La primavera porta con sé, come sempre, un’intensificazione dell’attività nei cantieri. Ma qual è la situazione in quelli già aperti a Senigallia? La risposta l’ha fornita il sindaco Massimo Olivetti, rispondendo ad alcune domande nell’intervista a “Venti minuti da Leone” andata in onda nei giorni scorsi su Radio Duomo Senigallia (95.2 fm). Se l’audio è disponibile a questo link – il primo cittadino fa il punto anche su ponte Garibaldi, piscine, elezioni e turismo – noi ci concentriamo oggi sui lavori pubblici.
Una buona notizia è che è stata aperta al traffico la parte di viale Anita Garibaldi in cui da mesi si stava prolungando il cantiere. Con la fine dell’intervento – manca solo la piantumazione delle essenze vegetative – il quartiere può finalmente riappropriarsi di un importante viale che collega l’area di via Capanna e delle scuole con la zona Portone, il centro e la statale 16. Concluso anche l’ampliamento di strada alla Passera, dopo quanto fatto per il parcheggio della frazione, il che agevolerà l’immissione nella via, riducendo il rischio in quell’incrocio già teatro di numerosi incidenti.
Mentre ancora il cantiere in viale Leopardi/viale IV Novembre non accenna a spostarsi verso la rotatoria con la statale, si avvicina invece a conclusione invece la realizzazione della rotatoria tra strada della Marina e la statale Adriatica nord, zona Cesanella/Cesano: il cantiere è in fase di sistemazione delle zone verdi a lato della carreggiata e dell’illuminazione pubblica. Asfaltatura già completata in quel punto, il bitume per rifare il manto stradale verrà distribuito anche in altre vie su tutto il territorio comunale, per un importo di circa 600 mila euro.
Se per via Mattei non è ancora stato previsto nulla se non il rattoppo di alcune buche, discorso a parte merita via Verdi, dove la situazione è leggermente migliore anche se comunque necessita di manutenzione. E’ in fase di approvazione il progetto di sistemazione, l’amministrazione comunale sta aspettando la parte tecnica.
Tralasciando le strade, passiamo ai lavori pubblici sugli edifici. E’ praticamente terminata la sistemazione di palazzo Bonopera che si affaccia sull’omonimo viale e sulla stazione Fs. Al piano terra verrà sistemato l’ufficio turismo mentre l’ufficio cultura andrà al piano di sopra, di fatto realizzando un polo unico con la biblioteca comunale Antonelliana. Dunque verrà sgomberato palazzo Ferroni Frati, l’ex tribunale in via Fratelli Bandiera, anche se ancora non c’è una data.
Stanno andando avanti celermente anche gli interventi all’ex collegio Pio IX in piazza Garibaldi: qui avranno sede le varie associazioni che già vi svolgevano la loro attività, promette il sindaco Olivetti. Per il secondo piano, invece c’è la proposta di una sorta di edilizia sociale per anziani.
Agli sgoccioli la questione con la soprintendenza per quanto riguarda palazzo Gherardi: lo storico albergo Roma, poi sede del liceo classico Perticari che oggi versa in stato di semi abbandono, dovrà essere riqualificato con i fondi Pinqua già stanziati e che sono quasi a rischio di restituzione se non si sblocca la situazione per l’esproprio di alcuni locali che serviranno per poter installare un ascensore e abbattere quindi le barriere architettoniche. Nascerà un polo museale, ma i lavori non partiranno prima del 2026 con tutta probabilità.
Capitolo a parte merita invece l’edilizia scolastica. Procede spedito anche il cantiere in zona Saline per la nuova scuola secondaria di primo grado (medie) Marchetti e per l’infanzia Aquilone. Per l’autunno, confida il sindaco, dovrebbe esserci l’inaugurazione. Gettate le fondamenta per il nuovo polo 0-6 anni a largo Michelangelo, zona Cesanella, che quindi sembra ancora lontana dalla sua conclusione dopo lo stop per la bonifica milionaria. Lavori ripresi ma ancora i tempi son lunghi anche per l’ala est della Puccini, con un rifacimento ex novo della struttura dichiarata inagibile.
Amministrazione in trepidante attesa anche dell’escavo dell’avamporto. Un intervento che si sarebbe dovuto fare molto tempo fa dato il pescaggio ridotto. Si sta premendo sull’acceleratore in vista della stagione turistica per poter far accedere le imbarcazioni dei turisti. «Cercheremo di farlo il prima possibile, perché abbiamo necessità di renderlo più utilizzabile» le parole del sindaco. Sempre legato al turismo e alla fruizione della spiaggia è in corso l’operazione di vagliatura della sabbia dai detriti portati dalle mareggiate. I grossi cumuli sono ancora ben visibili sia a nord che a sud del porto, nonostante la stagione sia ufficialmente già iniziata il primo maggio.
Da giorni, dopo l’annuncio del ricorso al Tar contro questo progetto di ponte Garibaldi, si parla di possibile restituzione dei soldi che gli alluvionati hanno ricevuto come primo e parziale indennizzo per i danni subiti. Non sembrano essere bastate le rassicurazioni di quanti hanno fatto ricorso: l’accusa lanciata inizialmente dal vicecommissario Babini, a cui hanno replicato le associazioni di Senigallia, e poi ripresa da altri esponenti politici continua a fare il giro della città. Anche l’ex sindaco Maurizio Mangialardi è voluto intervenire, definendo «vergognosa la strumentalizzazione delle paure», un «terrorismo ingiustificabile e ingiustificato».
«Olivetti e Acquaroli dovrebbero al contrario rassicurare i cittadini dicendo la verità, ovvero che nessuno dovrà restituire nulla – spiega ancora Mangialardi – e che se gli alluvionati non hanno ancora ricevuto quanto spetta loro è per i ritardi della “filiera”, non certo per un ricorso al Tar su ponte Garibaldi. Ancora ad oggi molti alluvionati sono costretti a vivere in albergo senza poter tornare nelle proprie case. Cittadini e imprese (diversamente da quanto accade in Emilia Romagna) non avranno il 100% dei ristori, ma solo una parte, per una scelta consapevole e precisa del governo nazionale e giunta regionale. Le infrastrutture su tutta la vallata da Arcevia fino a Senigallia non sono ancora state ripristinate, con interventi a macchia di leopardo, senza alcuna coerenza, e in forte ritardo. Tutta colpa del ricorso al TAR?».
Maurizio Mangialardi
Ma l’ex primo cittadino di Senigallia, attuale vicepresidente dell’assemblea legislativa regionale delle Marche va anche oltre. In particolare, oltre a sottolineare di non aver mai presentato ricorsi o esposti, ritiene «ingiusto e ingeneroso incolpare le associazioni ambientaliste. Al contrario, è proprio il fatto che ci siano ricorsi a rappresentare in modo plastico (purtroppo) il fallimento della politica, dovuto all’incapacità di ascoltare e intessere qualsiasi tipo di dialogo da parte del sindaco Olivetti e del presidente e commissario Acquaroli».
In sintesi: tutta colpa della mancata capacità o volontà della politica di ascoltare la città – quasi diecimila firme raccolte significano un quarto di città mica bruscolini – se siamo arrivati al ricorso contro un «indifendibile progetto di obbrobrioso ponte autostradale». «Escludendo ogni possibilità di modifica, andando avanti per la loro strada senza interloquire con nessuno, avendo liquidato in modo brutale le associazioni e i cittadini, non ci si può stupire adesso se qualcuno ha deciso di ricorrere al TAR» conclude Mangialardi che accusa Olivetti e Acquaroli di aver sbattuto «la porta in faccia» a cittadini e associazioni.
Ancora polemiche per il piano antenne approvato dal comune di Senigallia. Dopo alcune esternazioni da parte del comitato Senigallia Facciamo Eco, che muove accuse ben precise all’amministrazione comunale guidata dal sindaco Massimo Olivetti, abbiamo deciso di parlarne con il diretto interessato, il primo cittadino che è intervenuto ai microfoni di Radio Duomo Senigallia. Per chi volesse, oltre al testo, è disponibile grazie al lettore multimediale anche l’audio integrale dell’intervista.
Partiamo dalle contestazioni, qui solo riassunte, meglio spiegate però nel file audio che accompagna l’articolo. Dalla questione della trasparenza relativamente al piano antenne si passa alla questione paesaggistica, con l’esempio della collina del Cavallo; dalla problematica relativa alla salute delle persone nei pressi dei ripetitori e quindi dalla questione delle onde elettromagnetiche alle autorizzazioni per l’installazione sul territorio comunale delle infrastrutture, per concludere con le leggi nazionali che impongono standard, opportunità e limitazioni all’azione delle imprese e degli enti pubblici.
Sindaco Massimo Olivetti, quindi c’è il rischio di un’antenna ‘selvaggia’ a Senigallia? No, devo dire che mi dispiace perché oramai l’abbiamo scritto in ogni salsa, la normativa nazionale ed europea che è entrata in vigore da alcuni anni prevede che il comune debba fare, possa fare un piano antenne per individuare i luoghi di proprietà comunale dove mettere le antenne. Se questo non avviene il gestore può mettere le antenne dove vuole, senza ascoltare il parere del comune, quindi veramente lì potevano venire fuori mille antenne, in qualunque posto, perché bastava che un privato dava la loro proprietà e il comune non avrebbe avuto parola, questo è successo con l’antenna del Cavallo. Sono arrivati, hanno posto l’antenna, hanno fatto un accordo con il privato e hanno tirato su l’alto palo. Con questo piano delle antenne noi abbiamo individuato dei luoghi dove saranno possibili insistere, mettere questi pali – peraltro non è vero che ci siano 1500 antenne, ma saranno molto più limitate – nelle quali e sono di proprietà comunali poste lì non potranno essere poste altrove nel nostro territorio, avranno una forte limitazione, è una semplice pianificazione di quelle che sono le aree, evidentemente possono essere solo aree comunali.
Che altro poteva fare il comune? L’alternativa è sempre la solita, il comune poteva non fare niente e quindi lasciare veramente all’antenna selvaggia quello che era, il lavoro che è stato svolto a parte dei tecnici incaricati per fare questo processo, per fare questa individuazione è durato circa due anni, all’interno del quale per la prima volta noi abbiamo fatto un’analisi, abbiamo demandato la parte che è costata di più, la parte che ha approfondito di più e la parte relativa all’esposizione che la cittadinanza ha in relazione alla presenza delle antenne. Se voi andate a vedere nel 2019 era stata posta un’antenna, ma anche dal 2017 sono state poste antenne in qualunque posto, se voi vi mettete davanti al foro annonario, vedrete lì dietro una bellissima antenna che è messa dietro uno dei maggiori monumenti, ho fatto il caso della Rotonda, se andate davanti alla Rotonda, girate gli occhi dietro le vostre spalle e vedete come minimo 8 antenne e così via, tutto il territorio senigalliese. Se non avessimo messo questa situazione non avremmo individuato dei luoghi dove potranno essere poste queste antenne.
Ma quante saranno? Non saranno così numerose come è stato scritto, non so da dove prendono loro l’indicazione, è evidente che non esiste un sistema per impedire ai gestori di poter mettere antenne nel territorio comunale, esiste semplicemente invece un potere dei comuni di pianificare delle aree di proprietà comunale in cui il gestore è tenuto a metterle, non obbligato, ma semplicemente perché ha un costo inferiore rispetto a quello che potrebbe essere un privato, quindi un costo abbastanza irrisorio nell’ambito della postazione, questo è previsto da una normativa che arriva da parte dell’Europa ed è previsto da una normativa nazionale.
