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Tag: Costa d'Avorio

Da Senigallia a Dianra, in Costa d’Avorio per i cinque anni dall’inaugurazione della Chiesa

Era il 3 marzo 2019 quando anche un piccolo gruppo di fedeli della nostra diocesi, accompagnato dal vescovo Franco Manenti e dal vescovo emerito Giuseppe Orlandoni, ha fatto festa per l’inaugurazione della chiesa di Dianra Village, in Costa d’Avorio. Ed oggi, proprio come allora, altri amici hanno voluto condividere il ‘grazie’ per i cinque anni di presenza di un edificio che accoglie questa vivace comunità. La delegazione è composta da tre sacerdoti: don Andrea Baldoni, parroco di Monte San Vito e Borghetto, don Paolo Montesi, parroco di Barbara e guida spirituale del Centro missionario diocesano di Senigallia e don Giovanni Rossi, parroco di Cupramontana. Insieme a loro, due laiche: Lorella Pigliapoco, del Centro missionario diocesano di Senigallia, della parrocchia di Monte San Vito e Marica Abbruciati che aveva fatto esperienza di missione circa 30 anni fa.

Il legame tra la diocesi di Senigallia e la comunità di Dianra, in Costa d’Avorio dove vive ed opera P. Matteo Pettinari, missionario della Consolata originario di Monte San Vito e che ora ricopre il ruolo di Superiore dei missionari della Consolata in Costa d’Avorio, continua ed è sempre forte e capace di donare esperienze molto belle. La chiesa è nata da un progetto inizialmente fortemente voluto dai fedeli di Dianra, accolto dai padri missionari della Consolata, approvato dal loro vescovo diocesano e realizzatosi infine grazie al contributo spirituale, tecnico, economico e artistico di tante persone, di entrambe le comunità di Dianra e di Senigallia.


“Siamo partiti in rappresentanza della diocesi e del Vescovo Franco – ci scrive in diretta da Dianra Lorella – che insieme al vescovo Orlandoni vennero qui 5 anni fa per la consacrazione della chiesa. Abbiamo vissuto giorni splendidi in cui abbiamo ricevuto tanti doni: una accoglienza incredibile e generosa da parte dei missionari e delle persone locali, tanta umanità, tanto amore, tanta generosità. Qui siamo nella diocesi di Odienne, guidata dal vescovo Alain Clement Amiezi. In occasione della festa il Vescovo ha consacrato sei ministri straordinari dell’Eucaristia, figura importante e preziosa in questi vasti territori dove i religiosi non possono sempre garantire la loro presenza”.

Questo il discorso di ringraziamento della delegazione senigalliese, letto al Vescovo in occasione della festa del 2 marzo 2024.
Buongiorno p. Stefano, Pacome e buongiorno a tutta la comunita’. Siamo una delegazione italiana di tre sacerdoti e due donne che vengono dalle diocesi di Senigallia e di Jesi. Vorremmo, in occasione della festa dell’anniversario della chiesa di Dianra Village avvenuta ieri, e in occasione di questa domenica, Pasqua della settimana, ringraziarvi tutti per la vostra accoglienza! Un’ accoglienza piena di cure e attenzioni che ci hanno fatto sentire qui a dianra come a casa nostra. Avete cucinato tanto per noi e cose buonissime per noi, ci avete servito a tavola instancabilmente, ci avete incontrato ogni giorno con un sorriso, una stretta di mano, un bonjour con tanto calore. Siete stati disponibili e gentili sempre e per ogni nostro bisogno. Per noi siete stati l’ossigeno per respirare lo Spirito dell’amore che Dio sempre soffia sulla sua chiesa. Oggi ci facciamo portavoci del vescovo di Senigallia Franco Manenti e del vescovo emerito Giuseppe Orlandoni che 5 anni fa hanno consacrato la nuova chiesa di Dianra Village. E vorremmo qui rappresentare anche le nostre diocesi con tanti amici, fratelli e sorelle che oggi dall’Italia si uniscono alla nostra preghiera. Finalmente è giunto il giorno dove fare memoria dell’amore di Dio, che in questi anni è stato fedele alla sua promessa per ciascuno di noi. Ogni edificio sacro, questa chiesa come quella di Dianra Village, rappresenta il simbolo dell’unità della chiesa della terra con la chiesa del cielo e dell’unità delle nostre chiese con l’affetto e la stima che da tanti anni ci lega gli uni gli altri. Il vescovo Franco e tutta la diocesi di Senigallia vi saluta e festeggia con voi questo anniversario e chiede benedizioni al Signore della vita per ciascuno di voi e per tutti i vostri cari. Cara comunità di Dianra, tutta la delegazione italiana, assieme al Vescovo Franco, Padre Matteo e Daniela che ha collaborato all’edificazione della chiesa vi ringrazia per la vostra fede, gioiosa, autentica e appassionata! Il Signore della vita vi benedica tutti! Gesù è il Signore! Arrivederci qui o in Italia!

