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Tag: chiesa italiana

La piaga degli abusi e la perdita di credibilità della Chiesa: intervista a don Gottfried Ugolini

Un approccio radicalmente nuovo e coraggioso è quello inaugurato dalla Diocesi di Bolzano-Bressanone nell’affrontare la piaga degli abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica. Il vescovo Ivo Muser ha messo fine ai tentativi di insabbiamento e alla difesa a oltranza delle istituzioni, chiedendo di guardare in faccia il dolore delle vittime e di assumersi la responsabilità di quanto accaduto. Questo nuovo registro, per ora unico in Italia, ha preso forma con l’avvio di un’indagine indipendente sugli abusi sessuali su minori e adulti vulnerabili avvenuti nel periodo 1964-2023. Un’analisi cruciale, affidata a uno studio legale di Monaco di Baviera in collaborazione con un associato di Brunico, che rappresenta la prima fase di un progetto denominato “Il coraggio di guardare”.

A Senigallia, in un incontro tenutosi martedì 14 ottobre al Teatro Portone su invito del Servizio diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, è intervenuto don Gottfried Ugolini, sacerdote e psicologo, responsabile del Servizio diocesano e figura chiave nel lavoro preparatorio del progetto. L’intervista, in onda su Radio Duomo Senigallia alle ore 13:10 e alle ore 20 di mercoledì 15 e giovedì 16 ottobre, sarà in replica anche domenica 19 alle 17 circa. Il servizio audio, curato da Laura Mandolini nell’ambito della trasmissione “Venti minuti da Leone”, è disponibile anche qui grazie al lettore multimediale, assieme a una sintesi dell’intervista.

Il progetto: conoscere il passato per cambiare il presente

Intervistato a margine dell’incontro, don Ugolini ha spiegato la genesi di questa scelta inedita: «Una delle motivazioni è stata l’intuizione che non possiamo fare lavoro di prevenzione, di formazione, di sensibilizzazione senza andare alle radici del problema. Solo se conosciamo il passato possiamo cambiare il presente per un futuro migliore». Il progetto si articola in tre fasi: il coraggio di guardare al passato (l’indagine i cui risultati sono stati presentati a gennaio), il coraggio di guardare al presente (affrontare le sfide e le responsabilità verso le vittime e gli autori degli abusi) e il coraggio di guardare al futuro (implementare un cambiamento radicale di cultura e mentalità).

I risultati dell’inchiesta e l’ulteriore sfida degli istituti religiosi

Alla domanda sulla consistenza del fenomeno emerso dall’inchiesta, don Ugolini ha confermato di essersela aspettata, forte dell’esperienza del Centro di Ascolto attivo dal 2010, che ha visto oltre 100 persone riportare esperienze di abuso. Il sacerdote ha però sottolineato un punto dolente dell’indagine, che ha riguardato solo gli archivi diocesani, mancando all’appello quelli degli istituti religiosi, dove spesso sono attive scuole, asili e convitti. «È necessario fare chiarezza», ha ribadito, evidenziando che molte vittime di questi istituti si sono sentite escluse dai risultati.

Un esempio per la Chiesa italiana

L’approccio della Diocesi di Bolzano-Bressanone, favorita dalla vicinanza culturale con il mondo tedesco, è stato accolto con reazioni “molto positive” e ha suscitato interesse in tutto il mondo. Don Ugolini ha espresso l’augurio che possa diventare un incentivo per la Chiesa cattolica italiana, che «fa molta più fatica a fare i conti in modo indipendente con questo strazio degli abusi». Ha criticato l’atteggiamento di chi ancora oggi copre i colpevoli: «Questo è inaccettabile perché non è in sintonia con il Vangelo».

Clericalismo, potere e perdita di fiducia

Riflettendo sul suo ruolo di sacerdote interpellato profondamente da questo lavoro, don Ugolini ha individuato la necessità di una «radicale conversione», un ritorno alle origini del Vangelo. Ha individuato nel clericalismo e in un malinteso uso del potere le basi delle dinamiche degli abusi. La conseguenza più grave, ha concluso, è la distruzione della fiducia: «Abbiamo perso una grande credibilità e possiamo risolverlo soltanto se saremo sinceri, affidabili e lavoreremo con competenza». L’esperienza altoatesina ha di certo aperto una breccia in un muro – a volte fatto di omertà, paura e persino connivenza – che non può più essere tollerato.