Questo canone annuo sarebbe di 800 Euro per le postazioni? Perché così basso? Il canone è fissato per legge in 800 Euro l’anno e una volta che arriva il soggetto uno dice guarda se vuoi mettili per 800 Euro l’anno ed è finalizzata la ratio della norma è finalizzata a dire le antenne possono essere poste solo in luoghi, non posso imporlo perché la normativa europea mi dice che siccome si tratta di un’infrastruttura superiore salta tutte le regole, è un criterio per il quale si allettano le società a mettere questi ripetitori in zone che sono individuate da parte del comune.
Quindi comunque rimane la possibilità per la società delle telecomunicazioni di installare una postazione, un’antenna in altra area però pagando un canone maggiore? Ovvio, questo rimane, però permette al comune di fare quella trattativa che in più di uno ci hanno detto che dovevamo fare, senza questo strumento non avremmo potuto farlo, non a caso è stato approvato da poco a Pesaro, sta partendo Fano, Jesi, le maggiori città lo stanno facendo un po’ tutte, perché altrimenti noi avremmo un discorso selvaggio. La norma che è stata prevista in Italia e ammessa in Europa è una norma che aggira il divieto da parte dei comuni o delle realtà territoriali di potersi opporre all’installazione di strutture così importanti, ma permette agli enti di poter individuare delle aree dove in teoria c’è una proposta migliore da un punto di vista economico per il soggetto che arriva in modo tale che le mette lì, se le mette lì non le può mettere da un’altra parte.
Soltanto pochi giorni fa avevamo intervistato il sindaco Massimo Olivetti sul tema della ricostruzione del ponte Garibaldi e sul consiglio grande. Ora è arrivata la doccia fredda per quanti, e sono tanti, chiedevano la modifica al progetto del cosiddetto ponte a “brugola”. Lo stesso primo cittadino sembrava che non fosse informato del fatto che fosse già pronto il progetto esecutivo. Adesso il progetto non solo esiste, ma si avvia ad essere quello definitivo, quello che verrà messo a bando, e quindi i margini di manovra per alcune modifiche, si fanno sempre più sottili. E non mancano i commenti. Come quello dell’ex sindaco Maurizio Mangialardi, oggi vicepresidente del Consiglio regionale, ed esponente di spicco del Partito Democratico marchigiano. L’intervista, andata in onda mercoledì 15 e giovedì 16 gennaio alle ore 13:10 e alle ore 20, ma con un’ulteriore replica domenica 19 a partire dalle 16:50, è disponibile anche in questo articolo grazie al lettore multimediale. Di seguito un testo con i punti principali dell’intervista.
Che cosa ha detto in aula l’assessore Aguzzi? Ho presentato l’ennesima interrogazione rispetto alla questione del ponte. L’assessore è stato lapidario, il progetto è pronto, ma non solo, è stato già consegnato ad Anas che lo ha girato alla ditta che dovrà procedere con i lavori, quindi la partita è assolutamente chiusa, non ci sono margini di discussione.
Questa situazione quando è che si è creata? Non è che si inventa un progetto esecutivo pronto per essere assaltato in tre giorni, quindi tutti sapevano tutto, sarebbe molto grave che il sindaco non sapesse lo stato di avanzamento della progettazione. Il fatto è abbastanza grave, bastava dire che il progetto non si tocca. Ora c’è poco da discutere, cosa gravissima invece perché il ponte è un mostro, è un ponte autostradale. Rispetto alla passerella provvisoria, quello che viene fuori è 5 volte più largo, almeno 2 volte più alto, con 100 metri di rampe, quindi un ponte dell’autostrada progettato da chi fa ponte autostradali e messo di fronte ai portici Ercolani, forse nessuno ancora si rende conto che cosa sia!
L’assessore Aguzzi ha affermato (LEGGI LE SUE DICHIARAZIONI) che sarà un ponte molto poco impattante e addirittura ha parlato di strumentalizzazioni politiche per quanto riguarda le 9 mila firme raccolte, cosa ne pensa? Dico che è un atto di protervia, ha anche di disprezzo. Lo chiedo ai cittadini che sono in ascolto, chi ha visto il progetto davvero? Nessuno! Chi ne ha discusso? Nessuno! Chi ha avuto da un render l’idea di quello che possa venire fuori e che l’ha approfondito si è preoccupato, compreso il sottoscritto, penso ai gruppi consiliari che sono tutti, penso che siano compresi anche quelli di maggioranza che hanno delle grandi perplessità. All’interno del cuore della città storica non può esserci un ponte autostradale. Questo è il tema. Allora io dico: se non si può fare diversamente, meglio non farlo. Oppure facciamo un ponte pedociclabile che non ha quel tipo di impatto e attendiamo le vasche di espansione perché sono il vero elemento che mette in sicurezza la città di Senigallia, non certo quel mostro messo lì.
C’era anche chi chiedeva di uniformare i progetti di ponte Garibaldi e ponte degli Angeli, che cosa ne pensa di questo? Sul ponte degli Angeli, intitolato così dal sindaco Olivetti, non c’è nessun provvedimento: c’è un approfondimento giuridico, anche processuale. Ma uniformare cosa vuol dire? Dobbiamo parlare anche del ponte Portone, del ponte della Statale, del ponte della Ferrovia. Certo che sono oggetto indispensabile di ragionamento, perché ancora hanno le pile in atto soprattutto gli ultimi due, però oggi c’è una contingenza che è la realizzazione del ponte Garibaldi. Così non si può fare per renderlo compatibile con la città, allor abisogna non farlo.
Quale il ruolo dell’amministrazione comunale della giunta Olivetti: si è comportata da portatrice di interessi della collettività della città nei confronti della regione e della struttura commissariale, oppure ha perso l’occasione di in qualche modo tutelarli? Chi governa ha l’obbligo di assumersi le responsabilità, tutte, che incidono nella propria città, non si può dire che siccome ci sono i soldi, lo progetta la regione, meglio di così non si può fare e allora va bene tutto, perché le cose non stanno in questi termini. Se fosse stato condiviso, se ci fosse stato ascolto, se fosse stata chiesta la progettazione a tecnici che non fanno solo ponti autostradali, ma che pensano a interventi cittadini, forse qualcuno ci avrebbe detto che quella cosa lì è un’aberrazione. Invece con il metodo “io non posso fare nulla, così è”, stiamo devastando la città, quella cosa rimane lì per i prossimi 100 anni. Di fronte ai portici Ercolani quella cosa non ci può stare, almeno che i cittadini siano consapevoli di questo. Sicuramente non per far passare i tir davanti ai portici. Sono convinto che ancora i cittadini non abbiano capito bene che cosa verrà realizzato in quel punto.
Lo scorso 9 gennaio s’è tenuto il consiglio comunale convocato per discutere della proposta di indire un consiglio grande sul futuro di ponte Garibaldi, con il suo progetto che tante critiche sta sollevando. La richiesta è arrivata dalla minoranza consiliare, che si è fatta portavoce di un interesse della collettività, ed è stata approvata dopo un lungo dibattito, durato oltre cinque ore. Fortunatamente per la politica, si è concluso con un voto unanime. Dibattito che potete in parte riascoltare attraverso le parole del capogruppo del Partito Democratico Dario Romano e del sindaco di Senigallia Massimo Olivetti con i quali abbiamo ripercorso un po’ la questione. L’intervista è disponibile nel file audio che accompagna questo articolo: basterà cliccare sul tasto riproduci del lettore multimediale.
Dario Romano
Dario Romano, com’è andato il dibattito sul consiglio grande che si è svolto a Senigallia? Si è svolto in un clima sicuramente molto costruttivo, perché alla fine si è arrivati a un risultato all’unanimità. Devo dire che è stato un consiglio che è durato parecchio, è durato anche più del consiglio legato al bilancio, perché il tema era molto sentito, c’è stata una discussione su diversi punti con la maggioranza, ma dopo circa cinque ore e mezzo di consiglio comunale siamo riusciti a trovare una sintesi.
Da ex presidente del consiglio può sicuramente spiegare che tipo di strumento partecipativo è il consiglio grande: chi vi partecipa? E’ uno strumento di democrazia partecipativa che connette di fatto i rappresentanti istituzionali al tessuto della città, prevedendo quindi gli interventi in questa sede, oltre che dei relatori coinvolti, quindi in questo caso noi ci auguriamo che venga il commissario Acquaroli e il vice commissario Babini per relazionare su quello che sta avvenendo su ponte Garibaldi, ma oltre queste relazioni noi ci aspettiamo una grande partecipazione da parte del tessuto associativo, delle categorie, delle associazioni e di tutti coloro che portano, questo lo recita lo statuto, interessi diffusi nelle materie di competenza.
Cosa vuol dire? Che ci sono delle associazioni, comitati o altri gruppi che possono essere costituiti per uno scopo preciso, in questo caso su ponte Garibaldi, che si interessano della questione e si interfacciano con l’amministrazione pubblica. Ad oggi, per quanto è previsto dallo statuto, non sarebbero previsti interventi di cittadini singoli, ma citando appunto il mio precedente ruolo da presidente del consiglio, nella conferenza dei capigruppo, quando decidevamo poi chi far partecipare, chi intervenire, io mi sono sempre prodigato e impegnato affinché anche i cittadini singoli, qualora avessero voluto dare un proprio contributo, lo potevano dare o in forma scritta oppure addirittura intervenendo, quindi il tema è capire come ampliare la partecipazione senza ovviamente ingessare i lavori, perché è chiaro che un consiglio grande non può durare 15 ore, si deve risolvere anche questo in un giro di 4, 5, massimo 6 ore e comunque deve essere dato spazio a tutto il tessuto della città, per renderlo appunto partecipe delle decisioni che vengono prese.
Partiamo dalla reazione della maggioranza, che in primo luogo è stata innanzitutto fredda alla proposta. Dopo come si è comportata in aula, il dibattito è stato anche un po’ nervoso in certi momenti? Il dibattito è stato nervoso perché il tema ovviamente interessa a tutti ed è anche un segnale di attenzione, io lo vedo positivamente questo. All’inizio non c’è stata una reazione positiva, devo dire, perché gli emendamenti che sono stati presentati, al di là di quelli tecnici, cercavano di annacquare la proposta originaria, ossia uno degli emendamenti prevedeva che l’oggetto della delibera dell’ordine del giorno parlasse di ponte Garibaldi, ma anche delle alluvioni del 2014, del 2022 e di tutti i lavori fatti relativamente a questi due eventi alluvionali. Dell’alluvione del 2014 si è parlato parecchio, si è fatto un consiglio con un dibattito non contingentato, il mese dopo dell’alluvione, si sono fatte due commissioni di inchiesta, si è fatto un consiglio grande nel mandato successivo, nel 2018, allora questo emendamento proposto dalla maggioranza più che altro sembrava una provocazione per provare a buttarla, permettimi di dire il termine anche se non è ortodosso, in caciara, ma in realtà questa cosa è stata sminata poi nell’arco del dibattito e del pomeriggio.
E quindi il risultato qual è stato? Che l’emendamento poi è stato ritirato, ne è stato presentato uno molto più leggero da un punto di vista dei contenuti, che poteva essere assolutamente condivisibile, ma che non intacca la sostanza della delibera. Poi è chiaro, ci sono tutta una serie di tematiche che possono essere trattate in altrettanti modi, in commissioni, in altri consigli, nulla esclude altri altri strumenti di partecipazione, però questa proposta qui è giusto che sia incentrata su ponte Garibaldi e le conseguenze che esso avrà sulla nostra città.
