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Tag: povertà

Uno sguardo diverso sui senzatetto: a Senigallia il regista Sassoli con il film ‘San Damiano’

L’estate del cinema ‘Gabbiano’ di Senigallia si è arricchita lo scorso 28 luglio della proiezione di ‘San Damiano’, un’opera che racconta l’incontro tra persone senzatetto segnate dalla violenza e dalla solitudine, che parla di chi vive ai margini. In questo caso si tratta dei senza dimora stanziati attorno alla stazione Termini di Roma. Erano presenti per l’occasione, Gregorio Sassoli, uno dei due registi; Alessandro Carta, presidente della Fiopsd – Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora; e Chiara Mondaini, responsabile dell’area inclusione e pari opportunità della cooperativa sociale Polo9. L’evento è nato grazie alla collaborazione con la stessa cooperativa Polo9, Caritas Senigallia, Free Woman, On the road, La Tenda di Abramo, Cnca e RiBò: sigle che a diverso titolo nel nostro territorio sono impegnate in questo ambito.

Durante l’intervista, Sassoli ha detto che “San Damiano” è nato casualmente, dall’incontro con il senzatetto Damiano mentre registravano un altro film. «Volevamo una storia immersiva, non un’opera giornalistica o di classico stile documentario ed in effetti la chiave di tutto è l’emotività, che attraversa ogni scena, rendendo l’esperienza profonda e coinvolgente. Il significato della pellicola si concentra proprio su questo: raccontare quanto sia difficile sopravvivere alle proprie ferite, ma anche come, attraverso l’arte e i legami umani, si possa lentamente tornare a respirare».

Un film che mostra la violenza e la brutalità che si addensano nella quotidianità delle persone in strada. De-umanizzate, etichettate. Un messaggio forte, che spesso ignoriamo. «Non è un film da vedere a cuor leggero – spiega una delle giovani giurate del cinema Gabbiano – non è facile da digerire ed è a tratti destabilizzante. È un racconto che non cerca di commuovere, bensì di scuotere tramite le sue storie di emarginazione e disagi sociali».

Mercoledì 6 agosto 2025 sarà presente in arena l’attrice del film “Coppia aperta, quasi spalancata”, Chiara Francini.

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Una persona su dieci, in Italia, vive in stato di povertà assoluta. La rete Caritas parla chiaro

La povertà in Italia è peggiorata nell’ultimo decennio e sta cambiando volto. Si tratta di un fenomeno sempre più radicato, cronico e multidimensionale, che colpisce lavoratori, famiglie e anziani. Il problema abitativo è oramai una crisi strutturale, insieme a quello sanitario: molte persone costrette a rinunciare alle cure mediche a causa dei costi o delle lunghe liste d’attesa. Una persona su dieci vive in stato di povertà assoluta. A fronte di questa situazione la rete Caritas continua a dare risposte: nel 2024 sono state almeno 277.775 le persone (e rispettivi nuclei familiari) che si sono rivolti a Centri di ascolto, mense, empori solidali ed altri servizi per chiedere un aiuto concreto, con un incremento del 3% rispetto al 2023 e del 62,6% rispetto al 2014. Nello stesso anno sono state erogate oltre 5 milioni di prestazioni, con una media di circa 18 interventi ogni assistito. Se un tempo l’emergenza riguardava principalmente i disoccupati, oggi il fenomeno dei “working poor” (lavoro povero) incide profondamente sul tessuto sociale, con il 30% degli occupati che fatica ad arrivare a fine mese. Una tendenza che si affianca a un altro segnale allarmante: l’aumento delle richieste di aiuto da parte degli over 65, raddoppiati in dieci anni, dal 7,7% nel 2015 al 14,3% nel 2024. Sono alcuni dei dati che emergono dal Report statistico 2025 “La povertà in Italia” di Caritas italiana, presentato oggi a Roma insieme al Bilancio sociale 2024.

Povertà in Europa e in Italia. Nel 2024 secondo i dati Eurostat, il 21% della popolazione europea (93 milioni di persone) è a rischio povertà o esclusione sociale. In Italia, la situazione è ancora più grave: il 23,1% della popolazione vive in condizioni di vulnerabilità economica, in aumento rispetto al 22,8% del 2023. È il settimo Paese in Europa per incidenza di persone a rischio povertà o esclusione sociale. I dati Istat rilevano quasi 5,7 milioni di italiani (pari a 2,2 milioni di famiglie) in povertà assoluta.