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Appuntamenti diocesani: giornata del rifugiato, assemblea diocesana e giubileo delle famiglie

Giornata mondiale del rifugiato
In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, che si celebra venerdì 20 giugno 2025, la Parrocchia del Portone organizza l’incontro pubblico con Martina Paesani, operatrice di Medici Senza Frontiere, testimone della condizione dei rifugiati e in particolare sulla drammatica situazione a Gaza. L’evento si svolgerà venerdì 20 giugno p.v., alle ore 21:00 presso Casa Portone (di fianco al teatro ‘Portone’, in Piazzale della Vittoria 14) a Senigallia. Durante la serata, Martina Paesani condividerà la propria  esperienza diretta dal campo, offrendo uno sguardo concreto e toccante su una delle emergenze umanitarie più gravi del nostro tempo. L’iniziativa, promossa nell’ambito del World Refugee Day, è organizzata in collaborazione con ARCI Marche, Libera, Cooperativa sociale Undicesimaora, Fondazione Caritas Senigallia, il Centro Interculturale Le Rondini e la Consulta dei Migranti.

Assemblea sinodale diocesana
Ad un anno dal rinnovo dei Consigli pastorali parrocchiali, la Chiesa di Senigallia si dà appuntamento lunedì 23 giugno 2025, dalle 18.30 alle 22.30 (Centro pastorale diocesano – ex Seminario – via Cellini) per una verifica del cammino percorso nelle parrocchie e nelle Unità pastorali. Scrive don Francesco Savini, vicario pastorale della diocesi di Senigallia: “Condivideremo i frutti di novità e i segni di speranza nati dalle nuove pratiche di ascolto e confronto apprese in questi anni di cammino sinodale. Lo scambio di esperienze tra comunità diverse sarà sicuramente un arricchimento in vista del prosieguo del cammino. Sono invitati a prendere parte all’Assemblea quanti hanno a cuore il cammino delle comunità e della Chiesa diocesana, in particolare membri dei Consigli pastorali, facilitatori, responsabili delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali, chi si impegna nella pastorale”. Sul sito della diocesi di Senigallia il modulo di prenotazione cena e servizio baby sitter.

Giubileo diocesano delle famiglie
La Commissione pastorale familiare della diocesi di Senigallia organizza per domenica 29 giugno 2025 un appuntamento giubilare diocesano per le famiglie Il ritrovo sarà alle 18.30 presso il lavandeto, posto nell’incrocio in pianura, vicino alla rotatoria in cui convergono le strade che portano a Corinaldo. Qui ci sarà un incontro con il prof. Luigino Bruni, economista, profondo conoscitore della Bibblia, divulgatore (prevista, in contemporanea, l’animazione per i più piccoli a cura degli scout Agesci Senigallia. Ci sarà la possibilità di cenare insieme (prenotazione dal sito della diocesi di Senigallia). A seguire, pellegrinaggio al santuario di Santa Maria Goretti e preghiera giubilare. Disponibilità di pulmini andata e ritorno.

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Sinodo di Roma, la speranza di una Chiesa sempre più inclusiva

Che aria si respira a Roma in questi giorni di assemblea sinodale? Quella di un confronto acceso e sincero, messo in moto dalla Chiesa italiana che si è riunita per interrogarsi sul proprio futuro, per capire come affrontare le sfide di un mondo in continua trasformazione e per riscoprire la propria missione. Come nostro solito, abbiamo voluto approfondire la questione con don Paolo Gasperini e Daniela Giuliani, rappresentanti della Diocesi di Senigallia insieme al vescovo Franco Manenti. L’intervista è in onda mercoledì 2 e giovedì 3 aprile alle ore 13:10 e alle ore 20, oltre che in replica alle 16:50 di domenica 6. L’audio è disponibile anche qui insieme a un breve testo.

C’è un desiderio palpabile di rinnovamento, di un approccio più concreto ai problemi, di una Chiesa che sappia parlare il linguaggio del nostro tempo. Le “proposizioni” presentate dal comitato centrale, però, non sembrano aver colto appieno questo desiderio. Sono state giudicate troppo generiche, troppo legate al passato, incapaci di indicare una strada chiara per il futuro.

Eppure, la speranza non è spenta. Anzi, il dibattito vivace, le critiche costruttive, la partecipazione sentita di donne e uomini di Chiesa, tutto questo testimonia una grande vitalità. C’è la consapevolezza che il cambiamento è possibile, che la Chiesa italiana può e deve trovare nuove strade per annunciare il Vangelo.

Il tema della sinodalità, del camminare insieme, è centrale. Si avverte la necessità di una Chiesa più inclusiva, capace di ascoltare tutte le voci, di valorizzare il contributo di ciascuno. Emerge con forza il ruolo delle donne, la loro autorevolezza, il loro desiderio di partecipare pienamente alla vita della Chiesa.

