Procura generale e difesa hanno confermato la rinuncia agli atti di appello, rendendo quindi definitivo l’ergastolo per Filippo Turetta, assassino della giovane Giulia Cecchettin. L’avvocato del padre Gino, Nicodemo Gentile, ha dichiarato alla stampa che «la sentenza ha comunque riconosciuto di fatto i motivi abbietti per l’omicidio, definendoli arcaici, in quanto Turetta si opponeva a qualsiasi tipo di autodeterminazione di Giulia. Di fatto ha riconosciuto l’omicidio di genere e questo è importante».
Esiste una specificità per la violenza di genere che la rende unica nelle figure previste dal diritto penale. Quella sulle donne è ‘di genere’ proprio perché una violenza determinata dal genere della vittima del reato. In poche parole, ti discrimino, ti meno, ti uccido, ti imprigiono, ti violento ‘solo’ perché sei donna. Non perché devo rubarti qualcosa, o perché farti fuori rientra in un disegno criminale più ampio, o per togliere di mezzo eventuali rivali in loschi affari, o in quanto scomoda testimone…
La violenza di genere è ‘speciale’ perché è manifestazione estrema della cultura discriminatoria che la crea, la nutre, la reitera in tante forme ed espressioni. Ribadire e approfondire questo assunto non è secondario e tacciare di partigianeria chi dice questo significa non impegnarsi, ognuno per le sue competenze, ruoli e responsabilità, nel combattere la persistenza di quel terreno, tutt’altro che bonificato, sul quale questa tipologia di fenomeno si innesta.
Siamo nel Paese in cui anche questa verità scientifica – sì, perché gli studiosi del diritto studiano da tempo tutto ciò e la sentenza del caso Turetta ne è conferma – viene strattonata per rendere anche questo tema oggetto di scontro politico. Proporre un approccio alla violenza sulle donne con i colori della ‘sinistra’ o della ‘destra’ è miope, oltre che pericoloso, così come non evidenziarne le peculiarità. Un dibattito semplificato, non approfondito è dannoso per tutti e tutte. Con l’aggravante di non custodire pienamente la memoria di quante, proprio in nome di questo veleno sociale, non hanno più nemmeno il diritto di vedere la propria sofferenza, se non la propria morte, almeno come occasione per fare passi avanti e alleanze positive.
Non una singola giornata, bensì due settimane di iniziative per affrontare un tema purtroppo ancora attuale, quello della violenza di genere. Il Comune di Trecastelli presenta “Il Coraggio di Cambiare”, la nuova campagna di sensibilizzazione promossa in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre. Il programma, ideato dall’assessorato alla cultura, coinvolge l’intera comunità in una riflessione profonda che va oltre la singola ricorrenza. Nel file audio che potete ascoltare cliccando sul lettore multimediale troverete le parole dell’assessora alla cultura di Trecastelli Liana Baci, della curatrice della mostra in programma Simona Zava e della presidente Anpi sez. Trecastelli Elena Morbidelli. Il servizio, a cura di Carlo Leone, sarà in onda alle 13:10 e alle 20 di venerdì 14 novembre, alle 20 di sabato 15 e alle 17:15 circa di domenica 16, sempre su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM).
La strada da percorrere
«È un tema particolarmente sentito a cui l’amministrazione volge uno sguardo di grande attenzione», ha spiegato l’assessora Liana Baci, sottolineando come la violenza di genere sia un fenomeno ancora profondamente radicato, superabile solo attraverso un cambiamento culturale. «Dobbiamo lavorare anche sul piano dell’educazione emotiva, del riconoscimento delle proprie emozioni, per poterle gestire fin da bambini. Educare al sentimento. Ecco, in questo senso penso che la strada sia abbastanza lunga da percorrere». L’impegno che Trecastelli porta avanti da tempo (la rassegna si chiama così solo dal 2022 ma già prima venivano organizzate iniziative ed eventi sul tema) si è già tradotto in azioni concrete, come l’adesione al manifesto “Italia Gentile” che ha visto la città divenire “Comune Gentile” nel 2024) e il coinvolgimento dell’istituto comprensivo Nori De’ Nobili come “Scuola Gentile”.
Arte giovane in mostra
Il calendario si aprirà domenica 16 novembre al Villino Romualdo di Ripe con l’inaugurazione della mostra “Tra identità e sguardo, giovane visione sul femminile”. Il progetto, proposto dalla Consulta dei Giovani, vede protagonisti nove artisti del territorio (Alice Antonietti, Chiara Bacianini, Federico Baraschi, Margherita Medici, Daniel Sartini, Beatrice Perticaroli, Luca Pettinari, Aurora Reina e Matteo Valletti) di età compresa tra i 18 e i 35 anni. Simona Zava, curatrice dell’esposizione insieme a Stefano Schiavoni, ha spiegato l’obiettivo: «Abbiamo chiesto loro come oggi vedono il ruolo della donna e del femminile. Ognuno, con la propria poetica e diverse forme artistiche, dalla fotografia alla pittura, ha dato voce a quell’indagare l’identità e lo sguardo del femminile oggi». La mostra, ospitata al museo Nori De’ Nobili, sarà visitabile gratuitamente fino al 18 gennaio 2026.
Cinema e gesti simbolici: da Cortellesi all’Orange Day
Le iniziative proseguiranno domenica 23 novembre al polifunzionale con la proiezione del film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi. «Un film – ha commentato l’assessora Baci – che ha saputo raccontare la condizione della donna nell’immediato dopoguerra con spaccati di vita purtroppo ancora molto attuali». Martedì 25 novembre, in occasione della giornata internazionale, Trecastelli aderirà alla campagna ONU “Orange the World”: l’edificio storico del Villino Romualdo sarà illuminato di arancione, colore simbolo scelto per rappresentare un futuro senza violenza.
“Non chiudere gli occhi”: la camminata per cambiare la cultura
A chiudere il mese, domenica 30 novembre, sarà la settima edizione della camminata di sensibilizzazione “#NonChiudereGliOcchi”, organizzata dalla sezione ANPI di Trecastelli e patrocinata dai comuni di Trecastelli e Corinaldo. «Il titolo – spiega la presidente locale dell’ANPI Elena Morbidelli – nasce per superare la rappresentazione della donna come soggetto debole, che subisce in un angolo, che rimane con gli occhi chiusi. Noi non rimaniamo fermi, ma camminiamo, riflettiamo e ci muoviamo». Dal ritrovo in campagna tra Trecastelli e Corinaldo, il percorso terminerà a Monterado, davanti la sede del nuovo sportello antiviolenza «per dare visibilità a questa nuova realtà fondamentale». Durante il percorso, la compagnia teatrale Le gine2 metterà in scena “Le disonorevoli”, un’opera sul maschilismo ordinario e istituzionale dal ‘45 a oggi. «La violenza e il femminicidio sono solo la punta dell’iceberg – afferma Morbidelli. In realtà è tutta una cultura che è molto più ampia rispetto a ciò che si vede. Bisogna cambiare completamente la cultura e cambiarla dal basso. Non può essere una legge imposta dall’alto». L’appuntamento per la camminata è alle ore 9 di domenica 30 novembre, senza bisogno di prenotazione.