In 10 anni aumento vertiginoso delle persone accompagnate, soprattutto al Nord. Negli ultimi dieci anni, la povertà in Italia ha subito un incremento allarmante, diventando sempre più strutturale. I dati raccolti dalla rete Caritas evidenziano un aumento del 62,6% delle persone accompagnate dal 2014 ad oggi, con una crescita particolarmente marcata nel Nord (+77%) e nel Mezzogiorno (+64,7%). Dati che riflettono l’effetto delle crisi economiche degli ultimi anni, dalla crisi finanziaria del 2008, alla pandemia da Covid-19, fino alle recenti tensioni commerciali internazionali e conflitti. Le famiglie continuano a rappresentare la maggior parte degli assistiti: il 63,4% dei nuclei ha figli minori. Il livello basso di istruzione continua ad incidere sul rischio povertà.

Profilo degli assistiti: un’Italia sempre più multiculturale. Delle 277.775 persone accompagnate dalla Caritas, il 56,2% è di nazionalità straniera, il 42,1% è italiano. La componente immigrata è in lieve calo, principalmente per la riduzione degli ucraini, passati da 22.000 nel 2022 a circa 10.000. Gli assistiti provengono da 180 Paesi diversi, con il 46,9% dall’Africa, il 26,9% dall’Europa, il 13,9% dalle Americhe e il 12,4% dall’Asia. I primi dieci Paesi di provenienza sono Marocco, Perù, Romania, Ucraina, Nigeria, Tunisia, Albania, Senegal, Egitto e Pakistan.

In aumento l’età media. Nel 2024, l’età media delle persone assistite dalla rete Caritas ha raggiunto 47,8 anni, segnando un progressivo invecchiamento della popolazione in condizioni di fragilità. Nel 2022 l’età media si attestava a 46 anni. Mentre l’età media degli immigrati è di 42,9 anni, quella degli italiani sale a 54,6. Un dato significativo riguarda gli over 65, la cui presenza tra i beneficiari della Caritas è raddoppiata rispetto al 2015, passando dal 7,7% al 14,3%. Tra gli italiani, la crescita è ancora più marcata, raggiungendo il 24,3%.

L’impatto dell’inflazione: caro vita e salari. Nonostante l’inflazione nel 2024 sia rallentata (+1% rispetto ai picchi del 2022-2023), il costo della vita rimane elevato. I prezzi di beni essenziali come gli alimentari (+2,4%) e l’istruzione (+2,9%) continuano ad aumentare, mentre quelli dell’energia sono saliti del 12,7%. Questo ha avuto effetti diretti sulle fasce più vulnerabili, con una erosione del potere d’acquisto: dal 2019 al 2024, le retribuzioni reali in Italia sono diminuite del 4,4%, e dal 2008 al 2024, la perdita complessiva è stata dell’8,7%, il dato peggiore tra i Paesi del G20.

Povertà abitativa e sanitaria. Il problema casa si conferma una delle emergenze più gravi. 33% degli assistiti Caritas manifesta una forma di disagio abitativo, con 22,7% in grave esclusione (senza tetto, sotto sfratto, in condizioni precarie) e 10,3% con difficoltà nel pagamento di affitti e bollette. L’accesso alle cure sanitarie è sempre più difficile: nel 2024, circa 6 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie necessarie, con un aumento rispetto al 2023. Tra gli assistiti Caritas, il 15,7% presenta vulnerabilità sanitarie, spesso legate a patologie gravi e alla mancanza di risposte adeguate dal sistema pubblico.

Le nuove misure di sostegno al reddito: calano i beneficiari. Con l’introduzione dell’Assegno di Inclusione (ADI) e del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), la Caritas ha registrato un calo nell’incidenza dei beneficiari delle misure di contrasto alla povertà. Nel 2024, solo il 11,5% degli assistiti percepiva l’ADI, rispetto al 15,9% del 2023 con il Reddito di Cittadinanza. Sommando anche il SFL (1,3%), l’incidenza complessiva arriva al 12,8%, inferiore rispetto all’anno precedente. Un’analisi su 84.860 persone sostenute sia nel 2023 che nel 2024 ha evidenziato che solo il 15% di chi percepiva il Reddito di Cittadinanza ha avuto accesso alle nuove misure. Secondo la Caritas la riduzione della copertura sociale “potrebbe penalizzare le fasce più vulnerabili della popolazione”.

a cura di Patrizia Caiffa

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«La sanità nelle Marche? Roba da ricchi»

Lunghe liste di attesa, strutture socio-sanitarie il cui costo è in aumento e pesa sulle spalle delle famiglie, soprattutto quelle meno abbienti. E’ un quadro a tinte fosche quello che hanno tratteggiato Uil e Uil Pensionati Marche, nel descrivere la situazione della sanità pubblica marchigiana. Una difficoltà, secondo l’associazione di categoria, dovuta alle scelte politiche della Regione che hanno contraddistinto gli ultimi anni. E che di fatto porta le persone a far ricorso alla sanità privata. 