Quali sono i nodi, le criticità relativamente alla proposta, che ancora appunto non è a un livello né esecutivo né definitivo, relativamente ai ponte Garibaldi? Riguardano sia la viabilità, sia l’impatto architettonico, paesaggistico? Ci sono delle perplessità che riguardano innanzitutto la funzionalità di questo ponte, perché avrebbe una pendenza dell’8% e quindi sebbene a norma obbligherà l’amministrazione, anzi è già stato richiesto, a inserire degli elevatori per questioni di accessibilità. Pensate anche a ciò che può essere l’impatto per una persona che non ha facilità da un punto di vista motorio. Poi c’è un tema della viabilità e questo è avvalorato dal parere della polizia locale di Senigallia che certifica il fatto che non c’è uno studio di viabilità, non c’è uno studio organico di quello che andrà a produrre quel ponte, un un ingessamento della viabilità lato stadio, quindi via Rossini, e anche delle criticità dal lato dei portici. Poi c’è il tema achitettonico, io non lo derubricherei a estetica o bellezza, però il tema della sintonia di questo ponte con la città non può essere messo in secondo piano, perché è evidente che un ponte simile a un ponte autostradale, pare quasi un’uscita dell’autostrada in pieno centro, è un qualcosa che va assolutamente ponderato, quindi è una grande responsabilità che è in capo al commissario e al vice commissario, ma sarà il sindaco ad essere ricordato per la scelta che verrà fatta, questo è il dato politico.
Non c’erano altre soluzioni, che alternative ci potevano essere? Ci sono diverse proposte da parte di associazioni e gruppi di interesse, non siamo nella fase in cui dobbiamo progettare un altro ponte, non siamo noi a doverlo progettare, di certo però possiamo indicare delle strade e delle interlocuzioni, perché è chiaro che se la normativa del 2018 impone un franco idraulico di un metro e mezzo, bisogna fare una riflessione generale su questo tipo di normativa applicata a quel ponte lì, non è possibile che non ci sia un parere formale richiesto al consiglio superiore dei lavori pubblici su questo argomento, ed è ovvio che questo parere lo debba chiedere la struttura commissariale.
In realtà c’è stata un’interlocuzione… Ma solo informale da quello che abbiamo potuto percepire, invece qui bisogna inchiodare le responsabilità, e chi le ha, a fare ciò che serve, perché sennò qui parliamo tutto di telefonate, interlocuzioni informali, quel ponte costerà quasi 4 milioni e mezzo di euro e ce lo terremo per sempre, quindi prima di arrivare ad una soluzione di quel tipo bisogna pensarci bene, non è questione di “fate in fretta” o “non fate in fretta”, qua bisogna fare bene.
Perché non si è atteso il progetto esecutivo per poter parlare di qualcosa che sia certo? Se c’è un rendering significa che c’è un progetto, perché se c’è stata una conferenza del servizio qualcosa ci deve essere. Se c’è un progetto va condiviso, ovviamente non esecutivo, ma quando sarà esecutivo ci sarà molto poco spazio per il dibattito, è esecutivo e dopodiché c’è l’ultima fase di progettazione che è quella finale e poi si procederà. Quindi dire che bisogna aspettare il progetto esecutivo per dire ve lo presentiamo ma questo non si può cambiare è una foglia di fico che va a nascondere in realtà delle mancanze clamorose in termini di trasparenza e partecipazione. Bisogna ascoltarli i cittadini e purtroppo questa amministrazione al di là dei proclami fatti in campagna elettorale, i cittadini non li ascolta così tanto.
Massimo Olivetti
Sentiamo allora le parole del sindaco Massimo Olivetti. Che giudizio sull’esito del consiglio? Direi che c’è una grossa soddisfazione intanto perché il testo è condiviso. Noi avevamo portato gli emendamenti in parte formali perché la sensazione che veniva data o il messaggio che passava è che in un consiglio grande ogni cittadino può parlare, circostanza che non è così sulla base dello statuto comunale. E quindi far capire che ci sono delle regole e le regole vanno rispettate. Su questo per quanto sia stata una discussione poi alla fine si è trovata la quadratura del cerchio. Anche per quanto riguarda poi il testo non ci sono problematiche. Adesso spero che il commissario o vice commissario che fino a adesso non sono venuti all’interno delle commissioni decidano di partecipare perché in realtà poi il convitato di pietra, al di là di tutto quello che si ha detto fino adesso, è ovviamente chi quel ponte ha l’obbligo di costruire quindi è il soggetto che poi alla fine ha deciso quella forma e quella tipologia del ponte.
Parliamo degli emendamenti proposti e delle modifiche apportate. Uno dei nodi era appunto la partecipazione dei cittadini che da regolamento non è permessa, dei singoli cittadini, a meno che non siano rappresentanti di associazioni o enti portatori di interessi. La facoltà di parola viene rilasciata alle associazioni, associazioni sindacali o associazioni di categoria o le associazioni portatori di interesse che possono essere rappresentate da un cittadino. Non è previsto un intervento diretto dei cittadini o tantomeno degli altri sindaci come era la richiesta iniziale. Questo potrebbe sembrare una questione lana caprina, di fatto però come è stato dimostrato anche in consiglio, in passato, seppur a qualche cittadino è stata data la parola e non si sa a che titolo, ad altri cittadini è stato impedito, quindi il problema era il numero delle persone che avrebbero potuto parlare, non sarebbe finito mai; e in secondo luogo la possibilità per chi gestiva poi il consesso di decidere tu sì e tu no, quindi il criterio era quello di applicare invece la norma vera e pura e su questo devo dire che dopo un minimo di discussione su questo non ci sono stati problemi particolari. C’era un altro emendamento che era quello riguardante il tempo di convocazione, perché nella proposta si diceva entro 30 giorni. Noi avevamo guardato gli altri consigli grandi: i lavori erano stati deliberati quattro mesi e mezzo prima, quindi 30 giorni potevano non essere sufficienti, perché poi qual è il rischio? Che in teoria il presidente dovrebbe pubblicare quello che è l’avviso, dovrebbe dare avviso a tutte le parti, a chi vuole parlare e dare un preavviso di pochi giorni, perché evidentemente poi per convocarlo è entro 30 giorni, tutto si sarebbe ristretto quindi c’era il rischio che qualche associazione avrebbe potuto dire “signori noi non abbiamo saputo”, “non sapevamo”, “non conoscevamo” o “non si è messi nei termini per poterlo discutere”. Il terzo emendamento era stato proposto alla maggioranza, non tanto sui fatti dell’alluvione. Durante la discussione sulla stampa, in relazione a questo ponte, tra le tante considerazioni ce n’erano alcune che in realtà dovranno essere approfondite. La prima la realizzazione delle vasche a monte, la richiesta era discutiamo anche delle opere che sono state realizzate o che potrebbero essere realizzate post alluvione, intendendo ovviamente le post alluvione 2014-2022 ma potremmo intendere anche il 1976, cioè: queste opere sono davvero sufficienti o quali opere mancano? Quali opere sono in preparazione per portare in città meno acqua possibile e, comunque, se dovesse avvenire sulla base di queste realizzazioni, sarebbe sufficiente per abbassare la quota prevista di altezza del ponte? Seconda cosa che si chiedeva era anche di valutare quelli che erano gli altri ponti a valle del Garibaldi: ponte II Giugno oggi ponte degli Angeli, il ponte sulla nazionale o il ponte ferroviario, quindi si voleva non tanto spostare l’attenzione su altri fatti, non era questa l’intenzione, era più che altro di prendere in esame tutto il discorso. E si è modificato quel punto all’ordine del giorno dicendo appunto che si sarebbe valutato sulla base del tessuto cittadino, quindi si potranno fare anche delle valutazioni in ordine a come l’acqua defluisce, quindi qual è il problema che c’è a valle e quelle che sono eventuali problematiche sulla realizzazione della opere a monte.
Come mai c’è stato bisogno di un input così importante da parte delle minoranze, da parte della cittadinanza, si pensi alle associazioni che sono uscite spesso sui quotidiani, per permettere di convocare questo consiglio grande e non c’è stata dalla maggioranza la spinta per arrivare a questo risultato? Io avrei aspettato che ci fosse un progetto esecutivo, perché al momento noi abbiamo solamente dei rendering che stanno creando molta confusione. C’è chi che dice che il ponte arriverebbe come altezza alla prima arcata dei portici, che è una stupidata totale, ho letto alcune di queste associazioni che dicevano che la viabilità sarebbe stata interrotta, quindi praticamente su via Rossini sarebbe stata solo la possibilità di salire sulla rampa del ponte, circostanza anche questa poi che verrà smentita dal progetto esecutivo. Noi avremmo atteso quello che era il progetto esecutivo in modo tale da poterlo sottoporre ovviamente all’interno di una valutazione, ricordo che nel 2019 non si arrivò a questo strumento, quindi non ci fu questa partecipazione, fu limitata a una commissione, questa volta potevamo anche essere d’accordo, quindi l’idea su questo noi non abbiamo problemi a nasconderci o a non far discutere, più volte avevo detto che ero disponibile andare nelle commissioni che la minoranza aveva chiesto, la minoranza più volte aveva detto che era inutile che andassi io perché non avevo sulle mani quella che era la progettazione, non ero il titolare del progetto, su questo era evidente, se vado a parlare del ponte avrei parlato dei massimi sistemi o di quella che era la normativa, ma in realtà ribadisco il convitato di pietra è il commissario o il vice commissario che poi porteranno il progetto, che peraltro dovrebbe recepire anche le osservazioni che sono date dai tecnici nell’ambito della conferenza dei servizi, solo a quel punto si può avere una visione complessiva del del ponte, quindi solo a quel punto si può capire se sta roba è oppure no. Certo il rischio qual è, è che il giorno del consiglio grande fatto molto in anticipo si parli e non si abbia sottomano quella che è la documentazione necessaria per poterlo valutare.
Di contro però, avendo il progetto esecutivo, il rischio è che ci sia poco margine di manovra per far recepire le istanze della città… No perché le varianti sui ponti si fanno. Qui il discorso è uno solo, il ponte va fatto oppure no, penso che la realtà sia solo quella, se poi uno vuole modificare e vuole fare delle osservazioni su quel ponte, in questo momento facciamo proprio difficoltà a fare le osservazioni su quel ponte, se non per quanto riguarda gli aspetti tecnici sulla viabilità o cose di questo genere, il progetto esecutivo è l’unico che poi alla fine – che può essere sempre variato, il progetto esecutivo non è il progetto definitivo, non è il progetto conclusivo – quello che va a bando, è quello sulla base della quale dovrebbero essere eseguite le opere, quindi è un concetto che è molto più completo rispetto a quello che la prima bozza e poi il progetto finale, quindi siamo ancora in una fase in cui è possibile discutere.