L’assemblea si concluderà con la consapevolezza che il cammino è ancora lungo, che le sfide sono tante, ma anche con la certezza che la Chiesa italiana ha le risorse per affrontarle. C’è la volontà di non lasciare cadere nel vuoto le istanze emerse, di trasformarle in azioni concrete, di costruire una Chiesa più autentica, più vicina alla gente, più capace di testimoniare la speranza del Vangelo.

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A Trieste si parla di ecologia: “La conversione non è più una scelta ma una necessità”

Ai cattolici interessa l’ecologia! A testimoniarlo l’incontro dibattito svoltosi in una delle “Piazze della Democrazia” di Trieste dedicato al tema della Conversione ecologica. Un momento di confronto, di idee ed esperienze, dal quale è emerso il forte invito a convertire lo sguardo verso le problematiche ambientali sempre più pressanti, a cambiare stili di vita e a prendere coscienza delle potenzialità che ogni comunità di cittadini, se responsabile e consapevole, può mettere in campo per rendere migliore la vita della terra e dei poveri. Sul palco tre esperti del settore, Giovanni Mori, giovane ingegnere energetico, Gabriela Chiellino, prima laureata in Italia alla facoltà di Scienze Ambientali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e Chiara Francesca Di Trizio, membro di Economy of Francesco.

“Le ragioni profonde della crisi ecologica – ha detto aprendo il dibattito Simone Morandini, moderatore dell’incontro – sono presenti non solo nei grandi meccanismi economici e finanziari, ma anche nel cuore dei numerosi presenti. La conversione ecologica oggi non è più una scelta bensì una necessità e mai come oggi è necessario un linguaggio nuovo, che porti a un reale cambiamento fatto di azioni e pratiche buone”. E se è vero che i cambiamenti climatici denunciano la mancata tutela del pianeta è anche vero che ormai “l’ambiente – ha esordito la Chiellino – sta diventando un elemento determinante dell’economia, della finanza e dell’imprenditoria. Cosa questa che sta permettendo la nascita di tante buone iniziative e progetti di tutela dell’ambiente”. Ciò che ancora manca è “un’educazione alla cura dell’ambiente” ha aggiunto la Di Tizio, sottolineando che “le soluzioni ci sono da tempo e che il tempo attuale è quello giusto per fare le giuste pressioni su autorità e organismi internazionali”. Cosa allora è più urgente fare per cambiare la situazione? “Anzitutto – ha affermato Giovanni Mori – è indispensabile liberarsi al più presto dei combustibili fossili, petrolio, gas e carbone, fonti primarie dell’inquinamento atmosferico e ambientale e scegliere le energie rinnovabili lì dove possibile”. Per la Chiellino, “la conversione ecologica, dice Papa Francesco nella Laudato Sì, non può prescindere da un’ecologia spirituale. La cura per l’ambiente è una responsabilità condivisa da tutti, indipendentemente dalla loro fede. Una conversione che implica un cambiamento profondo nei comportamenti, nelle abitudini e nelle politiche, con l’obiettivo di promuovere uno stile di vita sostenibile e rispettoso dell’ambiente”. Secondo la Di Tizio le linee da seguire sono due e riguardano i consumatori chiamati anzitutto a” scegliere in maniera etica, non più guardando solo alla marca ma in base a tutto ciò che ha permesso la realizzazione di questo prodotto, tempo, componenti e lavoro. E poi che ci sia un’educazione adeguata sui temi ambientali e argomenti cui oggi, l’Intelligenza Artificiale può fornire un enorme contributo”.

Ma la conversione ecologica, è stato ricordato dal palco, comprende le interazioni tra l’ambiente naturale, la società, le istituzioni e l’economia deve assumere una forte prospettiva sociale fondata sul riconoscimento della dignità umana con una opzione preferenziale per i più poveri. Forte quindi l’esortazione a divenire, tutti, protagonisti delle sorti del pianeta e del bene comune che implica oltre che il bene collettivo a beneficio la giusta amministrazione dell’ambiente a favore dei più poveri e nel rispetto generazioni future. Chi è chiamato allora ad agire in questi ambiti e chi è responsabile? “È importante – ha ribadito Mori – che si muovano i cittadini e, se necessario, che scendano in piazza per fare pressione sulle banche in primis e sui governi poi. Abbiamo le possibilità di cambiare ma è doveroso muoversi e uscire dall’immobilismo”. “Meno individualismo e più condivisione – ha aggiunto la Di Tizio –, i cittadini devono capire che se messi insieme possono essere un gigante che al momento però appare ancora addormentato”. “Papa Francesco ci ha mostrato la strada indicandoci cosa fare – ribadito la Chiellino –; il potere oggi è nelle mani di pochi ed è necessario distribuirlo meglio. Questo però – ha aggiunto – deve responsabilizzare tutti e spingere tuti a cambiare, a cominciare dai politici. I cittadini da una parte sono chiamati a verificare l’operato dei loro amministratori e a confermarli, o meno, col loro voto; dall’altra hanno l’obbligo morale e materiale di partecipare alla vita pubblica e a porre in essere un insieme di azioni o comportamenti che riguardano la tutela dell’ambiente. In una parola: multilateralismo”.