Una degradante vicenda ha scosso il web e la società italiana: la scoperta dell’esistenza da anni di un gruppo sulla piattaforma facebook, denominato “Mia Moglie“, in cui per anni sono state scambiate, per la maggior parte dei casi senza consenso, centinaia di migliaia di foto di donne, in atteggiamenti quotidiani ma anche in momenti intimi. Un’indignazione collettiva ha portato alla sua chiusura e rimozione, ma il caso non è che la punta di un iceberg, un campanello d’allarme che merita una riflessione profonda sulla violenza di genere. E la nostra riflessione parte dalle parole della psicologa e psicoterapeuta Simona Cardinaletti che Laura Mandolini ha intervistato per “20 Minuti da Leone” e che vi proponiamo in versione integrale qui su La Voce Misena: basterà cliccare sul tasto play del lettore multimediale per ascoltare l’intervista.
Una vetrina di corpi senza consenso
Il gruppo, attivo dal 2019 e con quasi 32 mila persone, era una vera e propria “piazza del mercato” in cui esporre la merce, fatta di immagini rubate, alcune reali e altre tratte dal web. Foto che venivano in maniera anonima sottoposte al giudizio pubblico degli iscritti, con commenti sessisti, violenti e degradanti. Post come “Voi cosa le fareste?” ricevevano risposte come “La stuprerei io”. Il problema è che non è una novità ed solo la punta di un fenomeno ben radicato purtroppo nella nostra cultura. Secondo Cardinaletti, si tratta di una versione moderna del concetto di branco, in cui la competizione si basa sull’oggettificazione della donna.
Un gioco in cui perdono tutti
La dottoressa Cardinaletti spiega che per gli uomini che partecipano a queste dinamiche «mettere sul mercato le foto della propria moglie è un modo per ottenere l’approvazione degli altri maschi e sentirsi un maschio che vale». Un atteggiamento minimizzato come si è giustificato il marito di una delle donne le cui foto sono state condivise, dopo aver confessato di far parte del gruppo. La donna, in un amaro sfogo sul Corriere della Sera, ha scritto: «Lui si è giustificato dicendo che era soltanto un gioco… un gioco in cui alla fine perdono tutti».
L’impunità
Simona Cardinaletti
Questa vicenda non è solo un “gioco”, ma un vero e proprio reato. Scambiare foto sessualmente esplicite o rubate senza il consenso della persona raffigurata è un illecito punibile con la reclusione da uno a sei anni e una multa dai 5mila ai 15mila euro. Ma la rimozione del gruppo, avvenuta dopo sei anni dalla sua creazione, solleva dubbi e interrogativi sulla responsabilità delle piattaforme social. Meta, la società che gestisce Facebook, ha agito solo dopo l’ondata di indignazione, dimostrando una grave mancanza nella moderazione dei contenuti, che ha permesso a migliaia di utenti di commettere atti illegali indisturbati per anni.
La sfida culturale
Il caso “Mia Moglie” evidenzia una profonda problematica culturale. La violenza di genere, spiega la dottoressa Cardinaletti, non è un problema che riguarda le donne, bensì un problema che riguarda gli uomini. L’idea che le donne siano al servizio degli uomini in tutti i sensi, incluso il corpo, è ancora radicata e ampiamente accettata. Per questo motivo, le iniziative contro la violenza dovrebbero essere rivolte agli uomini, nei loro luoghi di lavoro e nello sport, interpellandoli in maniera attiva. L’educazione al rispetto di genere, da praticare fin dalla giovane età, e un’auto-riflessione del mondo maschile sono i primi passi per una vera evoluzione. «Fin quando continuiamo a lavorare solo con le donne, da qui non ne usciamo» è l’amara considerazione conclusiva di Cardinaletti.
Quali sono i reati che con più frequenza vengono commessi nelle nostre zone? Che tipo di criminalità stanno contrastando le forze dell’ordine locali? Che accorgimenti possiamo adottare noi cittadini? Sono alcune delle domande che abbiamo posto alla comandante della Compagnia carabinieri di Senigallia, cap. Felicia Basilicata, che abbiamo recentemente intervistato. L’audio, disponibile in questo articolo assieme a un estratto testuale, è andato in onda lunedì 27 e martedì 28 gennaio su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM) e sarà in replica domenica 2 febbraio a partire dalle ore 16:50 (la prima di tre interviste consecutive).
Partiamo con una panoramica di quelli che sono i reati che si commettono con più frequenza nel territorio di Senigallia e nei comuni della vallata di competenza della compagnia senigalliese. La compagnia Senigallia si occupa di un territorio molto vasto che sul mare si estende fino a Montemarciano mentre all’interno arriva a Ostra Vetere, Belvedere Ostrense e a Castellone di Suasa. Per fortuna i reati che vengono commessi qui a Senigallia sono pochi; tra quelli che vengono commessi più frequentemente sicuramente abbiamo: i furti in abitazione, le truffe agli anziani e la violenza di genere.
Che andamento per i furti? Sono in aumento o no? Tra il 2023 e il 2024 c’è stato un leggero calo dei furti in abitazione. Come statistica abbiamo visto che vengono commessi la sera appena arriva l’imbrunire, infatti c’è un calo durante il periodo estivo, mentre durante il periodo invernale visto che il buio arriva prima, ci sono più furti. Quindi, nella fascia oraria pomeridiana dopo le 16-17, quando soprattutto nel fine settimana le persone escono per andare a fare la spesa o per fare una passeggiata, sono quelli i momenti in cui magari il ladro riesce ad entrare all’interno dell’abitazione.
Che strumenti per contrastarli? Noi proviamo a fare tanta prevenzione per tutti questi tipi di reati. L’unica cosa che mi sento di dire sui furti in abitazione è che noi per contrastarli cerchiamo di mettere più servizi esterni possibile. Cerco di dare una protezione esterna un grande impatto perché il cittadino già che vede la macchina dei carabinieri magari con i lampeggianti accesi è più tranquillo, certo è che non possiamo contrastare solo grazie a questa cosa questo tipo di reati, sicuramente i cittadini devono fare qualcosa anche loro.