Due ultime domande: la prima è sulla figura del sindaco o della maggioranza come soggetto interlocutore tra la città e la regione, l’ente commissariale anzi, l’opportunità di questo consiglio grande in qualche modo poteva dare risalto a questa figura, a questo ruolo? Il sindaco ovviamente viene ascoltato, il sindaco ha questa possibilità così come il Comune Generale, ha questa possibilità di dire il ponte non si fa, fermo restando verrà tolto anche il percorso pedonale che parte via Rossini, quindi il rischio qual è? E’ che noi ritorniamo in una posizione che era quella prima del 2023, prima della passerella. Non abbiamo altre possibilità se non quelle di interfacciarsi sotto questo aspetto qui, ovvio c’è la possibilità di dire non farlo o farlo e su questo io ho grosse perplessità. Una cosa su cui si riflette poco è che avendo aperto da parte degli organismi giudiziari un procedimento in relazione alla costruzione del ponte degli Angeli o II Giugno, dove ribadisco si fece solo una discussione a livello puramente estetico e nessuno sollevò mai il problema relativo al rispetto alla normativa con cui questo veniva alzato, in questo caso è ovvio che il problema era il rispetto di quello che è il cosiddetto decreto Del Rio, che diventa obbligatorio soprattutto per quello che è successo e che, secondo me, poi riguarderà gli altri ponti. Quello che viene poco valutato e deve essere valutato è che in realtà finita la fase commissariale poi la sistemazione di quei ponti tocca alle casse comunali. Le casse comunali l’altra volta nel 2016 hanno rifatto solo l’impalcato del ponte sulla Nazionale, per il quale si dovrebbe prescrivere l’eliminazione delle pile in acqua. Nel 2019 fu approvato il ponte II Giugno, ma fu fatto con i fondi europei percepiti dalla regione, altrimenti sarebbe toccata alle risorse comunali, tant’è che per quanto riguardava il ponte Garibaldi, sul quale non è che c’è stata solo la pronuncia finale, ma già nel 2016 si diceva che il ponte Garibaldi aveva delle fortissime criticità. Molta gente lo dimentica, ma noi avevamo previsto nel progetto Stadio che qualcuno facesse il ponte, perché avevamo delle problematiche con il ponte Garibaldi. In questo caso avrebbe un finanziamento che difficilmente potremmo trovare in altri momenti, quindi la scelta topica che ci spetterà, che spetta al sindaco o spettava al consiglio, era il ponte se deve fare oppure no.
Seconda e ultima domanda: che novità abbiamo su questo progetto o sulle tempistiche? Ancora il progetto esecutivo non è stato trasmesso, quello che dice probabilmente il Commissario è che il progetto esecutivo dovrebbe essere, a me l’ha detto, che dovrebbe essere abbastanza in dirittura d’arrivo.
SENIGALLIA – Santa Maria delle Grazie – chiamata familiarmente ‘Le Grazie’ – riapre le sue porte dopo oltre otto anni di chiusura forzata per poter essere rimessa in sesto. Bisognava renderla nuovamente sicura perché l’usura del tempo e un terremoto l’avevano scossa, resa fragile e potenzialmente pericolosa. Ora ci è tornata amica e, dalla scorsa domenica 1 dicembre, Prima di Avvento, ritrova la sua gente.
Non è una chiesa come le altre, i senigalliesi lo sanno bene. Perché andare alle Grazie è tante cose insieme. È fare i conti con la mancanza di chi non c’è più, percorrendo i viali di un bellissimo cimitero incastonato nelle nostre morbide colline, dove la città dei morti racconta ai visitatori di vite, storie e nostalgie. Le Grazie erano per tanti il luogo francescano di casa. I frati minori conventuali l’hanno abitato per molti anni, c’erano – e ci sono ancora – i parrocchiani ma era forte il legame anche con altri frequentatori, al di là della residenza. Una predilezione ricambiata, in questo posto eletto quasi a ‘santuario’ cittadino: lì ci potevi trovare una parola buona, respirare aria fresca, festeggiare il Poverello d’Assisi, stendere un plaid sul prato per gite fuori porta alla portata di tutti; lì davanti il protetto circuito di guida in attesa dell’esame per la patente.
Alle Grazie l’anima campagnola della città spesso incrociava quella cittadina e marinara e di fianco alla chiesa il Museo di Storia della Mezzadria continua a mettere in sapiente mostra questo vissuto, quello di una terra con vista mare. Spingersi un po’ più in là, oltre il cancello in ferro massiccio, apre al riposo degli ebrei nel loro suggestivo cimitero, a ricordarci la bellezza di un’altra, avvicente pagina cittadina nella pluralità sotto lo stesso cielo.
Le autorità presenti: da sin. il sindaco di Senigallia, Massimo Olivetti; il vescovo diocesano, Franco Manenti; il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli.
L’eleganza rinascimentale di un posto così doveva ritrovare la sua chiesa, ne era ed è ancora il fulcro. Voluta con grande determinazione dal suo ideatore e promotore, Giovanni della Rovere nel 1491– tanto che nel suo testamento si raccomanda accoratamente di finire l’opera – impreziosita da nomi del calibro di Baccio Pontelli, architetto e dei pittori Piero della Francesca e Perugino, torna a sorprenderci più bella che mai e si sa che i doni più delicati chiedono un di più di attenzione, creatività e cura. Qui la fede celebrata e condivisa, la custodia della storia, la passione per la cultura alla portata di tutti si sovrappongono continuamente. Le pietre rimesse a posto domandano spiritualità profonda e accogliente, dialoghi intelligenti e armonia con il creato. Inaugurare e riaprire significa anche immaginare nuovi percorsi di cittadinanze possibili e a misura di tutte e tutti.
È tempo di godere di tutta questa bellezza, di farne partecipi i più giovani, di tornare ad abitare i luoghi. Di desiderare ancora e sempre più comunità cristiane aperte e coraggiose, nonostante l’esiguità dei numeri, sferzate da un vento fresco, come quello della sera della riapertura, che scansa la polvere dell’abitudine e dell’autoreferenzialità e scombina prassi, dentro e fuori la chiesa, ormai stanche. La Chiesa delle Grazie ritorna a noi, le sue pietre ci parlano ancora: sarebbe un peccato non ascoltarle… ne hanno vista di storia e loro non temono il futuro.
Parliamo di rifiuti e precisamente del futuro della proposta di affidamento in house a un gestore unico per il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti per buona parte del territorio provinciale. Un tema importante sia per il servizio in sé, per evitare situazioni disastrose come a Roma, solo per fare un esempio, e per la qualità del servizio che possiamo vedere tutti i giorni sotto casa dopo l’esborso sotto forma di tassa. Ma è anche un appalto su cui si spende la politica, di destra, centro e sinistra. E infine è decisamente importante anche per l’ammontare economico del progetto. Si parla di circa 1 miliardo e 254 milioni di euro di valore. E proprio per questi argomenti il dibattito è più che mai vivo ai piani alti. E allora cerchiamo di tradurre alcuni concetti e renderli alla portata di tutti, anche dei cittadini che non sono tecnici del settore. Questo servizio audio sarà in onda su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM) mercoledì 6 e giovedì 7 novembre alle ore 13:10 e alle ore 20, mentre domenica 10 lo sarà a partire dalle ore 16:50 (secondo contributo audio su tre). E’ disponibile anche cliccando sul tasto play del lettore multimediale in questo articolo.
Innanzitutto è una partita che si gioca non solo a livello comunale, ma principalmente a livello di ATA, l’Assemblea Territoriale d’Ambito, cioè la realtà a livello provinciale che da oltre una decina di anni raduna tutti i comuni e la provincia stessa per la gestione dei rifiuti urbani e speciali assimilati agli urbani. E in particolare per l’organizzazione unitaria di governo e del servizio; per il superamento della frammentazione delle gestioni attraverso l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti a livello di ambito territoriale ottimale; per il miglioramento della qualificazione e la razionalizzazione dei servizi; per la garanzia della tutela degli utenti e tra le altre cose infine anche per il raggiungimento di un regime tariffario dei servizi uniforme e equilibrato all’interno dell’ambito territoriale ottimale, quindi per il superamento del concetto di tassa con il più proporzionato “paghi per quanti rifiuti produci”.
AnconaAmbiente ha inviato all’assemblea ATA nel settembre del 2023 la propria candidatura quale affidataria in regime di “in-house providing” dei servizi inerenti al ciclo integrato dei rifiuti, proponendo un processo di concentrazione delle gestioni sin qui svolte da Jesi Servizi, CIS, SOGENUS mediante conferimento dei rispettivi complessi aziendali nel capitale sociale di AnconaAmbiente, mentre si dovrà incorporare per fusione la Ecofon Conero, un’altra società che opera nella zona del Conero, quindi a Numana, Marcelli, ecc. Ma un ulteriore processo è in futuro previsto per concentrare anche i servizi relativi all’igiene pubblica portati avanti da Marche Multiservizi.
Ma che cos’è l’affidamento in-house o in-house providing? Significa che il soggetto, tenuto all’obbligo di una evidenza pubblica, non indice una gara pubblica, quindi con affidamento all’esterno di determinate prestazioni, ma provvede in proprio, ossia in-house, in casa diciamo, ad affidare l’esecuzione di questo appalto o la titolarità del servizio ad una entità giuridica ad esso collegata, quindi senza passare per una gara.
Di questa proposta si parla quindi da oltre un anno, ma già prima erano intervenuti la Corte dei Conti e altri tribunali per dare alcune specifiche, su cui è stata poi elaborato l’atto, di cui si è discusso in un’assemblea dello scorso 27 settembre 2024. Assemblea in cui si è registrato uno stallo perché Senigallia ha espresso voto contrario insieme a Morro d’Alba, unici due comuni, mentre si sono astenuti Belvedere Ostrense, Castelleone di Suasa, Corinaldo, San Marcello, Serra de’ Conti e Trecastelli. Infine erano assenti Arcevia e Montemarciano, quindi diciamo tutti i comuni della parte nord della provincia. Si parla quindi di un 90% di comuni favorevoli al percorso che individua AnconaAmbiente come futuro gestore unico per una quindicina d’anni, mentre una piccola percentuale – anche in termini di quote proprio singole, Senigallia è l’unico con circa l’8,87% ad avere una certa rilevanza – quindi c’è questa spaccatura tra questi due fronti.
Sul voto di Senigallia durante l’assemblea ATA è intervenuto in primis Dario Romano, capogruppo PD in consiglio comunale. «Le perplessità viaggiano su tre fronti, spiega i numeri legati al valore di AnconaAmbiente, la tariffa unificata e il percorso giuridico. La gestione unificata dei costi su tutta la provincia non è altro che il principio di equità e sostenibilità. Olivetti però sembra più preoccupato a confutare questo percorso, guardando situazioni puntuali che possono essere trattate, come ad esempio lo spiaggiamento dei rifiuti, dimenticando che l’obiettivo a medio termine è la tariffa puntuale. Inoltre, la stessa AnconaAmbiente ha dichiarato che i dubbi di Olivetti sono immotivati, snocciolando numeri e normative. Sul fronte assembleare, poi, vale la pena sottolineare che il 90% dei votanti, tra cui Ancona, Falconara e Osimo, quindi tutti a guida centro-destra, hanno espresso voto favorevole. Olivetti con la sua scelta non solo mette Senigallia in una posizione di isolamento, ma entra anche in piena contraddizione con quasi tutto il resto dei comuni della provincia, compreso il capoluogo di regione». Divisione che si ripropone anche all’interno della vallata Misa-Nevola, secondo Romano è un «campanilismo che nel 2024 non ha senso di esistere».
I dubbi che hanno portato Senigallia a decidere per il no a questa proposta di delibera dell’ata sono riassunti, si fa per dire, dal sindaco stesso Massimo Olivetti, che in un lungo comunicato spiega le sue ragioni. «Innanzitutto, per affidamento in house si intende un affidamento del servizio ad un’azienda riconducibile all’ente stesso. Ma AnconaAmbiente può essere considerata una società in house perché è una società pubblica, spiega Olivetti, di cui sono soci solo sei comuni della provincia di Ancona, mentre per tutti gli altri 41, e quindi anche per Senigallia, AnconaAmbiente è una società esterna, che per ora, credo, non possa essere considerata per il servizio in questione come società in house. È vero, continua Olivetti, che nel suo progetto AnconaAmbiente si prefigge di far diventare soci tutti i comuni della provincia, ma al momento della presentazione dell’offerta, e addirittura ancora oggi, ad offerta votata nessun altro comune è entrato in società e non è detto che poi tutti i comuni, come stabilisce la legge per ammettere l’affidamento in house, decideranno di farlo. Sarebbe stato più corretto costituire preliminarmente una nuova società tra tutti i comuni della provincia, o almeno prima di proporre il progetto, condividere con tutti i comuni gli atti fondanti della società. Purtroppo si è scelta la soluzione del prendere o lasciare, senza alcun tipo di discussione nel merito, e questo desta parecchie perplessità».