Amerigo Vecchiarelli

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Trieste, Settimana sociale: democrazia è essere aperti alle incursioni del nuovo

“Nessuna Chiesa, nessun popolo, nessun potere può pretendere di avere da solo l’ultima parola sulla verità”. Lo ha detto Isabella Guanzini, ordinario di teologia fondamentale all’Università di Graz, introducendo con la sua riflessione biblica la terza giornata della Settimana sociale dei cattolici in Italia, in corso al Trieste sul tema: “Al cuore della democrazia”. “Chi non riconosce l’alterità e riconduce tutto all’omogeneo non riconosce l’altro quando si presenta in forme inedite, che sconfinano”, ha affermato la relatrice soffermandosi sulla figura di Mosé e dei 70 anziani che lo affiancano durante esodo dall’Egitto, ma anche dei due personaggi “fuori lista” che profetizzano, introducendo così un “elemento anarchico” all’interno della democratica: “la possibilità di un dialogo nuovo tra il carisma e l’istituzione, una dialettica che non va risolta ma coltivata nello Spirito che interviene”.

“Fare democrazia è essere disponibili a restare aperti alle incursioni del nuovo”, ha spiegato la teologa: “non c’è democrazia senza lutto per l’omogeneo, che vuole un linguaggio, un popolo, una lingua. Per stare insieme dobbiamo condividere la perdita di padronanza: non c’è democrazia senza l’altro. Solo così si può generare un ethos come fraternità condivisa, come amicizia sociale in una casa comune poliedrica in cui si confligge senza distruggere”, come ci insegna Papa Francesco. “Nel cuore della democrazia – ha osservato Guanzini – batte una fiducia di base in una parola dello Spirito che può anche venire da altrove, e che esige la volontà di rinunciare a qualcosa per il bene del popolo”. “Nella democrazia – ha proseguito – batte un cuore che non è solo di governo, ma è l’effetto del desiderio di una forma di presenza nello spazio pubblico, di ripresa della parola in uno spazio in cui si sa di essere ascoltati e rispettati”. Di qui la necessità della “parresia”, che è il “diritto-dovere di dire la verità a tutti i costi, legato al coraggio di fronte al pericolo, al coraggio di dire la verità nel gioco tra la vita e la morte”. “Senza conflitto, senza antagonismo non si apre uno spazio democratico e la profezia diventa demagogia”, il monito, unito al dovere di “dare voce e fiducia a chi non ci si aspetta, a chi si presenta in forme non prevedibili che fanno saltare i ruoli stabilità. La profezia è eccentrica, non conformista, poliedrica, capace di disattivare le ideologie e di proclamare parole di pace e di riconciliazione”.

M.N.

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Settimana sociale: Ronga (Federico II), “da Mattarella e Zuppi, discorsi di altissimo profilo”

“Due discorsi di altissimo profilo, quelli del capo dello Stato, Sergio Mattarella, e del presidente della Cei, il card. Zuppi”. Umberto Ronga, ordinario di Diritto costituzionale alla Federico II di Napoli e componente dell’Istituto nazionale di Ac “Vittorio Bachelet”, commenta gli interventi di apertura della Settimana sociale di Trieste. “Fondamentale è stato il riferimento costante del presidente Mattarella ai valori della Costituzione repubblicana, a partire dal riconoscimento della centralità della persona”. In tal senso, ha ricordato il presidente, “investire sulla democrazia non significa soltanto operare sui meccanismi formali che la regolano, ma sulle dinamiche sostanziali che la rendono viva”: “Al cuore della democrazia – ha detto – vi sono le persone, le loro aspirazioni, le loro speranze, la loro umanità”, come “nel significato più autentico dell’art. 2 della nostra Costituzione”.