Che accorgimenti possiamo osservare? Quando usciamo, dobbiamo chiudere bene le porte, le finestre e le tapparelle, anche d’estate. Magari chiedere al vicino, se è in casa, di dare un’occhiata. E poi tutte le persone che hanno ancora oro o contanti in casa è importante che magari installino una cassaforte così è più difficile che vengano rubati o comunque il consiglio è di non lasciarli tutti all’interno dell’abitazione. Vengono fatti molto repentinamente, i ladri non stanno un’ora nell’abitazione, ma un quarto d’ora e scappano, solitamente colpiscono i piani bassi. Quindi può servire installare porte blindate e sistemi di videosorveglianza. Sono piccole accortezze, ma possono esserci molto utili.
Sono bande che vengono da fuori o si tratta di gruppi di malviventi locali? In realtà vengono da fuori per fare il furto e poi se ne tornano via. Dalle nostre indagini a volte vediamo che le macchine sono noleggiate fuori, ma i ladri arrivano da altre zone ancora o sono addirittura stranieri, quindi non sono bande locali, vengono comunque da fuori. L’unico modo nostro per prevenirlo è appunto la proiezione esterna, pattugliamenti, soprattutto nel fine settimana anche in accordo con le altre forze di polizia.
Tra i reati che destano molta preoccupazione ci sono le rapine: cosa ci può dire al riguardo? Le rapine sono in netto caso rispetto agli anni passati, assolutamente non se ne sono verificate e ci auguriamo che non se ne verifichino. Qui a Senigallia nello specifico, e comunque nella provincia d’Ancona, se ne verificano talmente poche che possiamo stare tranquilli sotto quel punto di vista.
La comandante della compagnia carabinieri di Senigallia, cap. Felicia Basilicata
Un altro fronte di intervento è quello relativo alla violenza di genere, con questi protocolli che si chiamano i codici rossi che permettono l’intervento sia in fase preventiva che in fase repressiva, quando diciamo la situazione purtroppo è già degenerata. Quando le donne sono vittime di violenza – di qualsiasi natura perché non è che debba per forza essere picchiata ma c’è anche la violenza psicologica per esempio – devono venire a denunciare. Non mi stancherò mai di dirlo. Spesso ancora ci capita di essere chiamati dal pronto soccorso perché arriva una donna vittima di violenza ma poi non vuole denunciare e quindi ci troviamo a dover partire sempre da zero. Spesso per paura o perché magari dicono “no, era ubriaco”, oppure “è successo una sola volta, un solo episodio”. No, non deve succedere neanche un solo episodio. Al comando stazione di Montemarciano, in via de Gasperi, abbiamo creato una “Stanza tutta per sé” proprio per le donne vittime di violenza: donne e minori, vittime di violenza, quindi quando una donna ha paura o ha anche solamente il sentore che il proprio compagno, il proprio marito possa avere degli atteggiamenti aggressivi nei suoi confronti, deve venire a denunciare.
Nel caso di assenza di denuncia da parte della donna vittima di violenza, che cosa succede all’uomo maltrattante? Comunque noi la notizia di reato in procura la mandiamo, quindi comunque si attiva un iter, non è che lasciamo che la donna torni a casa. Il codice rosso viene attivato. Se la donna denunciasse sarebbe meglio, perché comunque si attiverebbe una macchina molto più rapida. Poi sarà la procura a decidere cosa fare, se e che reato perseguire.
Ci sono dei reati spia, dei segnali che possano in qualche maniera farci capire che direzione sta prendendo la relazione? Sì, solo il fatto che magari un uomo – può essere anche che ci sia un maltrattamento nei confronti di un uomo da parte di una donna, questo non voglio assolutamente escluderlo – dica “non puoi uscire con una tua amica” o “non vestirti in questo modo”, “non metterti quella gonna”, questo già deve far capire alla donna che è sotto pressione: ognuna deve sentirsi libera di esprimere la propria vita. E’ violenza a tutti gli effetti anche solo sentirsi dire “tu non puoi vivere se non ci sono io”, quando la donna magari è una casalinga che dipende economicamente dal marito. Se ci sono atti persecutori dall’ex partner, da una persona con cui si è avuta in passato una relazione sentimentale, e se si ha paura per sé o per i propri figli, anche lì bisogna denunciare: prima magari si può affrontare un ammonimento, un provvedimento rilasciato dal questore, che dice all’uomo sostanzialmente “smettila perché altrimenti poi potresti essere denunciato e potresti avere delle conseguenze peggiori”.
Un altro fronte di intervento invece è quello relativamente alle truffe alle persone, soprattutto anziane, fenomeno che si pensa sia in aumento soprattutto dopo il covid che ha limitato gli spostamenti e che quindi ha dato il via, l’input, per i malviventi ad implementare certi raggiri, certi escamotage per truffare le persone. Il trend anche qui è pressoché uguale agli anni precedenti. E’ un fenomeno che ci sta molto a cuore, perché spesso fingono di essere dei carabinieri o degli avvocati e le persone ancora si fidano ciecamente delle forze dell’ordine. Dicono: “tuo figlio ha fatto un incidente non ti può rispondere al telefono, ci devi dare i soldi come cauzione per liberarlo” e quindi vanno a toccare anche la cosa più cara che ha una persona, quindi è normale che si vada un po’ in difficoltà. Magari nemmeno si rendono conto che è una truffa. A volte succede la cosa peggiore che fanno uscire gli anziani di casa per farli andare a prelevare in attesa che arrivi il complice, poco dopo, a ritirare i soldi. Noi carabinieri non andiamo a casa di nessuno a chiedere niente, quindi già se la persona anziana si trova il carabiniere in casa deve farsi una domanda. Magari lo possono capire i giovani, possono allertare i propri familiari e comunque informarli sulle principali truffe che vengono messe in atto.
Prevenzione viene fatta? Sì, facciamo gli incontri con gli anziani all’interno delle parrocchie o dei circoli frequentati dagli anziani. Lo diciamo sempre: chiamateci prima di fare qualsiasi cosa. Se la persona anziana ci chiamasse subito, noi riusciremmo a intervenire e a coglierli sul fatto.