Ma non è l’unica criticità, spiega Olivetti, «ci si deve chiedere anche se questo progetto sia davvero supportato da una qualificata motivazione che dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato. Anche su questi aspetti le perplessità sono enormi, perché per quanto riguarda l’efficiente gestione del servizio, in particolare gli investimenti e la qualità del servizio proposto, è noto che AnconaAmbiente non ha i mezzi sufficienti a coprire l’intero territorio provinciale. Dovrebbe acquistarne molti e la proposta di rinnovo della dotazione contenuta nel progetto sottoposto ai comuni lascia molti dubbi sulla realizzazione e sul peso economico che l’operazione avrà». Anche sui costi di servizio per gli utenti e sull’impatto sulla finanza pubblica ci sono evidenti perplessità. «Non basta, come affermato nelle slides durante l’assemblea o addirittura nelle pagine di quotidiani locali a pagamento acquistati da AnconaAmbiente, che i comuni adottando questo sistema avrebbero il beneficio di non dover mettere più a riserva la quota degli insoluti e quindi poter spendere quei soldi in altre attività. Bisogna tenere conto infatti che il costo delle somme non introitate per il servizio verrebbe così redistribuito tra i cittadini con un conseguente aggravio della tariffa. Peraltro la soglia dei mancati pagamenti che AnconaAmbiente si prefigge di raggiungere in base al quale ha dimostrato la vantaggiosità del progetto è ben inferiore a quella che nella realtà si riesce a raggiungere in ogni comune della provincia». Il sindaco Massimo Olivetti dissente anche su quanto sostenuto da AnconaAmbiente per quanto riguarda i mancati introiti. «L’avanzo di bilancio con cui si fa fronte a queste entrate che non sono state incassate incide indirettamente sui cittadini perché quelle somme vengono sottratte alla spesa per altre opere ma dopo sarà ben diverso e più grave. È vero infatti che il comune potrà spendere in altri settori le somme che deve mettere oggi in riserva per far fronte al mancato pagamento della tari ma è purtroppo altrettanto vero che il mancato incasso della tassa verrà ricaricato direttamente sui cittadini più virtuosi così che quelli che pagano regolarmente le tasse ne pagheranno ancora di più. Ecco perché ho votato no alla proposta, così come votai no sempre con un manipolo di comuni alla proposta di VivaServizi come gestore unico. Anche in quella occasione il consigliere Romano ci accusò di aver scelto l’isolamento ma poi non parlò più quando la magistratura confermò che avevamo fatto bene a non andare dietro il branco tanto che annullò la delibera».
Ora queste erano le parole di Massimo Olivetti, sindaco di Senigallia. Ovviamente dal consigliere Dario Romano c’è stata una controreplica con cui ci si chiede se voglia uscire fondamentalmente dalla gestione dei rifiuti in provincia. «Sulla gestione dei rifiuti il sindaco Olivetti continua a fare, a questo punto ci domandiamo se volutamente, confusione mischiando situazioni e insinuando dubbi di qualsiasi natura pur di non ammettere la realtà politica dei fatti. Serve un ripasso come da lui stesso dichiarato sulle pagine di un noto quotidiano locale che dà spazio spesso alla sua voce. Olivetti parla di possibili aumenti tari con l’affidamento in house ad AnconaAmbiente ma si dimentica di dire che questa cosa, così come un abbassamento della tariffa, potrebbe avvenire sia con una gara rivolta a privati che con un affidamento in house e si arriverà a una tariffa puntuale dove chi produce di più, più paga. Gli insoluti vanno nel fondo crediti di dubbia esigibilità e conseguentemente nel piano economico finanziario del comune senza gravare sui contribuenti nella tari stessa. Per cui la domanda sorge spontanea: perché Olivetti sta portando avanti, sempre più isolato politicamente, la sua Senigalliexit sulla gestione dei rifiuti in provincia? Con questo isolamento rischieremo di vedere aumentata la tari? Perché fra tutti i comuni della provincia di Ancona solo Senigalli e Morro d’Alba si sono espresse contro? Nessuna visione politica su questo punto» conclude Dario Romano, capogruppo PD in Consiglio Comunale».
AnconaAmbiente ha provato a precisare alcuni punti. Il valore economico risulta essere di oltre 9 milioni di euro al 31 dicembre 2023, l’ultimo bilancio approvato. «Il numero delle azioni che i comuni vorranno sottoscrivere è liberamente determinabile e deciso da loro stessi in piena autonomia – spiega AnconaAmbiente. Ogni azione, secondo lo statuto della società, ha un valore nominale di 10 euro. Peraltro il peso politico e decisionale all’interno della società non varia in funzione del numero di azioni possedute perché si vota per teste, cioè conseguentemente la sottoscrizione di azioni può avvenire anche con quote simboliche e non impattanti né sul bilancio comunale né tantomeno sui cittadini». Circa la questione tariffa occorre evidenziare che «il settore rifiuti a partire dal 2020 è regolato dall’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente, ARERA, che da 4 anni è il soggetto che decide quanto far pagare ai cittadini, normando da un lato i costi per i cittadini, dall’altro i ricavi e la remunerazione del capitale investito per i gestori del servizio. L’introduzione della tariffa puntuale corrispettiva d’ambito a partire dal 2027, così come prevista dalla legge nonché dal piano d’ambito d’Ata, approvato qualche anno fa dai sindaci, è una disposizione che prescinde dalla volontà del gestore del servizio e del singolo comune. Questa modalità, come detto, è già vigente e non può variare in funzione del gestore del servizio, pubblico o privato che sia, e delle sue modalità di individuazione, affidamento diretto o gara. Per quanto concerne i costi delle alluvioni, è sempre l’Arera che norma con le sue delibere le modalità di finanziamento dei costi degli eventi climatici calamitosi. Tali componenti, in particolare la componente UR2 della Tari, serviranno a finanziare, attraverso una cassa specifica, tutti i costi degli eventi calamitosi, senza così pesare sui bilanci comunali o sui cittadini. Ovviamente, quanto sopraprecisato sulle modalità di determinazione delle tariffe, vale anche per la gestione dei mancati incassi. Le norme per l’imputazione dei costi derivanti da crediti inesigibili, cioè quelli che non si riesce a riscuotere, rimangono quelle ora in vigore, così come stabilito prima dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e poi dall’ARERA. In esso vengono normate le modalità di imputazione dei costi, compresi i crediti inesigibili e i crediti di dubbia esigibilità. I costi sono imputati per singolo comune nel proprio piano economico-finanziario di riferimento, senza nessun aggravio per i singoli comuni, che anzi beneficeranno dell’effetto dell’economia di scala derivante dalla gestione unica. Si precisa che anche oggi, ovviamente, non tutta la tari è riscossa dai comuni, dove anzi il non riscosso è abbastanza alto perché arriva fino al 20%. In questa ipotesi, il costo del non riscosso si scarica sui cittadini con due modalità. La prima riguarda l’accantonato al fondo crediti di dubbia esigibilità, che ingessa il bilancio dei comuni, vincolando parte dell’avanzo. La seconda riguarda la parte eccedente, che contribuisce comunque alla riduzione dell’avanzo di amministrazione. Tuttavia, i comuni possono legittimamente recuperare parte della tare non riscossa, rendicontandola e inserendola nel piano economico-finanziario, così da incassarla con la tari degli anni successivi. L’auspicio – spiega ancora in conclusione AnconaAmbiente – è che il gestore sia in grado di ridurre gli insoluti delle odierne percentuali dei comuni a valori più bassi e sostenibili per i cittadini. Conseguentemente, la nostra stima di crediti inesigibili e di crediti di dubbia esigibilità, per circa il 6%, è un obiettivo ragionevole che occorre porsi e raggiungere negli interessi dei cittadini. Sembra che quindi i dubbi del sindaco di Senigallia siano immotivati».
Ora veniamo alle altre reazioni. E’ Stefania Pagani a rincarare la dose. La capogruppo di Vola Senigallia è intervenuta sul tema, dichiarando che «se è legittimo il gioco delle parti tra maggioranza e opposizione, questo non deve però nuocere ai cittadini e non deve rischiare di portare Senigallia all’isolamento. Non è difficile quindi comprendere la posizione assunta da Silvetti, sindaco di Ancona, nei confronti della scelta fatta da Olivetti. E ancora una volta ci facciamo distinguere».
Sempre a livello politico cittadino intervengono anche Luigi Rebecchini, consigliere comunale di Forza Italia, e Roberto Paradisi, dirigente provinciale di Forza Italia, nonché portavoce dell’Unione Civici Marche. Intervengono per dire come il voto del sindaco sia «un errore» e per dire pure che deve essere rivista la posizione sull’affidamento ad AnconaAmbiente. I due esponenti politici parlano di «discutibile voto contrario» da parte del comune di Senigallia: «Come Forza Italia non possiamo che dissociarci dalla scelta (non condivisa dal Sindaco con la maggioranza atteso che nemmeno i consiglieri comunali erano stati informati) di votare contro l’affidamento del servizio proposto in sede Ata ad “AnconaAmbiente” e chiediamo al Sindaco di rivedere la sua posizione. L’adesione al progetto “pubblico” che, peraltro (volendo essere puntuali sulle norme di legge), risponde al principio generale di “auto-organizzazione amministrativa” sancito dall’art. 7 del Codice degli appalti, è la strada migliore. Innanzitutto, contrariamente a quanto da alcune parti si è letto, esiste una poderosa istruttoria che attesta i vantaggi e i benefici per la comunità in ordine al possibile affidamento “in house” del servizio, vale a dire affidamento ad una azienda pubblica controllata direttamente dai Comuni. Detta documentazione è composta da una offerta tecnica, l’offerta economica (con un ribasso di oltre il 9%, evidenziandosi già in questo dato un benefico per la collettività), un piano industriale e, soprattutto, uno studio dettagliato della nota fondazione “Utilitatis” che evidenzia come il progetto abbia, in termini di costi, una ricaduta vantaggiosa su Comuni e cittadini. Per questo motivo la stragrande maggioranza dei Comuni in ambito ATA si è espressa favorevolmente con il solo voto contrario di Senigallia e Morro d’Alba. Non solo dunque è pienamente soddisfatto il dettato normativo che impone di valutare i benefici per la comunità, oltre che l’impatto sulla finanza pubblica, ma si impone invece una evidente perplessità: per quale motivo la “ricchezza” pubblica (perché gestire oggi i rifiuti genera evidentemente fatturato importante), nella totale assenza di motivazioni (queste si) convincenti, deve essere concessa ad aziende private? Per quale motivo un Comune (mantenendo evidentemente voce in capitolo e possibilità di controllo dall’interno) non dovrebbe operare per re-investire gli utili a favore della comunità (come farebbe per oltre l’80% degli utili “AnconaAmbiente”)? Cosa evidentemente che non può appartenere alla logica del privato. E’ verissimo che il Comune di Senigallia non è ancora socio di “AnconaAmbiente” (come molti altri Comuni) ma è anche vero che ogni Comune ha la possibilità/opportunità di entrare (attraverso un aumento di capitale già preannunciato da AnconaAmbiente) acquisendo azioni la cui quantità è addirittura rimessa alla volontà di ogni singolo Comune. Paradossalmente, il Comune di Senigallia potrebbe entrare in “AnconaAmbiente” acquistando alcune azioni con poche centinaia di euro mantenendo ovviamente il proprio diritto di voto (non quotato) come Comune. Questa è la strada da percorrere. Le polemiche contro un’azienda pubblica, ad oggi unanimemente considerata efficiente e funzionale, su questioni irrilevanti come l’acquisto di uno spazio su un organo di informazione per spiegare i passaggi di un progetto lasciano il tempo che trovano. Ricordiamo che, legittimamente, lo stesso Sindaco Olivetti rilascia interviste a pagamento su organi di informazione locali in forza di contratti onerosi per la pubblica amministrazione (per qualche migliaia di euro). Ma nessuno si sogna di dire che si tratta di sperpero di risorse pubbliche. Non si devono usare due pesi e due misure. Riteniamo pertanto, mantenendo il livello di comunicazione sobrio e senza polemiche dannose tra pubbliche amministrazioni, che vi siano tutti gli elementi per riconsiderare il ruolo e le scelte di Senigallia».