Liste di attesa

«Le lunghe liste di attesa sono la principale causa del ricorso alle prestazioni private – commenta Marina Marozzi, segretaria generale della Uil Pensionati Marche – ovviamente da parte di chi se lo può permettere. Se, come dice la Fondazione Gimbe rielaborando i dati dell’Istat, ogni marchigiano spende 638 euro (anno 2023) per curarsi, si deduce come sempre più marchigiani siano costretti a rinunciare a curarsi: sono stati il 9,7% contro la media nazionale del 7,6% – terza regione dopo Sardegna e Lazio – e, analizzando la media regionale, emerge che il 7,8% sono uomini e l’11,6% sono donne. Quest’ultimo dato non è un dettaglio da poco, ma il risultato di una condizione della donna che prima per via del gap salariale e poi quello pensionistico la pone in una situazione reddituale svantaggiata che la accompagna durante tutto il corso della vita».

Le strutture socio sanitarie

Costi che aumentano anche per i pazienti delle strutture sociosanitarie. «Il fondo di solidarietà con il quale i Comuni sostenevano il pagamento delle rette dei cittadini meno abbienti è stato azzerato – attacca Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche – Con le scelte di bilancio che la Regione ha adottato vengono meno i sostegni economici destinati a un’utenza sempre più fragile, sempre più bisognosa di solidarietà e sempre più povera. La Uil aveva, invece, chiesto all’assessore regionale Saltamartini di incrementare le risorse e di allargare la platea del fondo, rappresentata inizialmente da disabili e psichiatrici, anche agli anziani non autosufficienti. L’assessore aveva assunto nel tempo precisi intendimenti – prosegue Mazzucchelli sulla sanità – ma quel che rimane è soltanto un’utenza che fa sempre più difficoltà a sopravvivere e a cui era necessario rivolgere una maggiore attenzione da parte del potere politico regionale».

Il nodo dei costi nella sanità.

Nel frattempo con apposita delibera, la giunta ha autorizzato l’aumento delle rette nelle strutture per disabili, ponendo a carico della regione 465.000 euro a copertura del maggior costo per gli utenti, ma limitatamente al 2024 e con risorse del bilancio 2025. «Ciò significa che dall’anno in corso gli ospiti di queste strutture devono farsi carico di quest’ultimo aumento – sottolinea Carlo Santini delegato sanità per la Uil confederale Marche  – oltre che dell’importo previsto in compartecipazione dai Comuni e finanziato con il fondo di solidarietà che però, appunto, è stato depennato dal bilancio regionale». 

Le critiche

«Si introduce invece una misura a favore degli anziani non autosufficienti indigenti di 4 milioni di euro per il triennio 24/27 – concludono dalla Uil Marche  – che riusciranno quindi a garantire una elemosina riservata a pochissimi, mentre in questi anni la Regione non ha mancato di soddisfare le richieste economiche provenienti dagli enti gestori delle residenze per anziani, che perennemente stentano a far quadrare il proprio bilancio nonostante gli interventi regionali che si susseguono periodicamente nel tempo».

Povertà in Italia. Caritas: aumenta il numero delle persone aiutate, otre 3,5 milioni di interventi

Cresce il numero delle persone accompagnate e aiutate dalle Caritas diocesane italiane. Quelli presentati da Caritas italiana non sono solo “numeri”, sono soprattutto 269.689 volti di poveri, che a loro volta rappresentano altrettante famiglie, dato che la presa in carico risponde sempre alle esigenze dell’interno il nucleo familiare. Questa la sintesi delle informazioni provenienti da 3.124 Centri di ascolto e servizi delle Caritas diocesane (tra cui quella di Senigallia), dislocati in 206 diocesi in tutte le regioni italiane. Si tratta peraltro solo di quelli già in rete con la raccolta dati, dal momento che i servizi e le opere sui territori sono in realtà molti di più. Ne emerge una fotografia drammatica che chiama all’impegno di tutti.
Dal Report risulta che nel 2023 cala la quota dei nuovi poveri ascoltati, che passa dal 45,3% al 41%. Crescono invece le persone con povertà “intermittenti” e croniche, riguardanti in particolare quei nuclei che oscillano tra il “dentro-fuori” la condizione di bisogno o che permangono da lungo tempo in condizione di vulnerabilità: una persona su quattro è infatti accompagnata da una Caritas diocesana da 5 anni e più. Sembra quindi mantenersi uno zoccolo duro di povertà che si trascina di anno in anno senza particolari scossoni e che è dovuto a più fattori; il 55,4% dei beneficiari nel 2023 ha manifestato contemporaneamente due o più ambiti di bisogno.