Si celebra il 25 novembre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un fenomeno di strettissima attualità che riguarda tutti i paesi ma che vede in italia numeri, seppur in calo, ancora molto elevati. Sono infatti oltre 100 le donne vittime di femminicidi dal solo inizio del 2024, dati dell’osservatorio nazionale in Italia “Non una di meno”. Praticamente una donna ogni tre giorni muore per mano sempre più spesso del partner o dell’ex. In nove casi su dieci la violenza è perpetrata in ambito domestico. Sul tema abbiamo intervistato Simona Cardinaletti, psicoterapeuta di Chiaravalle che da anni si occupa di case rifugio e consulenza a varie associazioni per la tutela delle donne in molte parti d’Italia tra cui Marche ovviamente, Abruzzo e Puglia. L’intervista sarà in onda lunedì 25 e martedì 26 novembre alle ore 13:10 e alle ore 20 e domenica 1° dicembre alle 16:50 sempre su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM) ma sarà disponibile integralmente anche in questo articolo assieme a un breve testo.
Possiamo fare una panoramica della violenza di genere? Credo che sia un fenomeno trasversale a livello internazionale, non esiste luogo al mondo in cui questo fenomeno non ci sia; la discriminazione delle donne è l’elemento che unisce tutte le culture indistintamente.
Come si come si sviluppa? Quali sono i suoi segnali che potrebbero anche aiutare a prevenire alcuni dei fenomeni più violenti? I segnali sono difficili da cogliere per tutti, sia per le vittime, che per gli autori di violenza, che per le persone intorno proprio per il fatto che è un fenomeno che si confonde molto facilmente con quello che noi vediamo tutti i giorni. E’ questo il principio culturale della violenza sulle donne: il fatto che per esempio che una donna abbia delle limitazioni da un punto di vista sia delle relazioni affettive, un controllo su dove va, con chi esce, come si veste, oppure il fatto che una donna debba sacrificare il suo lavoro, la sua carriera in nome della famiglia e quindi in questo modo essere più dipendente da un punto di vista economico. Chiaramente non tutti gli uomini sono violenti, ma tutte le donne sono vittime di una discriminazione di cui non sono consapevoli.
Quali sono questi appunto segnali che possono indicare un certo percorso nello sviluppo di una relazione malsana? Ho cominciato nel 2000 con una casa rifugio perché poi il centro antiviolenza già esisteva sul territorio di Ancona e continua ad esistere che è “Donne e giustizia”. Quando arriviamo noi è troppo tardi nel senso che il fenomeno è arrivato al suo apice, quindi quello che noi facciamo con le donne è quello di renderle consapevoli del fatto di essere vittime dell’uomo, chiaramente in primo luogo, ma anche vittime di un’immagine di sé che le ha sempre legate in un luogo di dipendenza economica, dipendenza affettiva, le donne sono quelle che devono curare le relazioni, sono quelle che si devono occupare di tutti, di figli, di compagni. Tutto viene completato con un lavoro sul territorio, con la creazione delle reti, cioè lavorare con la società, chiamiamola civile, con enti, istituzioni, terzo settore per portare una visione unitaria, la stessa lettura del fenomeno.
Stessa lettura poi si traduce in un protocollo operativo comune? Da una parte abbiamo chiaramente la definizione di prassi, quindi che cosa fa ognuno dei componenti di questa rete nel momento in cui riceve una richiesta d’aiuto, che cosa si deve attivare evitando che la donna faccia mille richieste d’aiuto; dall’altra parte proprio lavorare sul fatto che la violenza è insita nel sistema culturale ed economico e questo è un meccanismo che ci riguarda tutti. Sono convinta che noi non sconfiggeremo mai la violenza alle donne se non cominciamo a pensare che è un problema che ci riguarda tutti e tutte perché insito nel nostro modo di vivere le relazioni di genere, nel sistema economico e politico.
Come possiamo uscire da questa visione e quante persone avete accolto nella casa rifugio Zefiro di cui è responsabile? Abbiamo ospitato circa 150 donne e circa 200 bambini. La strategia che noi adottiamo e che mi chiedono di fare è di parlare di questo fenomeno proprio ai non addetti ai lavori perché le persone si rendano conto che il problema dell’aderenza non riguarda solo quella vittima o quel carnefice ma che ci riguarda tutti.
Come ne parlano i media? Chiaramente i media hanno una grandissima responsabilità rispetto a questa cosa. Ancora sentiamo parlare di “uccide per amore”, “uccide per gelosia”, alimentando la confusione perché l’amore e la violenza non hanno niente a che vedere eppure si confondono molto facilmente. Credo che gli organi di stampa, insomma, la comunicazione di massa dovrebbe fare questa netta distinzione: quando si uccide una donna si uccide per violenza, non c’è nessun altro motivo. Non solo in qualche modo si trova una parziale giustificazione all’operato di chi ha agito con violenza ma si continua a perpetuare questa confusione nella testa di tutti fino a pensare che anche la vittima abbia la sua responsabilità. E questa cosa non esiste per nessun altro reato.
Lei ha fatto attività di supervisione per diverse realtà in Italia: che quadro emerge c’è una certa uniformità oppure ci sono distinzioni come dire territoriali, culturali? Se devo vedere una differenza non è tanto rispetto nord-sud-centro, quanto rispetto alle peculiarità territoriali, nel senso che territori che sono caratterizzati da isolamento perché territorialmente sono collocati in zone con poca comunicazione, abbastanza isolati, ecco lì il fenomeno della violenza è molto forte ed è molto nascosto dalle comunità. Lo possiamo trovare un po’ trasversalmente in tutta Italia, c’è differenza in un luogo in cui ci sono più comunicazioni e le donne si possono muovere più liberamente. Un’altra differenza è nelle vittime: si denuncia più dove ci sono i servizi ecco al sud ci sono meno servizi e questo è un altro grande problema.
Dai dati che sono stati diffusi recentemente, ad esempio dall’osservatorio nazionale di “Non una di meno”, sono oltre 100 le donne vittime di violenza, di femminicidi nel 2024 ma erano 179 nel 2013 secondo i dati del ministero della giustizia: c’è un calo? No, credo che ci sia un aumento della consapevolezza da parte soprattutto delle vittime le quali, probabilmente visto che se ne parla, e se ne parla tanto, riescano a cogliere prima determinati segnali. Ancora dobbiamo fare tanta strada però.
Si torna a parlare di legittima difesa e difesa sicura a Senigallia. Dal 21 al 23 giugno, la spiaggia di velluto ospiterà incontri, lezioni di difesa personale e workshop giuridici e psicologici per esaminare un tema di stretta attualità: quello delle aggressioni alle donne, dei femminicidi e dei modi che esse hanno per difendersi quando ancora non sono cominciati percorsi e iter di denuncia o di protezione da parte delle istituzioni preposte.