“Ripercorrendo le tappe principali delle Settimane sociali, e ricordando l’esempio di tanti testimoni della democrazia, il capo dello Stato ha richiamato al senso dell’impegno pubblico nel segno della costruzione del bene comune della Repubblica. In questo ambito, Mattarella ha ricostruito il contributo etico, morale, giuridico offerto dai cattolici sin dall’Assemblea costituente, in quella grande opera di mediazione e integrazione politica resa a favore del bene comune dell’Italia, sino al fondamentale contributo impresso nel lungo processo di formazione e sviluppo della democrazia nelle diverse fasi della Repubblica”.
Ronga aggiunge: “Tra gli innumerevoli temi affrontati, il capo dello Stato ha ribadito la necessità di un impegno concreto per la valorizzazione del processo democratico a tutti i livelli, per restituire sostanza alla partecipazione democratica e alla vita delle assemblee elettive, a partire dai territori, passando per la dimensione politica nazionale, sino a quella sovranazionale e internazionale”.
Il presidente “ha concluso, citando Lorenzo Milani, richiamando alla necessità di ‘inverare ogni giorno la democrazia’ a partire dal contributo di ciascuno: perché essa – la democrazia – non è acquisizione definitiva, ma processo in divenire”. Allo stesso tempo, va considerato l’invito del presidente della Cei alla partecipazione responsabile intesa come il vero “battito della democrazia”: contro l’astensionismo, il richiamo alla partecipazione per rilanciare la dimensione politica e sociale a partire dai territori. “Importante altresì il monito del card. Zuppi a impegnarsi attivamente per restituire ‘fiducia agli sfiduciati’ e contribuire a costruire percorsi di speranza per chi l’ha persa”. “Scommettere sulla democrazia – ha ribadito il card. Zuppi – significa credere nella possibilità di un cambiamento possibile” nell’oggi.
Ronga conclude: “In entrambi gli interventi si è scorta la consapevolezza della delicatissima fase che stiamo vivendo sullo scenario internazionale e sovranazionale, a partire dal tema della guerra; e, al contempo, l’aspettativa di dovere coltivare una visione alta, intesa a ‘organizzare la responsabilità’, anche a livello nazionale, per fare fronte alle tante sfide che come Paese abbiamo davanti; è emersa la necessità di guardare con competenza alle sfide che interpellano la vita delle istituzioni, e che interpellano e interpelleranno in prima persona i cittadini tutti, come i temi delle riforme istituzionali – alcune di stringente attualità – al centro delle riflessioni che terremo in alcune piazze anche durante questa Settimana sociale di Trieste sulla democrazia”.

G.B.

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Il cammino di rinascita della Chiesa, per rompere il silenzio

preghiera, esperienza religiosa, fede, religione

Siamo immersi in un profondo cammino di rinascita della Chiesa che, per cause diverse, più o meno negative, ha iniziato a guardarsi allo specchio e scoprirsi fragile e in difficoltà. La Chiesa si è sempre identificata nelle figure evangeliche del “buon pastore”, del “padre buono”, del “buon samaritano”, mai avrebbe pensato di ritrovarsi pecorella smarrita, figliol prodigo, uomo malmenato dai briganti; non è certo facile assumere tale consapevolezza, ma è una opportunità preziosissima di purificazione e di rinascita di cui forse, come comunità cristiana, non siamo ancora consapevoli. 

Uno degli aspetti più dolorosi di questo processo appena avviato, è senza dubbio la questione degli abusi nella Chiesa, ferita assai profonda che ne deturpa il volto, che la fa tremare sin dalle proprie fondamenta, che scandalizza e separa. Nella piena consapevolezza del male provocato e del valore supremo della verità come unica via di rinascita, sono state compiute scelte importanti da parte di papa Francesco e delle Conferenze episcopali; dare un nome alle varie forme di abuso, mettersi in ascolto delle vittime dirette ed indirette, promuovere percorsi di prevenzione e di formazione, sono i principali obiettivi, appena avviati anche nella nostra Diocesi. E’ altissima la tentazione di volger lo sguardo altrove, di sminuire il fenomeno, di lasciare che il tempo silenzioso faccia dimenticare tutto; è assai diffusa tra i cristiani la convinzione che la Chiesa debba essere difesa ad ogni costo per non comprometterne l’immagine, per non scandalizzare, per non allontanare, ma purtroppo il male soffocato è molto più pericoloso e devastante della dolorosa verità. Il fenomeno degli abusi sui minori e sulle persone vulnerabili è un dramma sociale, una piaga dolorosa e inaudita, ma gli abusi nella Chiesa, al di là dei numeri, hanno una portata unica e indicibile, perché oltre a strappare la fiducia nella vita, deturpano il volto di Dio stesso. E’ la peggiore delle blasfemie. 