Chi si rivolge alla Caritas? Si tratta di donne (51,5%) e uomini (48,5%), con un’età media che si attesta sui 47,2 anni (46 nel 2022). Cala l’incidenza delle persone straniere che si attesta sul 57,0% (dal 59,6%).
Alta invece l’incidenza delle persone con figli: due persone su tre (66,2%) dichiarano di essere genitori.
Oltre i due terzi delle persone in povertà, secondo i dati dei Centri di ascolto Caritas consultati, hanno livelli di istruzione bassi o molto bassi (67,3%), condizione che si unisce a una cronica fragilità occupazionale, in termini di disoccupazione (48,1%) e di “lavoro povero” (23%). Non è dunque solo la mancanza di un lavoro che spinge a chiedere aiuto: di fatto quasi un beneficiario su quattro è un lavoratore povero. Inoltre la percentuale dei percettori del Reddito di Cittadinanza, la misura di contrasto alla povertà sostituita oggi dall’Assegno di Inclusione, si attesta al 15,9%, dato in calo rispetto al 2022 e soprattutto al 2021: allora i beneficiari corrispondevano rispettivamente al 19,0% e al 22,3%.
In termini di risposte, le azioni della rete Caritas sono state numerose e diversificate. Complessivamente sono stati erogati oltre 3,5 milioni di interventi, una media di 13 interventi per ciascuna persona assistita (considerate anche le prestazioni di ascolto). In particolare: il 73,7% ha riguardato l’erogazione di beni e servizi materiali (distribuzione di viveri, accesso alle mense/empori, docce, ecc.); l’8,9% gli interventi di accoglienza, a lungo o breve termine; il 7,3% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 5,2% il sostegno socio-assistenziale; l’1,7% interventi sanitari.

L’arcivescovo di Gorizia e presidente di Caritas Italiana, Carlo Roberto Maria Redaelli, ha ribadito, in occasione della presentazione, l’importanza dell’“incontro con le persone bisognose per entrare in relazione, in ascolto per dare loro un aiuto”. “Vogliamo fare conoscere il nostro impegno per rispondere alle attese di tante persone, dei volontari e di chi firma l’8xmille alla Chiesa cattolica, di chi dà un sostegno e un aiuto ma anche ore e giorni per i poveri – ha aggiunto -. Il report non riguarda solo i centri di ascolto ma anche i vari servizi che Caritas offre ai territori come mense e dormitori e intende mettere in rete i propri dati con le altre realtà”. Ricordando il messaggio per la Giornata dei poveri di novembre, l’arcivescovo ha ribadito che “siamo chiamati a essere amici dei poveri”. “Amici, non solo persone che aiutato ma che entrano in relazione”. Il direttore di Caritas italiana, don Marco Pagniello, ha sostenuto che occorre puntare sulla “prevenzione” per “evitare che altre persone cadano nella povertà assoluta”. “Avevamo studiato il reddito di cittadinanza e avevamo detto che non era la risposta. Anche le proposte dell’attuale governo vanno ricalibrate. Occorre un reddito minimo per le persone”.

Filippo Passantino

Le Marche, terra di lavoro povero

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Foto da Pixabay

Le Marche, terra di lavoro certamente anche se non sempre ben retribuito, ma soprattutto incapace di reggere l’urto dell’inflazione. Lo testimonia una indagine dell’Ires Cgil Marche che ha elaborato i dati forniti dal ministero dell’economia e finanze (Mef) relativi alle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche per l’anno d’imposta 2022. Indagine da cui emerge che c’è stata la ripresa post covid (e forse si potrebbe dire anche “Ci credo, dopo uno stop prolungato del sistema paese…”) ma l’inflazione ha di fatto mangiato quell’incremento del reddito dei marchigiani.

La fotografia è impietosa: secondo la Cgil Marche ammontano a 24,9 miliardi di euro i redditi  dichiarati nel 2023 da 1,1 milioni di contribuenti marchigiani, con un valore medio di 22.413 euro. Rispetto all’anno precedente, il reddito medio complessivo per contribuente è aumentato di 1.067 euro (+ 5%), tuttavia questo risultato è stato di fatto neutralizzato da un’inflazione che nel 2022 si è attestata al 7,6% (NIC – media annua, ISTAT). Riassumendo, la conseguenza è stata “una perdita del potere di acquisto per contribuenti e famiglie”, come spiega Marco Amichetti,  Ires Cgil Marche.

Ma ci sono altri fattori che poi destano ancora preoccupazione, come se già non bastasse a spaventare i marchigiani: i redditi dichiarati sono inferiori sia alla media nazionale (23.633 euro) sia alla media delle regioni del Centro (24.403 euro). Il 37,9% dei contribuenti marchigiani dichiara un reddito inferiore ai 15.000 euro, percentuale che sale al 72,2% dei contribuenti marchigiani per quanto riguarda la fascia reddituale fino a 26.000 euro. Un fattore che può sembrare di forte ingiustizia sociale è il seguente: coloro che dichiarano redditi superiori a 120.000 euro rappresentano lo 0,8%, sono poco più di 9.130 unità ma hanno un reddito superiore rispetto a 270.000 contribuenti più poveri (con redditi inferiori a 10 mila euro, il 24,2%). 