E’ ancora molto critica la situazione della Fondazione Città di Senigallia. La realtà socio-assistenziale versa in uno stato di difficoltà economica che è solo peggiorato a causa dell’avvertenza con autostrade per l’Italia, ma la sua discesa agli inferi inizia diversi anni fa. Oggi c’è un commissario straordinario a gestirla e a tentare di risanarla, nominato dalla Regione Marche. L’avvocato Corrado Canafoglia, che abbiamo già intervistato a 20 minuti da Leone lo scorso agosto per spiegarci un po’ la situazione (ASCOLTA LA PRIMA E LA SECONDA PARTE), ha presentato i risultati del bilancio d’esercizio 2023 approvati lo scorso 14 ottobre, un bilancio da cui emerge una grave situazione. Il servizio audio che abbiamo preparato è disponibile su Radio Duomo Senigallia mercoledì 30 e giovedì 31 ottobre alle ore 13:10 e alle ore 20, mentre domenica 3 novembre andrà in onda a partire dalle 16:50 (la seconda di tre interviste consecutive). Ma è anche disponibile in questo articolo, cliccando sul tasto play del lettore multimediale, assieme a un breve testo.
La perdita di 36 milioni di euro è riconducibile alla vertenza con Autostrade per l’Italia e alla svalutazione del patrimonio immobiliare della fondazione: come sono andate le cose? La prima richiesta da parte di Autostrade era di 18,6 milioni, poi siamo riusciti a far ridurre a 14,8 milioni, oltre interessi, ma in cassa, questo è il problema, ne aveva soltanto 8 milioni. In 5-6 anni ha speso 14 milioni, senza contare alcuni mobili che sono stati venduti per far fronte ad esigenze di cassa. Questo denaro andava accantonato, anche perché c’era la percezione che questa causa si poteva perdere. Il Cda era chiaramente consapevole di tutto questo.
Come sono stati spesi questi 14 milioni e rotti? Sono stati spesi per coprire le perdite di bilancio, l’appalto di istituzione delle due palazzine per oltre 7 milioni e mezzo, l’acquisto del musinf per oltre un milione e mezzo, 200 mila euro per gli orti del vescovo, nonché l’elargizione le sponsorizzazioni di dubbia utilità per l’ente, stiamo parlando di 300 mila euro a figli, amici, conscienti, cugini, sorelle, per mostre di, non stiamo parlando di Mario Giacomelli, stiamo parlando di soggetti personali. Hanno finanziato delle sfilate di moda, un po’ di tutto.
Dopo un primo pagamento, come si è conclusa la trattativa con Autostrade? Abbiamo dato 7 milioni e li abbiamo tenuti tranquilli, trattenendo un milione e mezzo per non cadere. Verranno venduti alcuni beni entro il 2024 per poter restituire un ulteriore milione. A fine anno il debito sarà di 6,8 milioni, oltre interessi.
Nelle soluzioni prospettate a Società Autostrade c’è stata anche la suddivisione dei beni della Fondazione in strategici e non. Abbiamo individuato degli immobili non strategici, la cui vendita non ci butta per terra. Il bilancio della Fondazione si regge con le rette della residenza per anziani e con gli introiti di alcuni terreni e della palazzina sopra il Saladino. Abbiamo fatto capire che questi immobili ci servono per mantenerci, abbiamo le due palazzine, poi l’edificio dove viene esercitata la scuola di musica e quella della comunità Nilde Cerri. Tutto il resto è da vendere.
Su tutta questa situazione insiste anche una forte svalutazione del patrimonio immobiliare: come siamo arrivati a 21 milioni di svalutazioni? La Cassazione è entrata nel valore delle aree fabbricabili e di quelle delle aree limitrofe. Da lì ci siamo accorti di valori sballati. L’area fabbricabile di via Cellini era stata inserita a bilancio per 8 milioni 839 mila euro. Oggi siamo arrivati a 2 milioni 640 mila euro. L’area di via Arceviese era valutata a 5 milioni 968 mila euro: noi l’abbiamo valutata un milione. La palazzina Sud, dove sono 17 posti, è messa a bilancio 6 milioni e 600 mila euro. La sua ristrutturazione è costata, a posto letto, 352 mila euro. Oltre 3 volte in più della sanità pubblica. Senza considerare che la terra era di proprietà della fondazione, senza considerare che l’immobile c’era. La gravità di questo fatto è che quella palazzina, con 17 posti letto. Sono solo esempi.
Corrado Canafoglia
Tra gli immobili non strategici, quindi da vendere, rientra anche il Musinf, l’area dove è stato costruito il nuovo monoblocco dell’ospedale di Senigallia, il palazzo del laboratorio analisi, le proprietà degli orti del Vescovo, altri appartamenti e locali sparsi tra Senigallia e i comuni limitrofi. E se non bastasse? Un piano c’è: stiamo aspettando delle risposte dalla regione su un progetto importante che è la casa della comunità e l’ospedale della comunità. Ma io sono abituato a mettermi tanti paracadute e già siamo pronti con altre 8-10 ipotesi. C’è l’accorpamento dalla palazzina sud alla palazzina nord, con un progetto di partenariato pubblico-privato; c’è l’ipotesi di innalzare la remuneratività dell’ospitalità con una RSA o un RP per demenze, che ci dà degli incassi diversi. Allora guadagnando qualcosa in più abbiamo la possibilità, piano piano, di trovare la soluzione. Dobbiamo contare principalmente sulle forze della Fondazione e sperare appunto che gli enti ci diano una mano, parlo della Regione, quantomeno in termini di autorizzazioni.
Cosa significa mettere in liquidazione l’ente? Ospitiamo 59 anziani, 10 alluvionati, i disabili della cooperativa al volo sono circa 30. Punto distribuzione di raccolta di beni di prima necessità gestiti insieme a Stracomunitari sono oltre 200 famiglie in difficoltà economica. Poi c’è la scuola di musica Bettino Padovano con oltre 400 studenti. La comunità protetta Maria Nilde Cerri ha oltre 20 malati psichiatrici gravi. Abbiamo un progetto con la fabbrica dei sogni nell’area a fianco del seminario con oltre 100 famiglie di disabili. Poi abbiamo i dipendenti non sono solo i nostri, ma anche tutti i dipendenti di questi enti che lavorano.
La città è interessata alla situazione della fondazione? Molto poco. Soltanto chi viene lì, chi entra dentro, le famiglie che entrano dentro lo sono. Sono oltre 1000 famiglie che entrano in contatto con la fondazione. Noi costituiamo un’importante colonna dei servizi sociali di questa città. Se saltiamo, sarà un problema non solo per la fondazione ma per la gestione dell’intero sistema sociale.
Massimo Olivetti
Qual è la posizione del Comune? Ecco le parole del sindaco Massimo Olivetti. La situazione è molto complessa, noi auspichiamo che si possa prorogare la gestione, ci confronteremo con la Regione, credo che la Regione decida un attimino di continuare questa situazione e che possa in qualche modo poi permetterci di tornare ad avere quantomeno la nomina da parte del CDA, quindi che si possa uscire un po’ dalle acque. Indubbiamente i dati sono complessi, ma confidiamo molto nella professionalità dell’attuale Commissario che credo avrà difficoltà, ma riuscirà a risolvere questa matassa. È ovvio che prima lui riuscirà, prima noi potremo riappropriarci quello che è la possibilità, semplicemente la nomina, non di più, però almeno saranno dei rappresentanti che in modo indiretto rappresentano comunque la collettività. Questi sono dati che vengono trasferiti in Regione, mi auguro che non decida per la cosa peggiore.
L’azienda speciale Senigallia Servizi potrebbe – dal prossimo anno, dal 1 gennaio 2025 – gestire i servizi delle farmacie comunali. Per il momento è solo un’ipotesi, anche se in stadio di elaborazione avanzato, tanto che il sindaco Massimo Olivetti ne ha parlato con le organizzazioni sindacali. Proprio per capire pro e contro di questa possibile manovra che incide sull’economia dell’ente locale abbiamo voluto sentire uno dei sindacati presenti all’incontro con l’amministrazione comunale: in particolare Barbara Blasi, che è responsabile della funzione pubblica della CGIL di Ancona. Nella seconda parte dell’intervista le parole del sindaco stesso. L’intervista è in onda lunedì 28 e martedì 29 ottobre alle ore 13:10 e alle ore 20 su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM), ma un’ulteriore replica andrà in onda domenica 3 novembre alle 16:50. L’audio è anche disponibile in questo articolo, cliccando sul tasto play del lettore multimediale, assieme a un breve testo.
Quali sono i rischi di questa cessione delle farmacie comunali a Senigallia Servizi? Dopo una delibera di consiglio di luglio la nostra richiesta di un incontro all’amministrazione, siamo stati rassicurati che era solo una proposta per allargare le competenze di Senigallia Servizi, e che per il momento non si parlava di alcun tipo di trasferimento. Poi il 1° novembre abbiamo fatto un incontro con il sindaco che ci ha manifestato la volontà di voler esternalizzare, a far data dal 1° gennaio 2025, le farmacie comunali di Senigallia. Attualmente sono due, lui ci ha detto che probabilmente se ne aprirà una terza, però questo poi avverrà in un momento successivo e ci ha dato verbalmente garanzia del mantenimento di tutti i diritti dei dipendenti. Parliamo di 12 farmacisti attualmente impiegati nelle farmacie comunali del Comune di Senigallia. Senigallia Servizi ha scopo di lucro, quindi ovviamente è creata per fare profitto. Tutti i dipendenti hanno un contratto con il Comune di Senigallia e, nonostante il trasferimento, chiederemo che questo contratto venga assolutamente mantenuto. Sappiamo che non è un contratto vantaggioso per un ente che dovrà fare profitto, però ci sono dei diritti che queste persone hanno.
Perché siete preoccupati? Siamo preoccupati per le farmacie in primis, perché forse probabilmente è il primo passaggio che sarà fatto dal Comune, ma probabilmente questa sarà solo l’inizio di una massiccia esternalizzazione di altri servizi, perché Senigallia Servizi avrà da gestire anche tutte le attività culturali, avrà da gestire anche il verde pubblico e quindi probabilmente si parlerà in futuro anche di altre esternalizzazioni. Quindi oltre alle farmacie ci saranno gli impianti sportivi, c’è già la manutenzione e la pulizia degli arenili, le attività culturali, la sosta dei parcheggi e i servizi del verde pubblico e delle strutture al verde.