E’ possibile dunque rinascere dopo un’esperienza di abuso? Chi ha subito un abuso come può ricucire lo strappo profondo e lacerante? Come può ritrovare fiducia in se stesso, nell’altro, nella Chiesa? Quanti sono stati coinvolti più o meno indirettamente, famigliari, amici, comunità, come possono superare il trauma senza perdere la fede e la speranza?  Non è scontata una risposta positiva ma non è impossibile! In un’ottica evangelica costruire la Chiesa madre che si china accanto ai propri figli feriti, che cura con pudore e coraggio ogni lacerazione, che ricerca con forza la verità e la giustizia, senza temere alcun giudizio, deve essere possibile: è l’unico futuro possibile per la Chiesa.

Proprio per questo nella nostra diocesi di Senigallia è attivo il Servizio Diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili che svolge attività di studio e di formazione, di sensibilizzazione e di informazione. All’interno del Servizio c’è lo Sportello di ascolto che accoglie segnalazioni e richieste di aiuto in merito al tema degli abusi. E’ possibile prendere contatti tramite telefono al numero 3534494319 oppure per posta elettronica: tutelaminori@diocesisenigallia.it.

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Vescovi marchigiani: dall’11 al 15 marzo in “visita ad Limina apostolorum”

Dall’11 al 15 marzo 2024 arcivescovi e vescovi delle diocesi marchigiane svolgeranno la visita “ad Limina Apostolorum”, cioè “sulle soglie delle tombe degli Apostoli” per dialogare direttamente con il Pontefice e con i Dicasteri della Chiesa. Ne dà notizia la Conferenza episcopale marchigiana ricordando che Papa Francesco ha iniziato ad incontrare le Regioni ecclesiastiche della Cei a gennaio di quest’anno. Sono passati circa 10 anni dall’ultima visita compiuta dai vescovi italiani. “La visita – si legge in una nota – è un tempo di riflessione e di preghiera per tutta la Chiesa marchigiana per favorire l’unità, la carità, la solidarietà nella fede e nell’apostolato. Essa rappresenta anche il rafforzamento della responsabilità dei successori degli Apostoli e della comunione gerarchica con il Successore di Pietro. Per questo motivo ogni vescovo ha preparato la visita con la redazione di una ampia relazione sulla situazione, le problematiche le prospettive della propria diocesi”.

La mattina di lunedì 11 marzo i presuli marchigiani incontreranno Papa Francesco, sarà l’occasione per rinsaldare l’unità nella stessa fede, speranza e carità e far conoscere ed apprezzare l’immenso patrimonio di valori spirituali, morali e umani della Chiesa marchigiana. Nei giorni successivi i vescovi visiteranno alcuni Dicasteri e Organi della Curia Romana, e, per la prima volta, faranno visita anche alla Segreteria generale del Sinodo. Per ogni incontro è stato designato un vescovo che presenterà la situazione generale della Regione marchigiana al competente Dicastero. Si rifletterà così sulla catechesi, sul lavoro pastorale di clero e laici, sulla carità, sulle situazioni complesse generate dal terremoto del 2016, dall’alluvione del 2022 e dalla pandemia. Sui problemi del lavoro, della scuola, dei giovani, della vita quotidiana delle nostre famiglie. Particolare rilievo avranno anche le concelebrazioni alle tombe dei SS. Pietro e Paolo, pastori e colonne della Chiesa romana, dove i presenti rinnoveranno la loro professione di fede. Inoltre celebreranno l’Eucaristia nelle altre due basiliche papali: San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore.

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Firma dell’8xmille: sì, ma che fine fanno i soldi destinati alla Chiesa cattolica?

All’indomani della Giornata nazionale dell’8xmille alla Chiesa cattolica (7 maggio 2023), accompagnata dallo slogan della nuova campagna appena lanciata dalla Cei: “Una firma che fa bene”, qualche dato per farsi un’idea più precisa. Il claim fa riferimento ai gesti di altruismo che non fanno sentire bene solo chi li riceve, ma anche chi li compie e che, attraverso la firma per l’8xmille alla Chiesa cattolica, possono moltiplicare la sensazione di benessere per migliaia di volte.

Come firmare per l’8xmille alla Chiesa cattolica. Al contribuente la firma non costa nulla e possono apporla tutti coloro che concorrono al gettito Irpef: chi presenta il 730 o il Modello Redditi, ma anche chi dispone solamente del Modello Cu, perché possiede unicamente redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati e non è obbligato a presentare la dichiarazione. Come è noto, la decisione di chi si esprime serve a stabilire la destinazione dell’intera quota da assegnare, supplendo dunque anche alla mancata espressione di una preferenza da parte di chi non firma.ale; 80 milioni per progetti di sviluppo e solidarietà nel Sud del mondo; 84 milioni per la manutenzione e il restauro delle chiese e 410 milioni per mantenere dignitosamente i circa 32.000 sacerdoti che operano nelle diocesi, 300 dei quali missionari fidei donum nei Paesi più poveri.