A livello provinciale va leggermente meglio solo per la provincia di Ancona, dove si registra il reddito medio più elevato (l’unica sopra il livello nazionale), con 23.658 euro, seguita da Pesaro Urbino con 22.516 euro, Macerata con 22.078 euro, Ascoli Piceno con 21.303 euro. A Fermo si registra il valore più basso con 20.634 euro. 

Essenzialmente la lettura è questa: le Marche sono una regione con forti disparità nella distribuzione della ricchezza complessiva e sostanzialmente povera, in cui il reddito medio è molto basso. Quello da lavoro dipendente ammonta a 20.614 euro, sotto la media nazionale (22.284 euro) e del Centro (22.541 euro), anche se in lieve crescita (+726 euro, +3,7%); il reddito medio da lavoro autonomo ammonta a 61.508 euro, con un significativo aumento rispetto all’anno precedente (+4.121 euro, +7,2%). Il reddito medio da pensione risulta essere di 18.527 euro e osserva un aumento del 4,1% rispetto all’anno precedente.

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Fondazione Caritas Senigallia: l’impegno per aiutare chi è in difficoltà

Il centro d'ascolto e accoglienza della Caritas a Senigallia
Il centro d’ascolto e accoglienza della Caritas a Senigallia

Non è certo dei migliori il contesto socio-economico che l’Italia sta vivendo, con riflessi pesanti anche nel territorio diocesano di Senigallia e dintorni. Ma quali paracadute sono stati attivati per ridurre gli effetti di guerre, inflazione, crisi economiche e pandemie sulla popolazione più bisognosa? La realtà più importante è certamente la Caritas senigalliese, che da anni si occupa di accoglienza, ma che ormai ha aggiunto altre tipologie di interventi come gli aiuti legati alla casa (affitti e utenze) e alle spese sanitarie (medicine e visite mediche). Aiuti rivolti a tutti, italiani e non, come specificato dal direttore della fondazione Giovanni Bomprezzi.

Solo per fornire qualche numero: dal 1° gennaio al 30 ottobre 2023 sono state accolte 658 persone, passate attraverso le varie strutture come il centro di ascolto e solidarietà (in FOTO), casa Stella e casa San Benedetto, ma anche nei circa 50 appartamenti diffusi in tutto il territorio diocesano che va da Arcevia a Senigallia e da Mondolfo a Chiaravalle. «Se facessimo una fotografia oggi del dato relativo all’accoglienza, vedremmo che stiamo ospitando 231 persone, e posso assicurare che non sono poche» ha detto Bomprezzi.

Un impegno degno del massimo rispetto quello di una “piccola” Diocesi come quella senigalliese. «C’è una bellissima risposta che tutti insieme stiamo dando per far fronte alle varie emergenze». Solo al centro di solidarietà dove c’è la pronta accoglienza per quanti non hanno un rifugio dove stare l’anno scorso sono state ospitate…

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Guerre e inflazione: la popolazione italiana è sempre più povera

Prima la pandemia legata al covid che ha – oltre alle migliaia di vittime – anche impoverito tutto il sistema produttivo italiano. Poi la guerra in Ucraina, e anche lì vittime (ancora oggi, gennaio 2024) da cui è anche nata la crisi del gas e dell’energia che ha fatto scoppiare le bollette. A seguire l’inflazione determinata da un generalizzato aumento dei prezzi di vari beni alimentari, dei carburanti e dei mutui; infine l’altra guerra, quella su Gaza. Sono tra le voci degli ultimi anni che sono state avvertite maggiormente dalla popolazione italiana, oggi sempre più povera e alle prese con difficoltà economiche che poi si ripercuotono anche a livello sociale.

E’ quanto emerge dal report presentato recentemente dalla Caritas italiana, dove sono stati sottolineati due dati in particolare: la difficoltà ad arrivare a fine mese di molte famiglie pur in presenza di reddito e il 10% delle persone che vive in situazioni di povertà. Fenomeni che purtroppo investono anche il territorio diocesano senigalliese, come spiega il direttore della fondazione Caritas di Senigallia Giovanni Bomprezzi, dove sono aumentate di molto gli aiuti legati alla casa (affitti e utenze) e alle spese sanitarie (medicine e visite mediche).

