di prelievo sono stati eseguiti alle foci di fiumi e l’altra metà dei campioni sono stati prelevati a mare. Cinque in tutto i punti oltre i limiti di legge secondo il giudizio di Goletta Verde. Quest’anno la Goletta Verde, insieme alla tutela della biodiversità, mette in evidenza la lotta alla crisi climatica, il rafforzamento del sistema delle aree protette e la promozione delle rinnovabili, a partire dall’eolico offshore. Partner principali della campagna il CONOU, Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati, ANEV, Novamont e Renexia, partner AIPE emedia partner La Nuova Ecologia.   

Il dettaglio delle analisi di Goletta Verde   

I campionamenti di Goletta Verde non si vogliono sostituire ai dati ufficiali sulla balneabilità ma vanno ad integrare il lavoro svolto dalle autorità competenti. Se, infatti, i dati di Arpa sono gli unici che determinano la balneabilità di un tratto di costa a seguito di ripetute analisi nel periodo estivo, le analisi di Goletta Verde hanno invece un altro obiettivo che è quello di andare ad individuare le criticità dovute ad una cattiva depurazione dei reflui in specifici punti, come foci, canali e corsi d’acqua, il principale veicolo con cui l’inquinamento, generato da un’insufficiente depurazione, arriva in mare. 

Sono dodici i campionamenti eseguiti dai volontari e dalle volontarie di Goletta Verde lungo la costa marchigiana tra il 18 e il 19 luglio 2022. Sei punti prelevati presso le foci dei fiumi e sei punti prelevati a mare. In totale cinque sono i campionamenti giudicati oltre i limiti di legge secondo i parametri della Goletta: quattro punti sono stati giudicati fortemente Inquinati e uno inquinato. Giudicata fortemente inquinata la foce del fiume Musone tra i comuni di Porto Recanati e Numana al confine tra le province di Macerata e Ancona; la foce del torrente Valloscura in località Lido di Fermo, tra i comuni di Porto S. Giorgio e Fermo; la foce del torrente Albula e la foce del Tronto nel comune di San Benedetto del Tronto in provincia di Ascoli Piceno. Inquinata invece la foce del fiume Esino in località Rocca Priora nel comune di Falconara Marittima ad Ancona. 

Cinque delle sei foci sono oltre i limiti di legge. Ciò dimostra che per prevenire l’inquinamento di natura fecale dei nostri mari dobbiamo agire presso le foci, risalendo fino all’entroterra, per individuare scarichi abusivi o non a norma. E se la depurazione riguarda tutti i comuni, tanto quelli costieri quanto quelli interni, sull’informazione ai bagnanti da parte dei comuni costieri c’è ancora molto da fare. Sono stati rilevati infatti solo in 3 punti i cartelloni di informazione sulla qualità delle acque, obbligatori per legge, mentre presso le foci monitorate solo in due casi su sei è stato individuato il cartello di divieto di balneazione

“I giudizi dei campionamenti effettuati dai volontari e dalle volontarie di Goletta Verde ci dicono quello che ormai sappiamo da anni: in tema di depurazione delle acque il tallone d’Achille delle Marche sono le foci di fiumi e torrenti – dichiara Marco Ciarulli, presidente Legambiente Marche. Cinque punti alle foci sono risultati inquinati o fortemente inquinati, con la conferma di criticità annose come quella della foce del fiume Musone. Sicuramente è migliore la situazione dei punti a mare ma questo non basta, occorre uno sforzo maggiore da parte di tutti perché la risorsa mare per le Marche è di fondamentale importanza”.  

“Ogni anno con Goletta Verde solchiamo i mari italiani illustrando i giudizi del monitoraggio delle analisi delle acque, e di anno in anno ci sono punti che migliorano ed altri che peggiorano in termini di livelli di inquinamento – afferma Federica Barbera, portavoce di Goletta Verde. Ma quello che notiamo è che, in alcune regioni, ci sono delle presenze costanti nelle liste dei punti inquinati o fortemente inquinati. Tutti ne conoscono l’esistenza ma gli interventi risolutori tardano ad arrivare. In questo le Marche non sono da meno, e quindi rinnoviamo il nostro appello a gran voce: in questo territorio, così come in tutto il Paese, occorre efficientare la rete e gli impianti di depurazione delle acque e soprattutto mettere fine agli scarichi abusivi. La manna dal cielo arriva dalle risorse del PNRR che prevedono finanziamenti alla Regione per 18,6 milioni di euro nei prossimi anni. Un’opportunità da non sprecare per tutelare tanto l’ambiente quanto il turismo e le attività economiche che si fondano sulla risorsa mare”.