Le opere finanziate dalla Chiesa cattolica nell’ultimo anno. Nell’anno 2022 chi firma per la Chiesa cattolica ha contribuito a rendere possibile lo stanziamento di 150 milioni di euro per la carità delle diocesi italiane (mense, centri di ascolto, soccorso a disoccupati, vittime dell’usura, immigrati, emarginati, anziani abbandonati); 53 milioni di euro per altre esigenze di rilievo nazionale; 80 milioni per progetti di sviluppo e solidarietà nel Sud del mondo; 84 milioni per la manutenzione e il restauro delle chiese e 410 milioni per mantenere dignitosamente i circa 32.000 sacerdoti che operano nelle diocesi, 300 dei quali missionari fidei donum nei Paesi più poveri. È possibile visionare un rendiconto dettagliato su www.8xmille.it oppure su https://rendiconto8xmille.chiesacattolica.it/.

Filippo Passantino

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Giornata della comunicazioni sociali, domenica 29 maggio: l’ascolto necessario.

Domenica 29 maggio 2022 la si celebra la 56ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali dal titolo “Ascoltare con l’orecchio del cuore”. “Ascoltare con l’orecchio del cuore” è il tema del Messaggio di Papa Francesco per la giornata. “Il primo ascolto da riscoprire quando si cerca una comunicazione vera è l’ascolto di sé, delle proprie esigenze più vere, quelle inscritte nell’intimo di ogni persona. E non si può che ripartire ascoltando ciò che ci rende unici nel creato: il desiderio di essere in relazione con gli altri e con l’Altro. Non siamo fatti per vivere come atomi, ma insieme”.

L’artista contemporaneo Walter Capriotti e Ottavio Sosio hanno creato il manifesto la cui immagine rappresenta “un sole a forma di fiore che irrompe nel muro dell’indifferenza umana, un raggio di sole che si trasforma in un’onda di speranza per tutti gli uomini che vogliono ascoltare ed essere ascoltati e che gridano all’orecchio del mondo trasportato da palloncini guidati dal vento”. Perché, aggiunge l’artista, “la forza è nel nostro cuore… basta ascoltarlo”.

Il Sinodo e noi

Piticchio di Arcevia
Piticchio di Arcevia

Con il nuovo anno è partito anche nell’unità pastorale “Il Melograno” (Serra de’ Conti, Piticchio, Montale, S. Ginesio) il cammino sinodale iniziato dalla Chiesa Italiana lo scorso autunno e che si realizzerà a diversi livelli (da quello locale a quello universale) affinché quel “camminare insieme” ci conduca a realizzare una Chiesa come la vuole il Signore.

Siamo nella prima fase del Sinodo, la fase narrativa, costituita da un biennio in cui viene dato spazio all’ascolto e al racconto della vita delle persone, delle comunità e dei territori. A febbraio scorso è stato “inaugurato” il cammino sinodale all’interno della nostra Unità Pastorale con un incontro tenutosi nella Chiesa Parrocchiale di Serra e preceduto da inviti mirati e rivolti alle comunità durante le celebrazioni liturgiche nelle settimane precedenti. In quell’occasione è stato presentato, dall’équipe diocesana, il cammino sinodale diocesano (nel quale l’Unità pastorale si inserisce) con le sue motivazioni, i tempi e le modalità. Sono stati costituiti i gruppi di circa otto/dieci persone ciascuno che porteranno avanti questo percorso di ascolto e discernimento comunitario. 

L’invito è stato accolto con entusiasmo dalla comunità tanto che sono stati costituiti ben nove gruppi composti da persone di diversa età. I gruppi si confronteranno su tematiche diverse: la fede, la vita, la Parola di Dio, il Magistero attraverso incontri con cadenza più o meno mensile, raccontando…

Continua a leggere sul numero digitale di giovedì 14 aprile, disponibile a questo link.
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Sacerdoti in Italia: sale l’età media, uno su dieci è straniero

Sacerdoti oggi

Nel giro di trent’anni il numero dei sacerdoti operanti in Italia è diminuito del 16,5 per cento. Erano 38.209 nel 1990. Sono diventati 31.793 nel 2020. In pratica 6.416 in meno. Una riduzione che solo in parte è stata compensata dall’ingresso in Italia di un sempre maggior numero di sacerdoti stranieri al servizio delle diocesi italiane. Che secondo i dati aggiornati sempre allo scorso anno sono passati da 204 nel 1990 a 2.631 nel 2020.

