Skip to main content

Tag: Sergio Mattarella

Il Presidente Mattarella, in esclusiva per i settimanali diocesani, sulla democrazia

Quando un regime dittatoriale, come quello fascista, giunge al suo disfacimento, a provocarlo non sono tanto le sconfitte militari, quanto la perdita definitiva di ogni fiducia da parte della popolazione, che misura sulla propria vita il divario tra la realtà e le dichiarazioni trionfalistiche.

Si apre, in quei giorni, una transizione, a colmare la quale la tradizionale dirigenza monarchica palesa tutta la sua pochezza, dopo il colpevole tradimento delle libertà garantite dallo Statuto Albertino. In quel luglio 1943, nel momento in cui il suolo della Patria viene invaso dalle truppe ancora nemiche, mentre il Terzo Reich si trasforma rapidamente da alleato in potenza occupante, entrano in gioco le forze sane della nazione, oppresse nel ventennio della dittatura. La lunga vigilia coltivata da coloro che non si riconoscevano nel regime trova sbocco, anche intellettuale, nella preparazione del “dopo”, del momento in cui l’Italia sarebbe nuovamente risorta alla libertà, con la successiva scelta dell’ordinamento repubblicano.

Trova radice in questo l’esercizio di Camaldoli, voluto dal Movimento laureati cattolici e dall’Icas, l’Istituto cattolico attività sociali. Siamo nel pieno di una svolta: nel maggio 1943 le truppe dell’Asse in Tunisia si arrendono, ponendo fine alla campagna dell’Africa del Nord; il 10 luglio avviene lo sbarco delle truppe Usa in Sicilia. Il 19 luglio l’aviazione alleata dà avvio al primo bombardamento su Roma per colpire lo scalo ferroviario di San Lorenzo, con migliaia le vittime. Il 24 luglio sarà lo stesso Gran Consiglio del fascismo a porre termine all’avventura di Mussolini. Il convegno di Camaldoli si conclude il giorno precedente, mostrando di aver saputo avvertire il momento cruciale della svolta della storia nazionale.

Oggi possiamo cogliere il valore della riflessione avviata sul futuro dell’Italia e lo sforzo di elaborazione proposto in quei frangenti dai circoli intellettuali e politici che non si erano arresi alla dittatura. Dal cosidetto Codice di Camaldoli, al progetto di Costituzione confederale europea e interna di Duccio Galimberti e Antonino Repaci, all’abbozzo di Silvio Trentin per un’Italia federale nella Repubblica europea, alla Dichiarazione di Chivasso dei rappresentanti delle popolazioni alpine, al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, alle “idee ricostruttive della Democrazia Cristiana”,che De Gasperi aveva appena fatto circolare, non mancano sogni e progetti lungimiranti per fare dell’Italia un Paese libero e prospero in un’Europa pacificata.

A settantacinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica è compito prezioso tornare sulle riflessioni che hanno contribuito alla sua formazione e alle figure che hanno avuto ruolo propulsivo in quei frangenti. Ecco allora che il testo “Per la comunità cristiana. Principi dell’ordinamento sociale”, dispiega tutta la sua forza, sia come tappa di maturazione di quello che sarà un impegno per la nuova Italia da parte del movimento cattolico, sia come ispirazione per il patto costituzionale che, di lì a poco, vedrà impegnati nella redazione le migliori energie del Paese, con il contributo, fra gli altri, non a caso, di alcuni fra i redattori di Camaldoli.

Occorreva partire, anzitutto, dal ripristino della legalità, violentata dal fascismo, riconosciuta persino nell’ordine del giorno Grandi al Gran Consiglio, con l’esplicita indicazione dell’esigenza del “necessario immediato ripristino di tutte le funzioni statali”, dopo una guerra che il popolo italiano non aveva sentita “sua”, con aggravata “responsabilità fascista”.