La quarta edizione del seminario nazionale di Difesa Legittima Sicura si svolgerà tra gli stabilimenti Cogesco (sul lungomare Da Vinci 5) e la sala convegni dell’hotel HR (Lungomare Alighieri 142) con un ricco programma. Per quanto riguarda l’attività tecnica, questa si svolgerà in spiaggia, su due materassine: una per le palestre affiliate a DLS con relativi ospiti e una dedicata alle donne che vogliono affacciarsi per la prima volta alle basi della difesa personale. Presenti docenti d’eccezione (tra cui il responsabile nazionale del metodo MGA per la Fijikam Enzo Failla e l’olimpionica Lucia Morico) e praticanti di varie discipline marziali da tutta Italia.
Proposta dall’associazione Difesa Legittima Sicura (DLS), in collaborazione con l’unione dei comuni Le terre della marca senone e con il patrocinio della Fijlkam (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali), l’iniziativa prevede, oltre a stage interdisciplinari di arti marziali e tecniche di difesa personale, anche seminari giuridici con aggiornamenti sulla recente giurisprudenza, approfondimenti psicologici sulla reazione difensiva.
La sera del 21 giugno si terrà un convegno all’Hotel HR (ex Ritz), alle 20.45, dal titolo “Dalla parte delle vittime, oltre il vittimismo“, finendo per parlare anche della nostra società, chiedendosi se sia davvero patriarcale e favorisca la violenza nei confronti delle donne. Presenti al confronto anche l’avvocato Andrea Luccitti del foro di Pescara, la capo-redattrice del magazine Wall out di Genova Arianna Maestrale, la psicologa campana Ilaria Lauria. Tra gli ospiti anche l’attrice Sara Pallini, protagonista della fiction Amore Criminale, che interpreterà un testo di Dacia Maraini.
Sono attese 150 persone da tutta Italia (con una massiccia presenza della Lombardia ma anche da Toscana, Liguria, Calabria, Campania, Abruzzo, Umbria e Lazio) per un appuntamento multidisciplinare, che parte dallo sport e passando per la giurisprudenza arriva fino alla difesa legittima con l’obiettivo di combattere in particolare la violenza di genere. Argomento di stretta attualità se si pensa agli ultimi casi di violenza sulle donne ma anche a quanto hanno rivelato ai microfoni di Radio Duomo Senigallia le volontarie dell’associazione “Dalla parte delle donne”: anche nel senigalliese sono diversi i casi di sopraffazione e anche violenza di genere, domestica, economica, psicologica, verbale e fisica che si verificano in contesti non per forza degradati o marginali.
Lo sportello dell’associazione “Dalla parte delle donne”
Oltre 40 donne, vittime di violenza, sono state seguite dall’associazione “Dalla parte delle donne” nel solo 2023. Un numero in lieve crescita rispetto al 2022, che ci racconta come la violenza di genere sia un fenomeno di cui il territorio senigalliese e vallivo non può dirsi esente. Per fare una panoramica delle situazioni e dei percorsi attivati abbiamo intervistato una volontaria, Paola Curzi. L’audio è disponibile cliccando il tasto play del lettore multimediale ma l’intervista è anche in onda oggi, mercoledì 15 maggio, e domani, giovedì 16, su Radio Duomo Senigallia In Blu (95.2 FM) alle 13:10 e alle 20, con replica anche domenica 19 a partire dalle 17 circa. Chi vuole, può proseguire invece con la lettura dell’articolo.
Cos’è “Dalla parte delle donne,” quando nasce e perché? Nasce 22 anni fa grazie alla forza e disponibilità di un piccolo gruppo di donne che operavano già nell’ambito psicologico e legale. La presidente è ancora l’avvocata Sabina Sartini. Nasce come sportello di ascolto per le donne vittime di violenza. Nel tempo l’associazione si è allargata e ogni volta che c’è un femminicidio c’è una reazione, come nel caso di Giulia Cecchettin. Alcune di noi si sono iscritte dopo quel caso.
Dove siete operative e quando? Tutti i giorni è aperto lo sportello di piazza Garibaldi, ma tra poco ci sposteremo, anche se ancora non si sa dove andremo. Dev’essere un luogo protetto, in cui potersi recare sentendosi accolta senza pregiudizi; non è semplice trovare un luogo adatto, anche per garantire l’anonimato della donna che si rivolge allo sportello. Ci sono attività gratuite di tipo legale e psicologico, con delle professioniste che indirizzano verso un percorso di accompagnamento della donna che intende denunciare una certa situazione. Siamo in rete con le forze dell’ordine, il pronto soccorso, i servizi sociali.
Che problematiche riscontrate? Una prima difficoltà è legata all’assenza di un protocollo d’intesa tra i vari soggetti coinvolti, per sapere bene cosa fare, quando, qual è il proprio ruolo. Qui manca, mentre in realtà anche vicine, penso al pesarese, è stato adottato. Si è lasciato alla sola disponibilità dei volontari ma c’è necessità di strutturare questo percorso. E poi c’è la questione che è la donna che deve affrontare tutta una serie di passaggi, spesso sola e senza un bacino di protezione. Se è il pronto soccorso che rileva una situazione di abuso, allora scatta l’allerta alle forze dell’ordine e un percorso di protezione con avviso ai servizi sociali ma sono percorsi spesso lunghi e molto delicati.
Quanti casi nel nostro territorio? Nel solo 2023 circa 45 casi. E non solo donne extracomunitarie o fragili, ma anche tante italiane. La sorpresa è stata negativa per tutte noi operatrici: il nostro territorio non è così sano o protetto come pensavamo.
Quali sono le forma di violenza? Violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, ce ne sono diverse ma tutte hanno origine da un comportamento abusante da parte dell’uomo, dal mancato rispetto alla prevaricazione fino al caso più estremo che è il femminicidio. L’idea di intraprendere percorsi di denuncia, segnalazione, o allontanamento dell’uomo maltrattante non è semplice da prendere in considerazione. Molto spesso ci sono anche forme di disoccupazione o la presenza di figli minori che rendono tutto più complicato.
Quali le chiavi per risolvere alcuni dei problemi? Innanzitutto operare nell’educazione e formazione delle persone, sia delle donne che possono percorrere alcune strade, sia dei giovani e delle giovani delle scuole per imparare fin da subito il rispetto delle donne e una maggior consapevolezza sulla parità di genere. Ci sono situazioni, soprattutto nella fascia delle scuole medie, dove i ragazzi hanno pochi filtri e molti strumenti tecnologici a disposizione.
