Serra de’ Conti e l’accoglienza “diffusa”: serve chiarezza per un confronto utile a tutti

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L'ex hotel de' Conti in via Santa Lucia a Serra de' Conti potrebbe trasformarsi in un centro di accoglienza straordinario per migranti
L’ex hotel de’ Conti in via Santa Lucia a Serra de’ Conti potrebbe trasformarsi in un centro di accoglienza straordinario per migranti

Serve chiarezza sulla discussione pro o contro migranti che dovrebbero essere ospitati nell’ex Hotel de’ Conti. A chiederla e farla è innanzitutto il comitato “13 Marzo”, un gruppo di cittadini che spontaneamente si stanno occupando della questione per non subire progetti calati dall’alto.

Uno dei nodi della strategia di creare un centro di accoglienza straordinario nel piccolo paese dell’alta valle del Misa (3.600 abitanti) è proprio che la partecipazione in questo progetto è pressoché nulla, poiché si parte da una volontà stabilita negli organi ministeriali e, a cascata, provinciali, come la Prefettura di Ancona. Se il linguaggio semplificato, a volte distorto o concentrato su posizioni estreme (sì o no in toto all’accoglienza), non facilita il confronto, di certo questo non c’è stato quando si trattava di decidere dove e come accogliere i profughi, migranti e richiedenti asilo che spettano all’area della provincia di Ancona.

«I cittadini si sentono solo “destinatari” dell’accoglienza, senza essere in alcun modo preparati ad esserne “coprotagonisti”, grazie a percorsi condivisi che sarebbero invece molto importanti, specialmente per centri di medio-grandi dimensioni come certamente sarebbe l’Hotel de’ Conti. È per tali motivi che il Comitato è contrario a questo CAS e continua a proporre il “modello Toscana” di accoglienza diffusa, in piccoli gruppi, con un impatto pressoché nullo e ampia partecipazione sociale» sostengono dal “13 Marzo”.

Altro nodo al pettine è «il legame stretto che c’è stato e permane tra la società che ha fondato l’hotel e l’amministrazione comunale: il Comune è stato tra i promotori e fondatori dell’albergo oltre 40 anni fa. Tutti i sindaci e gli amministratori, direttamente o indirettamente, se ne sono occupati e anche per questo tra i circa 700 firmatari del Comitato vi sono amministratori di varie epoche, compresa la legislatura attuale. Questo spiega, in buona parte, le tensioni verso l’Amministrazione comunale da parte della popolazione, la quale si aspetta che la questione non sia considerata e liquidata come una “faccenda tra privati”».

In gioco, infatti, ci sono diritti e beni complessivi, che riguardano l’intera comunità ospitante o quella ospitata, spiegano ancora dal comitato: il diritto alla sicurezza, le ricadute economiche sulla zona che ospiterà il centro di accoglienza straordinario, il diritto a un’accoglienza umana e decorosa. Diritti ma anche doveri: come quello a seguire le regole di un paese in cui si è ospitati, ovviamente, o quello a non speculare sulle disgrazie altrui come accaduto in altre situazioni di accoglienza non gestite correttamente. Per questo serve una buona comunicazione, sia sui fatti e dati oggettivi (come il numero di firme raccolte, arrivate a circa 700, quindi un quinto della popolazione serrana si dichiara contro questo progetto), sia sui progetti in atto che sulle possibili conseguenze da mettere in conto in tempo anziché a buoi scappati.

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