Da Camaldoli vengono orientamenti basilari, che riscontriamo oggi nel nostro ordinamento. Anzitutto la affermazione della dignità della persona e del suo primato rispetto allo Stato – con il rifiuto di ogni concezione assolutistica della politica – da cui deriva il rispetto del ruolo e delle responsabilità della società civile. Di più, sulla spinta di un organico aggiornamento della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, emerge la funzione della comunità politica come garante e promotrice dei valori basilari di uguaglianza fra i cittadini e di promozione della giustizia sociale fra di essi.

Si identifica poi, con determinazione, il principio della pace: “deve abbandonarsi il funesto principio che i rapporti internazionali siano rapporti di forza, che la forza crei il diritto…”. Occorre “la creazione di un vero e non fittizio o formale ordine giuridico che subordini o conformi la politica degli Stati alla superiore esigenza della comune vita dei popoli”.

Vi è ragione di essere ben orgogliosi, guardando ai Padri fondatori del Codice di Camaldoli, per il segno che hanno saputo imprimere al futuro della società italiana, anche sul terrenodella libertà di coscienza per ogni persona, descritta, al paragrafo 15, come “esigenza da tutelare fino all’estremo limite delle compatibilità con il bene comune”.

Il Cardinale Matteo Zuppi, nella sua lettera alla Costituzione, due anni or sono, riprendendo una considerazione del costituente Giuseppe Dossetti, iniziava così: “Hai quasi 75 anni, ma li porti benissimo! Ti voglio chiedere aiuto, perché siamo in un momento difficile e quando l’Italia, la nostra patria, ha problemi, sento che abbiamo bisogno di te per ricordare da dove veniamo e per scegliere da che parte andare…”. Non vi sono parole migliori.

Sergio Mattarella
Presidente della Repubblica italiana

Registrati sul sito per leggere tutte le notizie e scarica l’app de La Voce Misena l’app da Google Play o da App Store.

Il Presidente della Repubblica, Mattarella, pensa al cinema… anche al nostro ‘Gabbiano’

“Il cinema è immaginazione e storia, emozione e cultura. È anche svago, sogno, libertà. Ha impresso segni indelebili nella memoria di ciascuno di noi e appartiene alla nostra civiltà come uno dei suoi tratti identitari”. Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento in occasione della Cerimonia di presentazione dei candidati ai Premi “David di Donatello” per l’anno 2023, mercoledì 10 maggio 2023, al Quirinale.

“Il cinema – ha detto Mattarella – ha fornito un contributo significativo allo sviluppo della nostra civiltà. Il Premio David di Donatello esprime questo senso della storia. Storia del cinema che è storia italiana”, ha sottolineato Mattarella, che poi ha ricordato come “abbiamo superato le insidie più gravi di una pandemia che ha lasciato segni drammatici e profondi nella vita sociale. Ha imposto una frenata a tante attività. Ma l’industria del cinema non si è fermata neppure durante il lockdown e ha ripreso velocemente il suo percorso”. “La sempre più stretta correlazione tra produzioni cinematografiche e televisive, la molteplicità delle piattaforme, hanno aperto strade nuove, che le professionalità del cinema sono riuscite a utilizzare con grandi risultati”, ha riconosciuto il presidente, ammonendo: “Non si deve mai aver paura dell’innovazione. Occorre però governarla, non esserne interpreti inerti e passivi”.

Il Capo dello Stato ha poi messo in evidenza che “tra i problemi, vi è quello che riguarda le presenze nelle sale cinematografiche. Purtroppo non sono soddisfacenti, e anche il confronto con Paesi vicini ci vede indietro. Occorre attenzione. Le sale – i tanti nostri ‘Nuovo Cinema Paradiso’ – rappresentano un patrimonio di socialità”. “Le istituzioni sono quindi chiamate a sostenere la cultura nelle sue diverse espressioni”, ha continuato il presidente, rimarcando che “promuovere cultura vuol dire anzitutto promuoverne la libertà”.

Registrati sul sito per leggere tutte le notizie e scarica l’app de La Voce Misena l’app da Google Play o da App Store.

a cura di L.M.