Ai centri di ascolto distribuiti nel territorio diocesano arrivano le domande di aiuto di tante famiglie nuove e molti nuclei sono italiani: se c’è una cosa che il covid ci ha “regalato” è il fatto di…

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Piano freddo provinciale 2023/2024, le azioni degli ambiti territoriali contro la povertà

Da lunedì 18 dicembre 2023 al 28 febbraio 2024 sarà attivato il Piano freddo provinciale 2023/2024.
Come ogni anno, dal 2018, il documento è stato concertato e condiviso nell’ambito del Tavolo provinciale per il Contrasto alla povertà estrema, coordinato dall’ASP AMBITO 9, che vede la partecipazione e la collaborazione dei sei Ambiti Territoriali Sociali della Provincia di Ancona e delle strutture di accoglienza e associazioni di volontariato della provincia. Il Piano Freddo nasce dalla volontà di tutte gli organismi coinvolti di unirsi per dare riparo al maggior numero di persone senza dimora che transitano nella provincia, assicurando loro un tetto nel periodo di maggior freddo e il soddisfacimento dei bisogni primari. Si tratta di posti in più per dare riparo alle persone senza dimora nel periodo di maggior freddo.

I posti straordinari previsti per questo inverno nella provincia sono 35 (due in meno rispetto allo scorso inverno) che si aggiungono ai 60 posti già attivi in via ordinaria (4 in più rispetto allo scorso anno).

Per tutto il periodo del piano freddo sarà attivo un servizio di collegamento che da quest’anno sarà gestito dal Pronto Intervento Sociale Provinciale, operativo da novembre scorso, costituito dall’accordo tra i sei ambiti della provincia e gestito in co-progettazione dalle Caritas della provincia. L’operatore di collegamento sarà il punto di riferimento per le strutture della provincia per far sì che tutti i posti disponibili vengano tempestivamente occupati e per fronteggiare eventuali situazioni di emergenza freddo, attivando ulteriori risorse attraverso l’accoglienza alberghiera.

Hanno collaborato alla realizzazione del Piano freddo provinciale 2023/2024:
Centro Solidarietà Caritas “Don Luigi Palazzolo” – Senigallia
ATS 8 – Unione dei Comuni “Le Terre della Marca Senone”
ASP AMBITO 9 Jesi – Ente capofila
ATS 10 – Unione Montana Esino Frasassi
ATS 11 – Comune di Ancona
ATS 12 – Comune di Falconara
ATS 13 – Comune di Osimo
Struttura Alberghiera convenzionata con il Comune di Ancona
Casa delle Genti – Fondazione Centro Servizi Caritas Jesina “P. Oscar” –
Tenda di Abramo – Tenda di Abramo ODV – Falconara Marittima
Unità di Strada “RìBò” – Falconara Marittima
Parrocchie di Falconara Marittima
Centro Accoglienza “San Benedetto” – San Vincenzo De Paoli – Fabriano
Istituto Elena Guerra Suore Oblate dello Spirito Santo – Offagna

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Nella legge di bilancio i più fragili sono assenti. Intervista a Vanessa Pallucchi, Terzo Settore.

Mancano le misure strutturali che i servizi socio-assistenziali avrebbero bisogno per affrontare il problema della povertà emergente nel Paese. A dirlo è la portavoce del Forum Terzo Settore, Vanessa Pallucchi (nella foto) a proposito della legge di bilancio. La portavoce commenta la manovra e illustra le proposte per affrontare i temi più caldi, come povertà e diritti essenziali, che saranno oggetto di un incontro nei prossimi giorni con la vice ministra del Lavoro e Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci.

Il Forum giudica insufficiente l’attenzione rivolta al sociale da parte della legge di bilancio. In particolare lamentate l’assenza di misure strutturali per ridurre le disuguaglianze.
L’attenzione è insufficiente perché non vengono fatte proposte strutturali verso la qualità dei servizi sociali diffusi e al reddito delle persone. Ciò che abbiamo visto è la tendenza a fare delle misure finalizzate ad alcuni target, come ad esempio la card alimentare, in riferimento a una platea ristretta. Si potrebbe investire invece la stessa quantità di risorse per misure che vanno a integrare la fetta di popolazione che avrebbe diritto d’accesso al reddito di dignità, quindi una misura base che dà però autonomia alle persone. In generale, c’è disattenzione e non si mettono in piedi virtuosismi che alle casse dello Stato peserebbero poco ma che avrebbero una ricaduta sociale importante.