Che informazioni avete avuto? Non ci sono state date nel dettaglio informazioni precise, adesso aspettiamo, da normativa ci devono informare 25 giorni prima di perfezionare questo passaggio. Noi abbiamo chiesto un incontro formale con l’incaricato esterno, una società consulente del lavoro, per avere delle delucidazioni su questo passaggio, su questo procedimento.
Temete dunque condizioni peggiorative per i 12 dipendenti? Esatto, questa è una preoccupazione grande. Si andrà da un pubblico ad un privato, quindi aumenterà il numero delle ore, ci saranno meno tutele, ipotizzo, ma bisogna prima entrare nel dettaglio per fare poi il paragone. Comunque sicuramente loro avranno degli svantaggi perché è una società a scopo di lucro e quindi dovranno guadagnare su questo, sicuramente gli aumenterà il monte ore.
C’è un rischio precariato? C’è stato informalmente detto che probabilmente il comune di Senigallia aprirà una terza farmacia presso il centro commerciale Il Maestrale e assumerà altri dipendenti. Chiaramente i nuovi assunti, per una questione di economicità essendo assunti dall’azienda speciale, avranno un altro tipo di contratto. Quindi noi dovremo vigilare perché, come spesso succede, purtroppo ci troviamo sempre a fronteggiare questo tipo di problema con lavoratori che fanno lo stesso lavoro, ma che avendo dei contratti diversi poi hanno un trattamento diverso e anche uno stipendio diverso.
Al sindaco di Senigallia, Massimo Olivetti, chiediamo pro e contro della possibile cessione del ramo delle farmacie comunali all’azienda speciale Senigallia Servizi. Da un punto di vista pubblico c’è un vantaggio di natura economica, nel senso che per quanto riguarda l’attività e le entrate ci permettono all’interno di questa nuova azienda speciale di recuperare degli importi che altrimenti non sarebbero recuperabili, sia a livello fiscale che a livello gestionale. Da un punto di vista meramente gestionale si tratta di attività che in realtà potrebbero essere gestite in modo molto più veloce, immediato. Tenete conto che per esempio ogni tanto noi se ci sono dei medicinali da acquistare in più siamo costretti a fare una delibera di giunta, poi riportarla, spesso una variazione di bilancio in comune. Qui invece avrebbero una gestione diretta da parte di chi poi sarà il responsabile della farmacia. Quindi un vantaggio a livello temporale e a livello punto economico.
Per quanto riguarda la tutela dei contratti già in essere, che cosa cambia? Assolutamente niente. Abbiamo già dato incarico all’ufficio che vengano mantenuti tutti gli stessi contratti che il personale aveva prima. Non c’è necessità praticamente di cambiare nessuna normativa, rimangono sempre dentro, all’interno di queste società e quindi fondamentalmente sono dei rami che passano. Il problema è che noi non avevamo un’azienda speciale. Esperienze come quella di Fano, o meglio ancora quella di Pesaro, sono esperienze estremamente positive che hanno permesso nel corso degli anni non solo di fare economia, ma di rendere il servizio migliore. In tutti questi casi sostanzialmente però non ci sono stati mai problemi di personale, quindi praticamente grosse difficoltà non ci sono.
È vero che verrà aperto un nuovo punto, una nuova farmacia comunale? Ma questo era in previsione da sempre. Il punto doveva essere all’interno dell’Ipercop. Noi in questo momento non abbiamo deliberato niente di questo, stiamo solamente calcolando quelli che sono i pro e i contro. Se venisse fatto ovviamente ci sarebbe l’assunzione di un nuovo personale, però ho chiesto appunto di valutare con molta attenzione vantaggi e svantaggi. Tutti i contratti che vengono ceduti a Senigallia Servizi di fatto rientrano in comune. La stessa cosa è quella che succede per quanto riguarda l’unione.
Quali sono i settori che in futuro potrebbero essere ceduti o i rami che potrebbero essere ceduti a Senigallia Servizi? Noi pensavamo al di là delle farmacie, chiedevamo appunto il passaggio ad esempio della gestione delle strutture teatrali, dei musei che attualmente vengono gestiti direttamente dal comune attraverso appalti. Poi stiamo valutando altri tipi di servizi che potrebbero essere trasferiti: la pulizia delle spiagge, che in realtà per noi rappresenta anche questo un onere, ed eventualmente la gestione dei parcheggi.
La giornata del 19 ottobre per molti è stata una giornata campale. L’ennesima. Un’ondata di maltempo ha nuovamente messo in ginocchio il sistema fognario di Senigallia e con esso anche la viabilità. Acqua e fango hanno rischiato di entrare nelle case e nei garage, ma in qualche punto ciò si è verificato. Nell’ultima puntata di “Venti minuti da Leone” vogliamo ripercorrere un po’ quanto avvenuto, capirne le ragioni, con l’obiettivo, se possibile, di individuare delle soluzioni, anche con il sindaco Olivetti. L’intervista è in onda lunedì 21 e martedì 22 ottobre alle ore 13:10 e alle ore 20, oltre a una replica anche domenica, nel consueto spazio delle tre interviste settimanali consecutive a partire dalle ore 16:50, sempre su Radio Duomo Senigallia/In blu (95.2 FM). Audio integrale ed estratto testuale sono disponibili anche in questo articolo.
Innanzitutto era stata diramata l’ennesima allerta meteo, di colore giallo, per la giornata di sabato 19 ottobre: si prevedevano precipitazioni diffuse, con maggiori accumuli lungo la fascia costiera e nel settore interno settentrionale; localmente, i fenomeni avrebbero potuto essere anche di carattere intenso. Quindi pioggia intensa, ma non così abbondante da creare un rischio alluvione. Questa la previsione. Fin dalla serata precedente, c’erano state precipitazioni, poi divenute importanti già dalla nottata, con prolungati scrosci che hanno subito messo in difficoltà il sistema fognario cittadino. Nelle prime ore del mattino i disagi erano già evidenti a tutti: la percorribilità delle strade era compromessa, gli allagamenti erano in atto. L’apertura del COC, il Centro Operativo Comunale, proprio per monitorare al meglio la situazione è iniziata dalle 8 circa del mattino. Fiume Misa e Cesano erano nella norma, ma i cittadini già segnalavano molteplici tracimazioni dei fossi, allagamenti e disagi nelle zone Cesanella, Cesano, Vallone, Ciarnin, Cavallo, Filetto, Bettolelle, strada del Montirone, addirittura con famiglie isolate. Ogni comunicazione da parte del comune con cui si annunciavano i disagi e le zone interessate, risultava in ritardo e veniva subissata di critiche e commenti. Solo a metà mattinata è arrivato un parziale miglioramento che ha permesso di iniziare non tanto l’apertura di tombini e caditoie quando la prima pulizia delle strade, mentre i fossi rientravano nella loro sede, pur lasciando i resti del loro passaggio altrove. Nel corso della giornata poi ci sono stati altri scrosci importanti che hanno fatto ritornare le criticità al livello di prima o quasi, per cui si è dovuto lasciare chiuse diverse strade cittadine e deviare il traffico in più punti. Una particolare situazione c’è stata in via Perugino dove appunto la pressione sul sistema fognario ha creato la spaccatura dell’asfalto, una cosa praticamente mai vista in zona. Poi si è andati verso il miglioramento e i disagi sono diminuiti pian piano. Ma rimangono due cose. Innanzitutto la paura, un timore generalizzato ogni volta che piove; e poi la consapevolezza che se anche ci si desse da fare di più come cittadini, tenendo pulite caditoie e tombini, almeno quelli davanti casa, l’efficacia sarebbe davvero limitata. Sarebbe comunque bene farlo, ma difficilmente potrebbe risolvere il problema. Il comune comunque non sembra in grado di arrivare ovunque.
Chiediamo quindi al sindaco di Senigallia Massimo Olivetti che cosa è successo sabato 19 ottobre? Questi scrosci così forti fanno sì che i nostri sistemi – che sono stati concepiti ovviamente in periodi in cui l’acqua veniva giù molto meno forte – vanno completamente in tilt. Questo per esempio si è visto in alcune zone in modo palese, tipo la Cesanella, dove non ci sono né corsi d’acqua né fossi e c’è avuto appunto questo emergere, questo affiorare delle fogne, che in alcuni punti addirittura hanno avuto delle pressioni particolarmente forti che hanno rotto l’asfalto. L’asfalto è stato rotto da tubature sotterranee che sono andate in pressione. Abbiamo invece registrato che in altre zone, soprattutto quella relativa al piano regolatore, dove si sta cominciando a dividere le acque nere dalle acque bianche, dove si hanno appunto le tubature molto più grosse, questo tipo di problematica non c’è. Quindi quello che è il ragionamento è che oramai non solo Senigallia, ma credo un po’ tutte le città dovranno ripensare a quello che è il sistema fognario dello scolo delle acque.
Quindi secondo voi la soluzione è ripensare il sistema fognario di tutta la città? È questo uno dei problemi più grossi che la città potrebbe avere. Quello che è accaduto anche in altre aree dove ovviamente c’è stato un affioramento dell’acqua dal sistema fognario. Tenete conto che noi abbiamo oggi il canale che è stato messo sotto su quella zona, su queste tubature nuove è 4 volte più grande di quelli che c’erano in origine e che quindi praticamente potrebbero permettere un maggiore scolo delle acque sotterranee. Questo ovviamente potrebbe anche permettere di rappresentare una piccola scolmatura anche per quanto dovesse avvenire in caso di allagamenti sul sistema superiore. Evidentemente però che si tratta di un’operazione di impatto notevole. Siamo già in contatto con varie strutture per poter far presente ormai da alcuni mesi anche alle sovrastrutture, al governo, di poter mettere in piedi un piano anche di collaborazione con gli enti territoriali che sia volto a questo.
E per quanto riguarda i fossi? Dobbiamo togliere quelle che sono le chiusure a mare di alcuni fossi. Quello del Sant’Angelo oramai annunceremo a brevissimo il progetto dell’apertura finale che permetterà così un maggiore scolo delle acque e la stessa cosa probabilmente avverrà – non subito ma tra qualche tempo – per quanto riguarda il fosso del Trocco.
Sono due interventi limitati ma la rete dei fossi che poi scarica a mare è molto più ampia. Per gli altri cosa si può fare? Per quanto riguarda il fosso Sant’Angelo intanto il problema è lì ma anche nella parte più a monte dove attraverso una restrizione che è avvenuta nella zona sotto l’autostrada, ma anche nella districazione che c’è dopo, abbiamo sempre un problema di allagamenti che dovremmo andare a cercare di risolvere. Per quanto riguarda gli altri è una pulizia che deve essere fatta in modo costante. Noi quest’anno abbiamo speso circa 140 mila euro su una manutenzione costante quotidiana. Ma il sistema dovrà essere rivisto in qualche modo anche per quanto riguarda alcuni approfondimenti. Anche quei fossi che hanno delle sezioni ridotte, su quelli dovremmo andare a ragionare. Poi si chiederà una maggiore attenzione anche agli agricoltori ma anche alle imprese soprattutto agricole affinché possano adottare nel sistema della lavorazione dei campi un modo di poter far scolare le acque in modo molto più regolare ocontrollato rispetto a quello che vediamo oggi.
Ci dovremmo abituare a queste ondate di maltempo? Più che abituare dovremmo cominciare a ragionare nel cambiare le strutture di recepimento delle acque tenendo conto che questi eventi sono sempre più frequenti se una volta capitavano ogni 4-5 anni oggi stiamo vedendo come un po’ in tutta Italia in generale si stanno verificando con una maggiore intensificazione quindi di conseguenza per evitare in futuro che si possano avere problematiche si deve operare certamente su un sistema fognario, su un sistema di regimazione delle acque diverso rispetto a quello che si è fatto fino a qualche tempo fa: è un lavoro veramente mastodontico, di certo cambierà molto alcune abitudini alcune abitudini che avevamo
Gli enti locali che possibilità hanno? I comuni non riusciranno perché aumentano tantissimo i costi. E’ chiaro che qui ci sarà bisogno di aiuti perché nessuna struttura pubblica riuscirà a farlo, dall’altra parte diciamo che poi noi soffriamo anche come città di avere delle zone che sono state urbanizzate in alcuni posti e rappresentano delle problematiche non indifferenti.