Il collegio Pio IX, sede attuale della polizia locale e di alcune associazioni come “Dalla parte delle donne”
Molto pesa sopra le spalle delle associazioni di volontariato. Negli ultimi anni il terzo settore sta occupando dei vuoti istituzionali e culturali. Noi siamo circa 50 operatrici e volontarie, siamo tante. Facciamo anche corsi di formazione finalizzati all’inserimento lavorativo come il corso di cucito all’istituto Padovano. Ma è bastato tutto sulla disponibilità e sensibilità delle singole persone.
Come contattarvi? Lo sportello di piazza Garibaldi è aperto tutti i giorni: il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10 alle 12 e il martedì e giovedì dalle 16:30 alle 18:30. C’è anche un numero di telefono, il 370.3032.847 che le donne possono sempre chiamare anche solo per avere informazioni, poi il percorso si ritaglia a seconda del tipo di donna e di difficoltà che le psicologhe e le operatrici professioniste riscontrano. Uno sportello a cui rivolgersi in qualsiasi situazione, per sentirsi accolte e ascoltate.
Via libera unanime da parte del Consiglio regionale ad una risoluzione finalizzata alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere. L’atto di indirizzo è stato redatto facendo sintesi delle otto proposte di mozione e di una interrogazione da parte dei gruppi di maggioranza e di opposizione.
La politica regionale trova dunque la “quadra” su un tema di strettissima attualità. Lo fa con una risoluzione in cui emerge con chiarezza la necessità di affrontare il fenomeno prendendo spunto non solo dalle convenzioni internazionali in materia di violenza di genere, ma soprattutto dai dati che vedono le donne ancora vittime di violenza verbale, psicologica e fisica, di discriminazione, di aggressione e femminicidi.
Un “ruolo decisivo” lo gioca la scuola, il mondo dell’istruzione e della cultura, con l’obiettivo di migliorare lo scenario generale. Tra i primi passi da intraprendere: recepire le linee guida del governo per sviluppare progetti di natura sperimentale che possano migliorare la gestione delle relazioni. In secondo luogo la promozione a scuola di percorsi per l’educazione all’emotività, all’affettività, alla sessualità, la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne. Sarà necessario anche la formazione specifica e l’aggiornamento del personale chiamato ad interagire con le vittime.
Capitolo a parte quello delle risorse: l’atto approvato prevede l’istituzione di fondi dedicati al patrocinio per le spese legali nei procedimenti penali relativi al “codice rosso”, il sostegno economico di centri antiviolenza e case rifugio, il supporto economico e psicologico alle vittime ed alle famiglie coinvolte, compresi i minori che hanno assistito a episodi di violenza domestica.
Parte dai ragazzi l’ultima speranza di contrastare la violenza di genere. La Regione Marche ha stanziato, attraverso una delibera della giunta regionale su proposta del vice presidente Filippo Saltamartini, ulteriori 100 mila euro di risorse regionali per progetti destinati alle giovani generazioni, oltre ai 1,2 milioni già accantonati per il biennio 2023-24.
I fatti di cronaca, sempre più attuali, portano infatti alla necessità di intervenire già nelle scuole per contrastare forme di abuso e prevaricazione che hanno portato alla morte di oltre 110 donne nel solo 2023, per la maggior parte per mano del convivente, marito, partner, attuale o ex.
«Considerata la gravità e complessità della tematica affrontata e vista l’impellente necessità di intervenire anche sensibilizzando le giovani generazioni – ha detto il vice presidente Saltamartini – abbiamo deciso di implementare con un ulteriore stanziamento gli interventi da svolgere nelle scuole con progetti specifici, ma anche con forme di sostegno alle giovani vittime di violenza».
L’intervento si potrà concretizzare con iniziative nelle scuole di secondo grado per sensibilizzare ed educare alla parità di genere, alla legalità, al rispetto integrale della persona, alla cultura della responsabilità personale e relazionale, anche attraverso il coinvolgimento delle famiglie; e tramite iniziative a protezione e supporto dei minori vittime di violenza tramite potenziamento e assistenza al processo di ripresa psicofisica.
Le risorse saranno assegnate ai 5 Ambiti Territoriali Sociali (ATS) e le azioni dovranno coinvolgere soggetti pubblici e privati aderenti alla rete antiviolenza, ossia Centri Anti-Violenza (i CAV sono 5 nelle Marche, uno per provincia, più 16 sportelli dislocati sul territorio, e 8 case rifugio), forze dell’ordine, tribunali, ma anche scuole, parrocchie, enti del terzo settore anche di ambito sportivo, e consultori.
La panchina rossa installata all’ospedale di Senigallia per la giornata internazionale dell’eliminazione della violenza contro le donne 2023
Gli ultimi casi di femminicidio e altri episodi di cronaca hanno fatto riesplodere la questione sempre più drammatica e urgente del contrasto alla violenza di genere. Le Marche, come si è visto, non sono esenti dal fenomeno, anzi. Durante l’ultimo Consiglio regionale è emerso che oltre 700 donne si sono rivolte ai centri antiviolenza nel solo 2022. Un numero in lieve crescita rispetto al 2021, + 42 segnalazioni, ma con ben 222 episodi in più rispetto al 2020. Ecco allora che si moltiplicano eventi, iniziative e appelli perché tutti contribuiscano a eliminare i soprusi contro le donne.