Come Forum avete fatto delle proposte contro la povertà, in particolare, realizzate insieme alla Alleanza contro la povertà.
Le proposte prevedono ad esempio la reintroduzione della soglia reddituale per coloro che hanno un contratto di locazione a 9360 euro. Ciò comporterebbe un costo annuale aggiuntivo di 150milioni di euro che per una manovra non è una cifra impossibile ma che riguarderebbe quasi 150mila nuclei familiari che vivono in condizioni di difficoltà di accesso a un diritto come la casa. Altra proposta riguarda i vincoli che vengono messi alle famiglie beneficiarie delle riduzioni, fra queste vi sono molte famiglie straniere che secondo la norma devono essere residenti in Italia da più di cinque anni, una platea che invece andrebbe sostenuta per incoraggiare anche la natalità. Le altre proposte vanno dal sostegno reddituale alle agevolazioni per la casa e i servizi socio assistenziali. Non dimentichiamo che nella soglia di povertà stanno entrando anche i salariati e che le persone a basso reddito subiscono le maggiori conseguenze della diminuzione dei diritti, come ad esempio casa o scuola.
Mancano inoltre all’appello i fondi per a riforma sugli anziani non autosufficienti e la legge delega sulla disabilità. Senza i soldi si rischia di non attuare le leggi?
Per la disabilità, in particolare, sono stati deviati dei fondi mentre andrebbe creato un fondo per dare modo alle persone con disabilità di poter attivare i servizi che sono necessari. Le due norme sono incardinate nel Pnrr, sono riforme strategiche perché l’Europa ha guardato molto all’erogazione di questi fondi al fine di riequilibrare le diseguaglianze. Abbiamo fatto due riforme che poi non vengono finanziate e senza l’intervento dello Stato, gli enti locali non hanno capacità di attuarle. Inoltre portano avanti due filosofie diverse, in cui i servizi si incrementano, si integra il socio-sanitario. Ciò ha come conseguenza tante operazioni che andrebbero a riattivare un sistema di diritto e supporto per le famiglie che hanno difficoltà nella cura degli anziani.

Lamentate anche il fatto che per l’individuazione dei Lep, i Livelli essenziali di prestazione, i lavori del comitato scientifico creato ad hoc non siano ancora conclusi.
La definizione sta alla base dell’attuazione dei Lep. Non dimentichiamo infatti che per l’attuazione dell’autonomia differenziata la definizione dei Livelli è necessaria per evitare che emergano maggiori disuguaglianze a livello locale. Quando la legge di bilancio sarà definitiva e approvata andremo a misurare quanto i provvedimenti andranno a incidere sulla popolazione che vive in condizioni di debolezza e fragilità.
Come Forum avete avuto modo di parlare con le istituzioni delle vostre proposte?
Abbiamo scritto al viceministro Bellucci che ci ha fissato un appuntamento ai primi di novembre per discutere delle nostre proposte.

a cura di Elisabetta Gramolini

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Reddito di cittadinanza, oltre 1600 famiglie raggiunte dalla comunicazione di sospensione (via sms)

Reddito di cittadinanza

Reddito di cittadinanza, addio. Partirà nei primi giorni di settembre la nuova piattaforma Inps per creare quel tanto ricercato incontro tra domanda e offerta di lavoro per i cittadini ritenuti occupabili e per questo privati dalla precedente misura di sostegno. Cittadini in condizioni comunque di fragilità e non sono pochi quelli che si sono rivolti agli sportelli della Uil per chiedere lumi.

Secondo i dati dell’Inps sono 1.681 i nuclei familiari che hanno ricevuto l’sms che comunicava loro la sospensione del reddito di cittadinanza. Rappresentano il 13% su un totale di 12.912 nuclei che percepivano un assegno medio di 523,89 euro.

«Dal 1° gennaio 2024, i nuclei al cui interno sono presenti persone disabili, minorenni, o con almeno sessant’anni d’età, ovvero componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione, saranno potenzialmente destinatari dell’Assegno di inclusione (ADI), nuova misura di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale» spiegano dal Caf Uil.

Per tutti i nuclei percettori di reddito di cittadinanza al cui interno sono presenti: minori, over 60, disabili o in carico presso i servizi sociali sarà erogato il reddito di cittadinanza fino al 31.12.2023 per poi poter confluire dall’1.1.2024 nella nuova misura Assegno di Inclusione.
E i cosiddetti “occupabili”? Una volta registrati i cittadini tra i 18 e i 59 anni dovranno frequentare percorsi di formazione o altri percorsi lavorativi e per la loro durata riceveranno 350 euro mensili. Anche se componenti dello stesso nucleo familiare.

«Povertà e lavoro rispettivamente non si debellano o creano con un decreto. Servono – spiega Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche – provvedimenti di contrasto alla povertà realmente efficaci ed universali ma anche serie politiche attive del lavoro in stretta connessione con l’idea di sviluppo del paese. Nell’immediato non si può lasciare i Comuni da soli a far fronte al disagio sociale, determinato dalla perdita del reddito di cittadinanza, sovraccaricando i servizi sociali a cui mancano risorse e personale. Le persone devono essere accompagnate verso una prospettiva diversa e non lasciate semplicemente senza di alcun tipo di sostegno, alla ricerca di risposte da parte delle Amministrazioni. Ciò oltre ad essere eticamente sbagliato rischia di far esplodere una bomba sociale».