L.M.

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In Costa d’Avorio, con i tanti volti del Dio con noi

padre Matteo Petinari ed alcuni ragazzi della sua comunità

Sono in Costa d’Avorio e in valigia porto gli abbracci di tanti amici di Senigallia, che ormai da anni condividono con affetto la missione dei missionari della Consolata, a Dianra in questa parte di Africa occidentale. Sono certa che in tantissimi avreste voluto partire con me e sono contenta di potervi salutare attraverso il nostro giornale. In questi giorni sono dieci anni (erail17dicembre2011) che P. Matteo Pettinari, di Monte San Vito, è arrivato a Dianra e nel tempo abbiamo costruito grazie a lui una rete di vicinanza, di comunione, di sostegno tra la nostra Diocesi di Senigallia e le comunità cristiane affidate alla cura dei missionari: Dianra, Dianra-Village e Sononzo. Anche il vescovo Franco e il vescovo Giuseppe hanno fatto visita alla missione, in occasione della dedicazione della nuova chiesa e hanno fatto esperienza della vivacità di questa comunità, che si manifesta nell’accoglienza di chi arriva, nella carità vissuta con sollecitudine premurosa, nella gioia che accompagna ogni incontro, pur nella durezza della vita quotidiana. È un tempo speciale il Natale per arrivare a Dianra, (ho avuto la grazia di trascorrerlo lì altre due volte) perché la missione ti porta al cuore del Mistero dell’Incarnazione: Dio si fa uomo, viene ad abitare tra noi, viene a dirci che abbiamo un Padre che ci ama, che non dobbiamo più temere la morte, che possiamo vivere da fratelli, in pace. E sceglie il più piccolo dei villaggi per incarnarsi, sceglie Betlemme, sceglie Dianra. Tra gente povera,semplice,che si trova ad ascoltare il più grande degli annunci: Dio non deve farci più paura, si fa piccolo per noi. Viene a cercarci. È quello che vive anche quell’unica catecumena di un villaggio sperduto senza cristiani, a cui p. Matteo, p. Raphael o p.Ariel fanno visita, per dirle che non è sola, che poter celebrare l’amore di Cristo con lei e il suo villaggio vale gli “80 km di pista”. E veder poi fiorire quel villaggio grazie a lei, un modo nuovo di vivere, da fratelli.

Il Dio-con-noi ha il volto di chi a Senigallia sta raccogliendo fondi per l’ambulanza, che servirà a raggiungere gli ospedali“più vicini”di riferimento per parti cesarii o altre interventi urgenti (il blocco operatorio qualificato più prossimoèa140kmdipista)o per trasferire a centri adeguati chi non può spostarsi con altri mezzi. Il Dio-con noi ha il volto dei tanti che attraverso l’associazione Piccole Stelle d’Africa, offre l’opportunità a tanti bambini di frequentare la scuola,di curarsi e di vivere una vita degna,o un kit-maternità al dispensario medico.

Il Dio-con-noi ha il volto degli amici del Coordinamento Solidarietà e Autosviluppo di Montemarciano, del laboratorio missionario di Monte San Vito e di tanti altri che, da soli o insieme, attraverso Consolata Onlus o tramite raccolte che solo la fantasia della carità sa suggerire, hanno inviato fondi per scavare pozzi, avviare progetti di microcredito femminile, sostenere iniziative di autofinanziamento locale, promuovere la formazione dei giovani, accompagnare l’annuncio del Vangelo.

Il Dio-con-noi ha anche il mio e il vostro volto, perché grazie a questa amicizia la comunità di Dianra non si sente sola, ed è confortata nelle prove e fiera dei piccoli risultati condivisi. Ma anche per noi la vicinanza con la Missione è benedizione,anche per me. Uno dei desideri con cui parto è attingere ancora una volta freschezza alla fontana della loro comunità cristiana: la freschezza del loro annuncio semplice, della loro carità dispensata a piene mani e verso tutti, del loro servirsi l’un l’altro con gioia e premura… perché forse è nelle missioni come Dianra che possiamo trovare le vie da percorrere per il cammino sinodale, di rinnovamento della nostra Chiesa, che ha bisogno di riscoprirsi terra di missione, dove annunciare il Dio-con-noi.Che il Dio-con-noi, ci porti in dono il Suo desiderio di andare a cercare ogni uomo e ogni donna, con un gesto d’amore.