Per quanto riguarda la questione delle delocalizzazioni, che risposte avete avuto dal governo dal ministero con cui avete interloquito? Credo che riusciremo a risolvere alcune situazioni che hanno patito evidentemente l’alluvione del 2022 attraverso appunto una diversa gestione anche delle delocalizzazioni stesse, è evidente che abbiamo alcune strutture normative che secondo noi devono essere modificate e speriamo che avverrà. A Senigallia abbiamo quest’abitudine, case di un piano quindi col solo piano terra che si trovano in zone esondabili, se queste persone volessero ovviamente rimanere in quella casa è necessario poter dar loro la possibilità di modificare la casa con dei contributi e alzarle su piloni. Attualmente la delocalizzazione riguarda solo coloro che sono stati coinvolti nell’ultima tragica alluvione del 2022.
Un’ultima questione per quanto riguarda le previsioni meteo sono numerose le allerte che vengono diramate dalla protezione civile, chiaramente non compete al comune ma quanto sono affidabili questi sistemi? Abbiamo una serie di normative dettate dalla protezione civile che ci permettono di poter alzare le allerte da giallo ad arancione eccetera le previsioni del tempo tutto dipende anche dall’evolversi anche nell’ultimo periodo: tante volte noi siamo stati in allerta arancione, vedendo che poi la stessa cellula deviasse il suo corso anche negli ultimi 5 minuti per cui ti aspetti che arrivi a chissà cosa, poi in realtà non lo è, oppure che una cellula d’acqua si auto-rigeneri non in condizioni terrificanti come è avvenuta nel settembre del 2022 ma ad esempio quest’ultima qui è arrivata una quantità d’acqua veramente inaspettata, molto elevata, soprattutto nella zona di Senigallia e Marotta che non era stata minimamente prevista. Certamente io sono sempre per un regime più di cautela, per cui anche quando arriva un’allerta arancione si chiude le scuole, so che per esempio ci sono moltissime critiche, soprattutto da chi porta i bambini a scuola, preferisco quelle piuttosto che un’allerta che come l’ultima sembrava gialla, poi in realtà è vero che si è modificata nell’ultimo periodo, negli ultimi istanti e quindi ha piovuto molto più di quello che ci sarebbe aspettato ora da un punto di vista tecnico non so se tutto questo sarà possibile, certo che i sistemi sono oggi abbastanza avanzati e che in certe situazioni questa ripetitività degli allarmi potrebbe anche non sembrare fondata, ma per variazioni che avvengono all’ultimo minuto. La cosa positiva per il momento è che con queste situazioni c’è una grossa attenzione, quindi al Senno c’è una grossa attenzione di tutto il sistema, anche universitario, anche a livello di enti che studiano e di studiosi, probabilmente i sistemi verranno sempre più affinati, quindi questa è la speranza.
Due anni fa la gravissima alluvione che causò la morte di tredici persone e danni per oltre un miliardo di euro in tutta la vallata Misa-Nevola. A distanza di 24 mesi da quel 15 settembre 2022, oltre alle commemorazioni, sono terminati i lavori ed è entrata in funzione la prima vasca di espansione, situata nella zona tra Bettolelle e Brugnetto. Un’opera «attesa da 40 anni», che ha lo scopo di mitigare il rischio idraulico in un territorio già colpito da vari disastri naturali. Ieri, lunedì 16 settembre, c’è stato il sopralluogo da parte dell’assessore regionale alla protezione civile Stefano Aguzzi, del sindaco di Senigallia Massimo Olivetti, di Lucia Taffetani, dirigente del Genio civile Marche Nord, accompagnati da altri responsabili e consiglieri regionali, per fare il punto sui lavori e sull’intervento che dovrebbe rendere più sicura la città di Senigallia.
FUNZIONAMENTO, COSTI E TEMPISTICHE
La cassa di espansione permetterà di stoccare in modo naturale, grazie a un restringimento dell’alveo fluviale, circa 800 mila metri cubi di acqua. Quando il livello del fiume Misa, in caso di piena, salirà oltre una certa quota, l’acqua scivolerà naturalmente e senza necessità dell’intervento dell’uomo, nella vasca sulla sponda sinistra del fiume. Si riempirà progressivamente per poi andare a coinvolgere anche una seconda area i cui lavori sono in corso, per un totale di 1 milione di mc. La seconda parte dei lavori per l’ampliamento dell’area è già iniziata: dovrebbe terminare nel marzo 2025 per un ulteriore stanziamento di risorse pari a 975mila euro oltre ai 6 milioni già spesi. La cassa ha inoltre due bocche di scarico a due livelli distinti per permettere il rilascio graduale dell’acqua, una volta terminata la fase emergenziale. E questa operazione sarà meccanica o manuale. La cassa, le sponde e i sifoni di collegamento tra le due aree avranno bisogno dunque di una «costante manutenzione», per evitare che si intasino di fango ai primi utilizzi, come ha spiegato la dirigente del genio civile Marche nord, Lucia Taffetani.
I COMMENTI
L’assessore regionale Aguzzi ha rimarcato che finalmente, dopo 40 anni dalla loro ideazione, le vasche di espansione entrano in funzione. Il primo finanziamento risale infatti agli anni ‘80 con i fondi Fio (circa 4 miliardi di lire). «E’ uno dei tanti interventi – ha detto Aguzzi – previsti dall’assetto di progetto del fiume Misa adottato nel 2016 e porta un contributo significativo alla riduzione del rischio idraulico della vallata, ma sappiamo che se dovesse verificarsi un evento come quello del 15 settembre 2022, nemmeno dieci di queste aree potrebbero evitare un nuovo disastro».
Soddisfatto il sindaco Olivetti che ha però sottolineato come siano ancora da risolvere (e le aspettative di dialogo con Regione e struttura commissariale nonché quelle su una positiva risoluzione sono alte) sia la possibile individuazione di un’area di laminazione naturale in zona Marazzana, sia la questione delle delocalizzazioni degli abitanti delle zone più a valle, magari con espropri che rendano conto del reale valore delle abitazioni.
Al sopralluogo erano presenti anche dei residenti di un condominio adiacente alla vasca di espansione, Villa Giannini, in zona Brugnetto, che avevamo intervistato (ASCOLTA L’INTERVISTA QUI), i quali hanno chiesto più sicurezza per la zona in cui il fiume è esondato più volte nel corso degli anni.
La vasca di espansione sul fiume Misa tra Brugnetto e Bettolelle di SenigalliaIl sopralluogo nell’area della vasca di espansione a Bettolelle di Senigallia
Sarà una struttura in acciaio, con una forma a “S” alta più di due metri sopra il piano stradale, a rendere concreto, entro il 2025, il nuovo ponte Garibaldi a Senigallia. La nuova infrastruttura nascerà a pochi metri di distanza dalla vecchia sede: sarà lunga 40 metri, con rampa di accesso in via Rossini e condurrà fino ai portici Ercolani: probabilmente sarà a senso unico con direzione nord-sud ma sarà larga abbastanza per poter ospitare, volendo, due corsie di marcia. Avrà anche passaggi ciclabili separati e marciapiedi, oltre al verde urbano per mitigare l’impatto dell’opera ingegneristica. In sostanza è stata confermata l’ipotesi progettuale circolata mesi fa e che tanto aveva fatto discutere la città perché, questa era la critica, non teneva nella giusta considerazione l’aspetto estetico e paesaggistico.
Per quanto riguarda i costi, è stato stimato il superamento dei 2,5 milioni di euro: tra progettazione e realizzazione dell’opera si dovrebbe arrivare ai 3,5 milioni di euro. Il cantiere dovrebbe partire, ma non si è azzardata alcuna data precisa, entro i primi sei mesi del 2025, con l’auspicio di terminare i lavori entro fine estate. In seguito verrà rimossa la passerella temporanea posizionata per la circolazione ciclopedonale a fianco alle macerie del vecchio ponte. Per il ponte degli Angeli dell’8 dicembre 2018, ricostruito dopo la precedente alluvione del 2014 e dedicato alle vittime della Lanterna Azzurra, si parla già di sostituzione per evitare l’effetto diga come nel caso dell’esondazione del 2022.
«E’ stata una scelta complessa ma necessaria per poter rispettare il franco idraulico e per coniugare le esigenze legate al raccordo con la viabilità cittadina – ha detto il presidente della Regione Marche nonché commissario all’emergenza alluvione Francesco Acquaroli durante la presentazione del progetto – Non è stato semplice trovare la giusta collocazione ma questa è una soluzione ad altissima tecnologia che garantisce il rispetto delle norme sulla sicurezza perché Senigallia non debba rivivere più situazioni come quella del 2022 o temere a ogni allerta. La città non deve essere sottoposta a rischi a causa delle infrastrutture e questo progetto è la risposta a tutte le esigenze».
La presentazione del progetto per il nuovo ponte Garibaldi a Senigallia: da sinistra Massimo Olivetti, Francesco Acquaroli, Stefano Babini e Stefano Aguzzi
A fornire i dettagli sul progetto del nuovo ponte Garibaldi a Senigallia è il vicecommissario all’emergenza alluvione Stefano Babini. L’infrastruttura sarà in acciaio, un prefabbricato che verrà montato sul posto, lungo 40 metri e a doppia corsia con marciapiedi e pista ciclabile laterale. «Entro ottobre verrà completata la progettazione e confermo la tempistica annunciata dal presidente Acquaroli. Ormai la realizzazione è lanciata, possiamo già intravederla anche se gli imprevisti ci possono essere sempre». Il riferimento è ai precedenti annunci sui lavori che dovevano partire per la primavera 2024. «Le prime ipotesi erano praticamente solo di buon senso e persino partivano a raso con gli argini in muratura. Poi abbiamo chiesto deroghe al Consiglio superiore dei lavori pubblici che però ha fatto capire che non sarebbe stata accordata, quindi siamo dovuti procedere con questo progetto». Su ponte degli Angeli, ex ponte II Giugno, Babini ha annunciato un concorso di idee per risolvere il problema dell’altezza: «Il Garibaldi si può rialzare, questo non si può sopraelevare perché è in una posizione strategica, nemmeno col meccanismo dei martinetti idraulici. Perciò dobbiamo ricorrere al parere degli esperti per cercare nuove soluzioni».
«E’ una soluzione che abbiamo caldeggiato in base al rispetto della normativa sulla sicurezza. Il nuovo ponte sarà molto diverso rispetto a quello che c’era prima, ma per noi è molto importante la ricostruzione di questa struttura». Questo il commento del sindaco Massimo Olivetti. «Mi auguro che la riflessione interessi anche ponte degli Angeli che deve essere modificato o sostituito perché al di là delle indagini, è una situazione che ci può mettere in crisi in più occasioni. Quello che importa più del livello estetico è la questione sicurezza: non vogliamo che sia messa ancora in secondo piano. Non si poteva rifare il ponte dov’era o com’era prima perché sarebbe atterrato praticamente davanti al duomo e perché c’è il vincolo sui portici Ercolani che non si poteva superare. Questa soluzione è un sacrificio che va bene rispetto a un sistema di sicurezza che è prioritario».
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