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Più persone (+12%) bussano ai centri della Caritas: più poveri in Italia

Si allungano le file dei poveri alla Caritas, in maggioranza donne, mentre crescono i lavoratori sottopagati che non riescono ad arrivare a fine mese per il caro affitti e i rincari delle bollette. Nel 2022 gli indigenti che bussano alle parrocchie o nei centri diocesani sono cresciuti del 12,5% rispetto all’anno precedente proseguendo una tendenza preoccupante, come rivela il report statistico di Caritas italiana presentato martedì 27 giugno 2023, a Roma, insieme al bilancio sociale.

Per la prima volta l’organismo pastorale della Cei anticipa i dati dei 2.855 centri di ascolto e servizi Caritas diocesani e parrocchiali in rete con la raccolta dati (in tutto sono 3.600 dislocati in 205 diocesi). E le antenne della chiesa italiana sul territorio offrono un prezioso spaccato sui volti di povertà del nostro tempo, integrando i dati ufficiali. «Abbiamo deciso di anticipare te tendenze, che verranno poi inserite nel tradizionale rapporto per la giornata mondiale di lotta alla povertà del 17 ottobre», spiega il direttore don Marco Pagniello.

Nel 2022 sono state aiutate dalle Caritas 256 mila persone. Oltre la metà, il 51,9%, vive al Nord, il 27 nel Centro e il 21,1% al Sud. Non si tratta solo di nuovi poveri: quasi il 30% delle persone è infatti accompagnato dalla rete Caritas più di cinque anni. L’età media è 46 anni, a chiedere aiuto sono più donne (52,1%) che uomini (47,9%). In media sono state ascoltate 89 persone per ogni centro. Sono stati complessivamente erogati 3,4 milioni di aiuti e interventi, una media di 13,5 prestazioni a persona (ascolto, orientamento, erogazione beni materiali, accesso alle mense, accesso agli empori, prestazioni sanitarie). In risposta all’ondata di profughi ucraini, 21.930 sono stati supportati dalla rete Caritas.

a cura di L.M.

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Marche: crescono i redditi ma anche le disuguaglianze

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Foto da Pixabay

Nelle Marche si è più ricchi di mille euro ciascuno in un anno. Nel 2022 dalle dichiarazioni dei redditi fatte da 1,1 milioni di contribuenti marchigiani, con un valore medio di 21.345 euro, emerge che rispetto all’anno precedente il reddito medio per contribuente è aumentato di 981 euro. Praticamente un incremento del 4,8%. Forse una buona notizia per qualcuno dopo gli anni della pandemia che hanno visto abbassarsi redditi e patrimoni per far fronte alla crisi che ha investito il mondo, ma di certo non è la ripresa che ci si aspettava.

I redditi dichiarati dai marchigiani sono inferiori sia alla media nazionale (22.520 euro)  sia alla media delle regioni del centro (23.242 euro). Nella graduatoria delle regioni italiane, le Marche si collocano all’11° posto dopo la Toscana. I dati sui redditi 2021 sono stati resi noti dal ministero dell’economia e finanze, ed elaborati dall’IRES CGIL Marche.

Rimangono però tanti problemi nelle Marche a cui quei quasi mille euro in più in un anno non riescono a far fronte nemmeno da distante. Innanzitutto il 40,4% dei contribuenti marchigiani dichiara un reddito inferiore a 15.000 euro; nella fascia fino a 26.000 euro di reddito dichiarato si colloca il 74,5% dei contribuenti marchigiani a cui corrisponde il 46,7% del reddito complessivamente dichiarato della regione. Non una ricchezza diffusa, ma una povertà dilagante. Lo 0,7% dei contribuenti più ricchi (7.700 contribuenti con reddito individuale superiore a 120 mila euro) detiene un monte reddito addirittura più elevato rispetto al 25,9% dei contribuenti più poveri (285.382 contribuenti con reddito individuale inferiore a 10 mila euro).

In secondo luogo, anche tra le cinque province ci sono forti disparità: Ancona regge e registra il reddito medio più elevato (22.649 euro), mentre Fermo osserva il valore più basso (19.358 euro). Tra i Comuni, quello con il reddito medio più elevato è Numana, con 26.073 euro, mentre quello che registra il valore più basso è Monte Grimano Terme (14.682 euro).

Se poi guardiamo alle categorie, i lavoratori dipendenti hanno un reddito medio di 19.888 euro e contribuiscono per il 51,2% dei redditi complessivamente dichiarati. Anche in questo caso il valore si attesta al di sotto della media nazionale (21.497 euro) e del centro Italia (21.734 euro). Inoltre, le Marche sono una tra le regioni con il più ampio divario tra reddito da lavoro dipendente e reddito medio (-6,8%): ulteriore segnale della fragilità dei salari.
Il reddito medio da lavoro autonomo ammonta a 57.386 euro, tipologia che fa registrare un significativo aumento rispetto all’anno precedente (+8.060 euro, +16,3%). Il reddito medio da pensione risulta essere di 17.790 euro e osserva un aumento dell’1,9% rispetto al 2020.

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