Daniela Giuliani

La nostra realtà e gli occhi di un missionario

Padre Matteo Pettinari
Padre Matteo Pettinari

Matteo Pettinari ha trascorso alcuni mesi nella sua diocesi d’origine.
Per ripartire…


Padre Matteo Pettinari, missionario della Consolata della diocesi di Senigallia e originario di Monte San Vito, da anni vive in Costa D’Avorio dove è inserito in una comunità con altri due confratelli, che è il punto di riferimento per l’intera popolazione. E’ tornato qui in diocesi per esigenze familiari e l’aggravarsi della situazione pandemica non gli ha ancora permesso di raggiungere nuovamente la terra di missione. Durante questa lunga “pausa” nei luoghi natali, ha avuto modo di riflettere e confrontare le due differenti realtà della sua esistenza e ha voluto condividere con noi impressioni e riflessioni

Intanto una presentazione…

Ho 39 anni e sono missionario dal 2011 nella regione di Dianra, nel nord della Costa d’Avorio, nella diocesi di Odiennè. Purtroppo nel mese di maggio del 2020 sono dovuto rientrare in Italia per motivi familiari. Mia mamma aveva scoperto un tumore al polmone e purtroppo ci ha lasciati il 23 gennaio scorso. Sarei dovuto rientrare in Costa d’Avorio a Dianra il 4 marzo ma purtroppo la situazione del Covid ha indotto la compagnia con la quale avrei dovuto viaggiare a sopprimere tutti i voli fino al 15 marzo. Quindi mi ritrovo qui ancora in Italia per altri 15 giorni, fino al 18 marzo. Sicuramente per un missionario che da prima della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 2010, non stava in Italia se non per i mesi di vacanze che sono triennali, qualche mese ogni tre anni, stare qui un periodo lungo dieci mesi è stata una grossa novità, una realtà inattesa. Tutto ciò è avvenuto non solo in un contesto pandemico molto forte soprattutto qui in Italia e in Europa, ma anche dovendo accompagnare una situazione delicata, dolorosa, quella della malattia oncologica di mia madre.

Quali sono le tue impressioni stando così tanto tempo qua?

Sicuramente l’Italia non è la Costa d’Avorio, sono mondi diversi! Ho trovato una situazione molto condizionata dal contesto e anche una comunità cristiana condizionata dalla situazione pandemica. Quello che l’Africa mi ha insegnato è a vivere la vita non a partire dai problemi che ci sono o che non ci sono, che potrebbero esserci o non esserci, ma dalle relazioni che comunque sempre sono il sale, la gioia, la ricchezza del quotidiano. Io amo dire quando sono a Dianrache abbiamo mille problemi ma mille e uno soluzioni, nel senso che le difficoltà, le crisi, la precarietà di ogni tipo non possono determinare lo stile con cui si affrontano le giornate. Questo insegnamento che mi porto dentro, che la Costa d’Avorio, le persone che vivono lì, la gente che mi accoglie, con cui condivido la vita mi hanno offerto mi è stato molto utile anche per affrontare questa situazione e non lasciarmene sopraffare, sia quella familiare che quella un po’ più generale.

Cosa ti porti da questa esperienza al tuo ritorno in Africa?

Adesso che torno – spero di ritornare – vado con il bagaglio di questi dieci mesi che sono stati sicuramente un tempo forte, un tempo particolare per la mia vita personale, familiare e anche di fede, con tanta grazia per tutto quello che ho vissuto e che il Signore mi ha regalato di sperimentare accanto a mamma e all’interno della mia famiglia. Spero che questa situazione pandemica ci ridia a tutti la possibilità di renderci conto che la precarietà, l’impossibilità di controllare la realtà fa parte della vita di tante persone, della maggior parte delle persone nel mondo. Allora auguro a me e a tutti di cogliere e accogliere questo nuovo stile per cui si vive non girando intorno ai problemi ma sicuramente affrontandoli, a partire dalla ricchezza delle relazioni di ogni giorno.

di Barbara Fioravanti

La pandemia in Africa, i paradossi italiani

P. Matteo Pettinari, chiaravallese missionario della Consolata in Costa d’Avorio, ci racconta la situazione pandemica in Africa e come sta vivendo quella italiana.

Da molti anni ti trovi in Africa come missionario: com’è la situazione pandemica dove ti trovi in questo momento e che idea ti sei fatto della situazione in Italia?