A Senigallia si è svolto l’incontro di martedì 21 novembre, organizzato dall’associazione “Dalla Parte Delle Donne”, con la scrittrice e giornalista Monica Lanfranco che ha parlato di femminismo agli studenti e alle studentesse del liceo Enrico Medi, presentando il libro della scrittrice intitolato: “Mio figlio è femminista, Crescere uomini disertori del patriarcato”. Si terrà invece sabato 25 novembre una serie di iniziative promosse dall’assesorato alle pari opportunità di Senigallia e da una rete di associazioni locali: alle ore 11 all’auditorium San Rocco ci sarà la premiazione delle opere del concorso fotografico “Uno scatto contro la violenza sulle donne”, immagini che saranno poi in mostra fino al 10 gennaio 2024 nello spazio Visionaria – Sale Carlo Emanuele Bugatti. Sempre al San Rocco alle ore 16:30 si terrà l’incontro pubblico dal titolo “Io non ho più paura” promosso dalla sezione senigalliese della Fidapa-BPW Italy: verranno illustrati i dati relativi alla diffusione del fenomeno della violenza sulle donne nel territorio e i percorsi di rinascita per le donne coinvolte in tali episodi. Tra le altre iniziative c’è anche il manifesto #StopAiFemminicidi e lo spot “Io non ho più paura” che vede alla regia il senigalliese Lorenzo Cicconi Massi, con la voce dell’attrice Catia Urbinelli. Sempr eil 25 novembre, alle ore 17, al centro sociale Arvultùra si terrà la proiezione di uno spot antiviolenza a cura dell’associazione Le Rondini, mentre alle ore 19 in piazza Roma un flash mob proverà a sensibilizzare la popolazione grazie al coinvolgimento di numerose realtà associative e sportive locali. Martedì 28 novembre, alle ore 21:15 lo spettacolo alla Piccola Fenice “Doppio taglio – Come i media raccontano la violenza contro le donne” a cura dello Sportello Donna; mercoledì 29, alle ore 17 ancora all’auditorium San Rocco si terrà il convegno “Violenza di genere. Casi che hanno cambiato il corso della storia e della giustizia” con l’associazione “I Care We Care APS”.
Accoglienza e informazione sono i punti cardine dell’iniziativa promossa dall’Ast Ancona che ha fatto installare all’ospedale “Principe di Piemonte” di Senigallia una panchina rossa all’interno dell’area ospedaliera tra l’edificio della radiologia e quello della gastroenterologia. Verrà anche distribuito materiale informativo per sensibilizzare cittadini e operatori a dare il proprio contributo per fermare la violenza contro le donne. Per coloro che lo desiderano, le operatrici del Consultorio saranno a disposizione per colloqui dedicati su appuntamento (1° piano del distretto sanitario di via Campo Boario).
Sempre sul tema, altre iniziative sono previste nei prossimi giorni ad Arcevia, Corinaldo, Ostra e Trecastelli. La perla dei monti celebrerà sabato 25 la giornata in collaborazione con l’Anpi locale e le attività commerciali, “macchiando” il centro storico con tanti fazzoletti rossi, simbolo di rabbia e vergogna per il fenomeno ben lungi dall’essere debellato. Mercoledì 29 invece alle ore 21 al centro culturale S. Francesco di Arcevia si terrà l’incontro con l’associazione Artemisia dello sportello antiviolenza di Fabriano dal titolo: “Giulia è tutte noi”.
Corinaldo ha avviato una serie di iniziative contro i femminicidi. Il 25 novembre sarà il giorno dedicato a formazione e sensibilizzazione. A partire dalle 10 palazzo MA ospiterà una tavola rotonda, organizzata assieme alla cabina di regia del Centro studi Santa Maria Goretti, dal titolo “Ti parlo di lei: La voce delle donne vittime di violenza attraverso altre donne”. A seguire “Artemisia di Marotta: dalla storia ai cantastorie”, esibizione musicale a cura di Donato Mori e Gabriele Carbonari. Il 25 novembre ci sarà anche l’inaugurazione di due panchine rosse. La giornata si chiuderà alle 21 al teatro Goldoni con lo spettacolo di beneficenza a favore dello sportello antiviolenza “Dalla parte delle donne” dal titolo “In my head”. Sempre in quei giorni, il 25 e il 26 novembre, negli orari di apertura, nel foyer del teatro Goldoni sarà possibile vedere la mostra “Giochi di mano: dalla parola alla china” della vignettista e illustratrice Isabella Manfrini, ispirata al romanzo della scrittrice Manuela Lunati. Nella giornata del 26 novembre l’amministrazione di Corinaldo parteciperà alla quinta edizione della camminata contro la violenza di genere “#Nonchiuderegliocchi” organizzata dall’ANPI territoriale.
Ostra ha scelto invece un flash mob per sensibilizzare la popolazione sul tema. L’iniziativa, in collaborazione con la banda musicale “Città di Ostra”, il Comune e “Il Coro dell’Antica Città” diretto dal M° Michele Paolino, sarà quella di un momento di mobilitazione in piazza dei Martiri sabato 25 alle ore 17 con numerose voci che si alzeranno per le migliaia di ragazze e di donne, di madri, figlie, sorelle, amiche…le cui vite sono state e continuano ad essere barbaramente spezzate.
Anche Trecastelli celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Per l’occasione è stata realizzata la campagna “Il coraggio di cambiare”, con il patrocinio della Commissione per le pari opportunità della Regione Marche. Sabato 25 novembre, in occasione di Orange Days, alle ore 17 il Villino Romualdo della si illuminerà di arancione, e lo resterà fino al 10 dicembre, giornata internazionale per i diritti umani. Domenica 26 novembre, alle ore 17:30, nelle sale del museo De’ Nobili si svolgerà l’evento “Il coraggio di cambiare”, una proposta culturale che approfondirà il tema della violenza sulla donna con Mila Bianco, counselor professionista che parlerà di prevenzione dei fenomeni, e Andrea Montesi, psicologo del centro trattamento maltrattanti di Forlì che porterà la testimonianza sul suo lavoro e sull’urgenza dell’alfabetizzazione emotiva.
I numeri parlano da soli. Nel 2022 le richieste di aiuto pervenute ai Centri anti violenza sono aumentate rispetto al 2021, in tutto 705 denunce contro le 663 dell’anno precedente. Si sono rivolte ai Cav soprattutto donne italiane (71%), coniugate o unite civilmente (40,3%), con un’età compresa tra i 30 e i 59 anni (75%) e con una occupazione (58,6 per cento). Cresce anche la percentuale delle donne con figli che hanno assistito o subìto violenza, compiuta attraverso modalità di tipo psicologico (88,8%), fisico (69,1%), economico (48,1%), sessuale (23,1%), minacce (68,2%), stalking o cyberstalking (22,3%) e tra loro associate. Questi alcuni dei dati contenuti nel “Rapporto annuale sul fenomeno della violenza contro le donne” raccolti nel 2022 sulla base delle rilevazioni effettuate dai cinque Centri antiviolenza delle Marche, uno per provincia, e dalle Case rifugio.
Il dossier è stato illustrato nel corso della seduta aperta del Consiglio regionale, avviata con un minuto di silenzio in ricordo di Giulia Cecchettin, la ragazza di Vigonovo, e Rita Talamelli, di Fano. “Due femminicidi – ha sottolineato il presidente del Consiglio regionale, Dino Latini – che lasciano sbigottiti, increduli, indignati. Il nostro pensiero sia rivolto a tutte le donne, a quelle che hanno subìto o subiscono continue violenze, piccole o grandi che siano, affinché nessuno possa più ergersi a padrone delle loro vite e della loro libertà”. La situazione complessiva è stata presentata, così come emerge dal rapporto, dai due relatori, per la maggioranza il Presidente della Commissione Sanità Nicola Baiocchi, e per l’opposizione la consigliera Manuela Bora.