Questi alcuni dei numeri principali di una “fotografia” sulla presenza presbiterale in Italia presentati recentemente ai vescovi e di cui ieri ha dato notizia l’agenzia Sir, promossa dalla Cei.

Tra i soli sacerdoti italiani, dunque, si è registrato un calo del 19,8% (da 36.350 unità nel 2000 a 29.162 nel 2020) mentre i sacerdoti stranieri rappresentano oggi l’8,3% del totale. Inoltre dalle elaborazioni fornite dall’Istituto centrale di sostentamento del clero, si apprende che l’età media del clero è pari a 60,6 anni (+3,2% rispetto al 2000). Tra i soli italiani si sale a 61,8 anni (con un aumentata del 4,1% nell’arco degli ultimi 20 anni), mentre quella dei sacerdoti stranieri è pari a 46,7 anni. Quanto alle fasce di età, in contrazione sono, in particolare, i preti fino ai 30 anni, passati dai 1.708 nel 2000 ai 599 nel 2020 (-60%), a fronte di un calo demografico pari al 20% tra la corrispondente popolazione generale.

Le diocesi con la maggior presenza di sacerdoti non italiani sono nel centro Italia: nel Lazio, su 2.804 sacerdoti 626 sono stranieri (22,3%). Seguono le 11 diocesi dell’Abruzzo (con il 16%), le 18 diocesi della Toscana (con il 16%) e le 8 diocesi dell’Umbria (con il 15%). Molto più contenuta la presenza in Lombardia con 82 sacerdoti stranieri (1,8%) e in Puglia con solo 65 preti stranieri (il 3,3%).

Interessanti anche i numeri riguardanti i parroci. Nel 2020 in Italia su 25.595 parrocchie i parroci erano 15.133. Ciò significa che in media ogni parroco ha la responsabilità pastorale di 1,7 parrocchie e che oggi in Italia c’è un parroco ogni 4.160 abitanti. Le regioni con la minor percentuale di parroci sono la Lombardia, il Lazio e la Puglia, quelle con la maggior presenza sono l’Abruzzo-Molise, l’Umbria e la Calabria.

Non bisogna poi dimenticare i sacerdoti italiani che vanno a svolgere il loro ministero in favore di Chiese di altre nazioni. Si tratta di una piccola minoranza, è vero, ma pur sempre significativa. Si tratta dei “fidei donum”. A fronte dei già ricordati 2.631 sacerdoti stranieri sul territorio nazionale, quelli italiani che operano all’estero sono 348, ossia l’1,1% del totale. Nel corso degli ultimi vent’anni anche il numero si è fortemente ridimensionato, anzi è sostanzialmente dimezzato: erano infatti 630 nel 2000.
E infine ci sono i numeri dei decessi degli ultimi due anni, in gran parte a causa della pandemia. Nel 2020 sono morti 958 preti con un incremento di quasi un terzo, rispetto ai 742 morti del 2019. In particolare, se andiamo a vedere la mortalità della prima ondata, notiamo che nel periodo marzo/aprile 2020 sono morti 248 sacerdoti, ovvero quasi il doppio (+92%) di quelli scomparsi nell’analogo arco temporale del 2019 (129). Ancora peggio nel momento culminante della seconda ondata: i 240 morti tra novembre e dicembre del 2020 sono più del doppio (+101%) di quelli dell’anno precedente (119).

«I dati non devono allarmare – commenta don Michele Gianola, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della vocazioni –, ma vanno seriamente presi in considerazione perché intercettano la domanda sulla fecondità vocazionale delle nostre Chiese italiane, gli orizzonti della pastorale giovanile e scolastica, ridondano sulla vita e il ministero dei presbiteri e delle comunità di vita consacrata». Secondo don Gianola, i numeri «evidenziano l’inquietudine espressa da Papa Francesco nel discorso di apertura della 71ª Assemblea generale della Cei, il 21 maggio 2018 quando si disse “preoccupato per l’emorragia delle vocazioni”.

In questo senso, soluzioni di ripiego hanno già mostrato la loro fragilità in vista di una risposta adeguata: ragionare con prospettive di medio o, addirittura, corto respiro, può sterilizzare la generatività della comunità. Occorre ricordare che le vocazioni vengono generate dalla Chiesa madre; a volte, viene dimenticata o trascurata questa capacità generativa». Per questo, conclude il sottosegretario della Cei, «tornare a respirare non significa necessariamente crescere di numero ma intuire, discernere sinodalmente e percorrere con coraggio vie di rinnovamento ecclesiale nel fresco solco del Concilio Vaticano II».