Vivo e realizzo la mia vocazione missionaria ‘ad gentes’ in Costa d’Avorio e precisamente a Dianra, nella regione del Béré, nel Nord del paese. Nei mesi del primo lockdown italiano (marzo-maggio 2020) ero pienamente coinvolto nel lavoro di sensibilizzazione della popolazione e dei fedeli della nostra missione come anche degli operatori del nostro centro sanitario ‘Giuseppe Allamano’ di cui sono l’amministratore. Abbiamo visitato capillarmente i villaggi dell’aria sanitaria a noi affidata (11 villaggi per una popolazione di circa 10.500 abitanti) organizzando degli incontri con l’équipe del centro (infermieri, ostetriche ed Ooss sotto la supervisione del medico ed in piena sinergia con le autorità sanitarie del Distretto). Noi missionari – i padri Ariel, Raphael ed io – ci siamo impegnati insieme, con ogni mezzo, per far arrivare le informazioni anche a tutte le comunità cristiane della nostra ben più vasta missione che comprende oltre 3.000 km2. La buona notizia da questo punto di vista è stata che, dopo il primo caso di Covid registrato l’11 marzo, grazie ad una molteplicità di fattori, il contagio non si è affatto diffuso nella misura temuta: ad oggi la Costa d’Avorio conta soltanto 22.963 casi testati positivi e 138 morti. Questi dati si spiegano non tanto per la mancanza di test alla portata di tutti (e quindi i dati forniti si allontanano sempre dalla realtà…), ma soprattutto per due altri motivi: l’età media della popolazione (18 anni, con un’aspettativa di vita di non oltre 57!) ed i tipi di anticorpi di cui è dotato chi convive con malaria ed altre patologie sconosciute all’Occidente.

Purtroppo, ciò che non risulta essere drammatico da una prima accoglienza di questi dati, lo sarà in maniera ben più tragica per la Costa d’Avorio e tutta l’Africa subsahariana in termini di conseguenze del Covid-19. Infatti, in questi mesi la frequentazione dei centri sanitari si è ridotta del 50% circa, le campagne vaccinali ordinarie per altre pandemie finora debellate si sono praticamente arrestate sia per la difficoltà o impossibilità di muoversi come anche per l’accresciuta diffidenza nei confronti delle stesse da parte della popolazione. A livello economico, devastanti sono state le misure di confinamento come anche la chiusura di porti e frontiere: non bisogna infatti dimenticare che l’economia della Costa d’Avorio vive dell’esportazione di di cacao e anacardio di cui è il primo produttore mondiale, ma anche di cotone, caffè, caucciù, ecc. Sicuramente assisteremo ad un aumento della malnutrizione infantile e non solo, ad una crescita della mortalità materna e neonatale già a tassi drammatici, senza dimenticare tutte quelle realtà di precarietà lavorativa e di economia informale che aumenteranno in maniera esponenziale in un contesto già provato nel 2020 appena concluso da una situazione di accresciuta tensione sociale e politica per le elezioni presidenziali appena svoltesi in condizioni a dir poco critiche.

Della situazione italiana mi colpisce la divisione politica tra opposizioni e coalizione governativa incapaci di trovare una sintesi per il Bene Comune. Ecco, quest’ultimo – in termini di orizzonti a breve come anche a lungo termine – mi appare il grande assente. Trovo inconcepibile il non saper superare le ideologie e gli interessi di parte neanche davanti ad una pandemia. Mi rattrista la mancanza della Politica e di ars governativa. Come anche la superficialità sempre più diffusa. In questo senso, mi fa molto male il fatto che nessuno dei media italiani più alla portata di tutti parli dell’Africa. Per informarmi sul continente nero devo affidarmi a siti stranieri oppure a fonti missionarie e comunque “di nicchia”. L’ “italiano medio” (passatemi questa espressione) è spesso ignaro di quel che succede nel resto del mondo, ed in modo particolare è un analfabeta della situazione africana. Evidentemente, questo fa sì che ogni dibattito sull’immigrazione sia inevitabilmente privo di contenuti e completamente scisso dalla realtà. In ultima analisi mi addolora in maniera profonda tutto quanto posso riassumere nella mentalità ‘no vax’ o complottista nei riguardi della ricerca e della scienza. Forse non potete neanche immaginare in che misura noi missionari paghiamo sulla nostra pelle, insieme alla nostra gente, le derive distruttive delle logiche di profitto delle case farmaceutiche. Un mondo diabolico (fidatevi, non esagero). Ciò, però, non giustifica in nessuna maniera il fatto che si metta in dubbio la bontà dei vaccini e della ricerca. A volte vorrei gridare quando ascolto certi discorsi perché chi li pronuncia non sa di cosa parla e non si rende conto di quali conseguenze le nostre diffidenze abbiano poi sulla popolazione africana la quale – forte anche delle idee dei ‘no vax’ – si allontana ulteriormente dai vaccini (e non certo dal vaccino del Covid che conoscerà non sappiamo quando, ma da tutti gli altri!). Per favore, se volete fare un regalo a chi muore in altri continenti perché ignoranza e povertà impediscono un qualsiasi vaccino, vaccinatevi. Se aveste visto mamme e neonati morire di non-vaccinazione, pensereste sicuramente in altro modo. E se proprio non siete convinti per voi, fatelo per dovere di giustizia nei confronti dei poveri della terra.