L’ambiente domestico si conferma il luogo dove maggiormente si verificano le violenze, da parte soprattutto dei coniugi, spesso con lavoro stabile e senza apparenti problemi di natura psicologica. Novità del rapporto 2022 è l’inserimento nella rete del Centro regionale per uomini autori di violenza (Cuav Marche) con sede a Macerata e quattro sportelli territoriali, uno per provincia, ai quali, dati alla mano, si sono rivolti 98 uomini, il 90% su disposizione del Tribunale e il restante 10% su base volontaria.
Per la Presidente della Commissione regionale Pari opportunità, Maria Lina Vitturini, serve un cambiamento culturale. “Come Cpo – ha evidenziato – continueremo a lavorare intervenendo su tutti i fronti affinché abbia fine questa mattanza che decisamente non appartiene a una società civile a cui tutti noi aspiriamo”. Approfondimenti sul tema anche da parte di Marina Pepe, Vice Questore e direttrice della Divisione Anticrimine della Questura di Ancona, che ha parlato di “un fenomeno strutturale della nostra società e trasversale” e di Emanuela Zambataro, Direttore Regionale Marche Inps. Quest’ultima ha fatto il punto su un protocollo “operativo – ha specificato – da settembre” per supportare le donne vittima di violenza, che coinvolge Centri antiviolenza, Ambiti territoriali sociali, Case rifugio e Caritas.
Sono intervenuti, inoltre, Andrea Felicetti, Comandante della stazione dei carabinieri di Force e Nicola Di Pietro, del Nucleo Radiomobile di Ascoli Piceno che hanno fatto riferimento alle loro esperienze sul campo e narrato, in particolare, l’episodio del salvataggio di una ragazza vittima di violenza. Dopo le riflessioni degli assessori Filippo Saltamartini e Chiara Biondi, conclusioni affidate al Presidente della Giunta, Francesco Acquaroli che ha parlato, riferendosi al fenomeno della violenza contro le donne, di “piaga sociale, una vera emergenza che richiede un impegno collettivo, un cambiamento culturale e adeguate politiche di sistema”.
La cronaca di queste settimane ci parla di stupri di gruppo commessi da giovanissimi su giovanissime. Nei giorni precedenti lo strazio di femminicidi che sembrano non avere mai fine. Simona Cardinaletti, psicologa e psicoterapeuta Polo9, è tra le più autorevoli esperte sul tema a livello nazionale, autrice de “Il sesso debole. Debolezza femminile e violenza contro le donne”, libro che è stato presentato lo scorso 14 luglio a Senigallia nel quale descrive cosa si cela dietro il fenomeno della violenza sulle donne, invitata dal Centro italiano femminile locale.
Polo 9 ha pensato bene di interpellarla per aiutarci a comprendere l’incomprensibile, pubblicando sui propri canali social queste interessanti valutazioni: “In cuor mio spero che questi fatti non indichino una recrudescenza del fenomeno, – spiega Simona Cardinaletti – i recenti fatti di cronaca dimostrano che le ragazze vittimizzate non sono più disposte a restare nel silenzio, ma parlano e denunciano gli stupratori. A parte l’orrore per quello che queste ragazze hanno subito, ciò che mi ha suscitato ancora più orrore, se possibile, sono le frasi attribuite agli arrestati “sarei dovuto andare via” (sottinteso: lasciando la ragazza in mano agli stupratori); “mi sono rovinato la vita” (la sua vita non quella della ragazza).
In realtà, la vita rovinata ce l’avranno solo le vittime; se tutto andrà come deve andare, ma non siamo certi perché in Italia quando si tratta di violenza contro le donne escono le sentenze più fantasiose per giustificare o per lo meno minimizzare la gravità del reato (tempesta emotiva, comportamento promiscuo della vittima, l’inganno da parte della vittima, ecc.) gli stupratori si faranno qualche anno di carcere. Usciranno ancora giovani, incontreranno una compagna, faranno figli e dimenticheranno. Ma alle vittime aspetta l’ergastolo: perché per tutta la vita questo ricordo traumatico le accompagnerà; le più fortunate incontreranno un/una professionista che le aiuterà a convivere con il ricordo e forse riusciranno ad andare avanti. Le meno fortunate saranno condizionate nei loro rapporti affettivi, non riusciranno ad avere una normale vita sessuale ed affettiva. Restano prigioniere per sempre.
Nella mia professione mi è capitato di seguire una di queste ragazze rapita e seviziata da un gruppo di uomini a 17 anni; è arrivata da me che ne aveva 40: stessi incubi, stesse paure, l’aiuto della chimica per condurre una vita normale. Ci abbiamo messo anni per ritrovare l’equilibrio, lasciare la chimica e tornare a contare su di sé. Allora, quando sentiamo queste notizie prima di pronunciare le solite frasi contro le vittime, che inevitabilmente arriveranno: perché era lì con tutti ragazzi, perché ha bevuto, ecc. (alias: se l’è cercata) pensiamo al danno che hanno subito e di cui MAI hanno nessuna colpa: essere imprudenti non è una colpa è una leggerezza, essere stupratori non è una leggerezza, un colpo di testa, una bravata, è un atto di violenza intenzionale, è una riduzione ad oggetto di una persona, è un’affermazione di potere degli impotenti. L’impotenza di uomini che non sono in grado di affermare la loro mascolinità se non attraverso al violenza e spalleggiati dal gruppo, perché come dice una famosa canzone di Mia Martini “Se l’uomo in gruppo è più cattivo quando è solo ha più paura…”.
Le donne parlano, denunciano, dicono basta (per questo vengono uccise), scendono in piazza, ma quello che è sempre più assordante è il silenzio degli uomini, che si limitano a prendere le distanze e dire “io mai”, che non condannano senza se e senza ma la violenza contro le donne agita da altri uomini, che non scendono in piazza per dire “adesso basta”. Non dimentichiamo ciò che dice Eli Wiesel “Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, mai la vittima”. La violenza contro le donne è un problema degli uomini, non delle donne, noi ne paghiamo solo le conseguenze”.
Grazie al team ‘comunicazione’ di Polo9 per averci autorizzati a rilanciare queste interessantissime considerazioni. www.polo9.org
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