Mattarella e Libera: la parte migliore di un Paese che inaugura la primavera

Un Paese, il nostro, che dimentica troppo in fretta i suoi martiri. Schiacciato in un presente infinito, impaurito da un futuro più incerto che mai, non ne vuole sapere di ricordare, cioè portare al cuore, ciò che lo rende grande proprio in mezzo alle sue contraddizioni più evidenti. Parlare di cittadinanza libera e democratica, legalità, lotta alla criminalità organizzata non è più di moda. Se non fosse per chi, con costanza, coraggio e creatività, riesce ad accendere le luci su su quanto dovrebbe starci molto più a cuore. Sergio Mattarella da una parte e Libera dall’altra sono stati i protagonisti più belli del primo giorno di primavera, il 21 marzo, in cui si ricordano le vittime innocenti delle mafie italiane.

«Sono venuto a portarvi l’apprezzamento e l’incoraggiamento della Repubblica. L’Italia guarda a voi con attenzione, solidarietà, simpatia, fiducia. Auguri». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è congedato ieri mattina dai ragazzi dell’Itc Carli di Casal di Principe, salutato da un lungo e scrosciante applauso. Molti i punti del suo discorso che hanno scatenato l’entusiasmo di una platea prevalentemente di adolescenti. Specie quando Mattarella scandisce: «Dovete essere fieri di vivere in questa città che ha saputo avere questa rinascita. Ricordate sempre che siete la generazione della speranza quella cui don Diana ha passato testimone legalità». Prima di arrivare a scuola, Mattarella ha visitato il cimitero di Casal di Principe dove ha incontrato alla cappella della famiglia Diana, gli stretti congiunti del sacerdote ucciso dalla camorra, in particolare i fratelli Emilio e Marisa e consorti e figli; c’era pure Augusto Di Meo, testimone oculare del delitto don Diana.

Sono state circa 50mila, secondo gli organizzatori, le persone presenti al corteo per la XXVIII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzato a Milano da Libera e Avviso Pubblico. Dal palco allestito in piazza Duomo ha parlato don Luigi Ciotti, presidente e fondatore di Libera. «Le mafie sono diventate moderne imprese. Ricorrono meno alla violenza diretta perché possono contare su quella bianca del capitale economico. La convivenza è dovuta a connivenza e sottovalutazione, a letture antiche che si continuano a fare sulle mafie, letture inadeguate dei fenomeni criminali che si sono evoluti assumendo forme e metodi che richiedono nuovi sguardi e nuove strategie. Allora forse la saldatura tra mafie e capitale economico richiede oggi dei nuovi paradigmi».

Laura Mandolini

Scarica l’app de La Voce Misena da Play Store o da App Store: è gratis

Il capo dello Stato

Sergio Mattarella
Sergio Mattarella

Con la convocazione dei “grandi elettori” – deputati, senatori e rappresentanti delle regioni – a partire dal prossimo 24 gennaio l’elezione del presidente della Repubblica entra nella fase decisiva. Le previsioni, i sondaggi, i lanci dei nominativi “civetta” che hanno alimentato fin qui il dibattito politico, lasciano il posto alle trattative vere.

Falliti i tentativi di prolungare, almeno fino al 2023, la permanenza di Mattarella al Quirinale – c’è, però, chi ci crede ancora – le forze politiche sono chiamate a trovare una alternativa, altrettanto valida, a quella che ha consentito all’Italia di affrontare la pandemia e di avviare un provvidenziale periodo di crescita. Lo stesso Mattarella ha voluto indicare che il suo successore dovrà “spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale e del bene comune”. Uomo, donna, interessa poco: l’auspicio è che, chiunque salirà al Colle non lo faccia rimpiangere.

Ora quelle stesse forze che un anno fa accettarono di affidarsi alla guida autorevole di Mario Draghi, si muovono come se provassero a riprendersi il potere perduto….

Continua a leggere sull’edizione digitale di giovedì 13 gennaio, cliccando qui.
Sostieni l’editoria locale: abbonati a La Voce Misena